
Nelle ultime settimane diverse persone curiose mi hanno contattato per chiedermi cosa e se questo o quel fattore avesse influenza o meno sul posizionamento di un sito nei motori di ricerca (leggasi Google) e, se sì, con che peso. Dato che il giorno 7 Aprile saremo ospiti all’Advanced SEO Tools in qualità di media partner mi sembra giusto fare un po’ di chiarezza.
Premetto che non sono ancora un SEO Specialist, ossia uno che possiede anni ed anni di esperienza nella ormai sempre più famosa Search Engine Optimization, quella disciplina a cavallo tra l’Informatica e il Web Marketing che consiste appunto nell’ottimizzare un sito internet per renderlo più di valore agli occhi dei naviganti della Rete e quindi di Google, che in cambio posizionerà il vostro sito più in alto nei risultati di ricerca.
Quel “quindi” è d’obbligo poiché la SEO è tanto cambiata negli anni e se un tempo consisteva in buona parte nell’usare “magheggi” per far colpo su Google, quasi infischiandosene degli utenti, oggi il motore di ricerca più utilizzato al mondo si è affinato enormemente, e il suo modo di “valutare” la bontà di un sito internet (per una data richiesta dell’utente) è diventato davvero complesso e pone al centro di tutto l’esperienza di ricerca di chi naviga.
Ogni volta che scrivete una o più parole chiave (keyword) sulla barra di ricerca (ossia compilate la vostra cosiddetta “query di ricerca”), Google andrà a scandagliare il suo vastissimo database di pagine e siti internet in cerca di quei milioni di risultati che soddisfano la vostra richiesta. A quel punto, attraverso il suo algoritmo, li ordinerà sulla base di quelli che chiama “signals”, i tanto famosi fattori di posizionamento, restituendovi la SERP, la pagina dei risultati (che, a dirla tutta, comprende sia i risultati a pagamento, di cui però si occupa il Search Engine Marketing, che quelli non a pagamento o organici, cari invece alla SEO).
Ecco, fare SEO implica proprio questo: tenersi costantemente aggiornati sui cambiamenti in casa Google in materia di algoritmo (uno tra i cambiamenti più celebri del 2015 fu il tanto temuto “Mobilegeddon”, ossia la paura che i siti non ottimizzati per la navigazione su mobile potessero sprofondare nei risultati di ricerca), formulare delle ipotesi su quali siano i fattori di posizionamento e con che peso incidano sui risultati forniti da Big G e infine testare tali ipotesi.
Nessuno (a parte i dipendenti di Google) conosce la formula magica del motore di ricerca, ma la leggenda vuole che l’algoritmo di Google contempli 200 fattori di posizionamento, così se provate a fare una ricerca troverete dozzine di siti che pretendono di fornirne la lista completa. Pare abbastanza intuitivo capire che 200 sia solo una cifra che sta a significare “guardate che l’algoritmo di Google è veramente complesso” e che tali liste siano prodotte al solo scopo di raggiungere quella cifra (cercando di essere trovati con query come “quali sono i 200 fattori di posizionamento di Google?”).
Quella che vi proporrò è la Tavola Periodica dei Fattori di Posizionamento per la SEO creata da searchengineland.com, una fonte più che autorevole in materia di SEO che ha usato questo espediente visual per condensare i fattori più rilevanti e suggerire delle “best practice” a chi si occupa di SEO. Dato che mi sembra un ottimo modo per comprendere ciò di cui stiamo parlando (e dato che, come dice il noto esperto di SEO Enrico Altavilla, “chiunque può parlare di SEO”, e sì, gli do sto backlink sperando non che legga questo articolo, ma che inizi a leggere This Marketers Life che pur essendo un magazine giovane è sempre pieno di spunti anche per professionisti di un certo livello) utilizzerò questa Tavola per spiegarvi meglio questi famosi fattori di posizionamento (cliccando sull’immagine troverete il .pdf in versione ad alta qualità e quindi leggibile nei suoi dettagli).
Come leggere la tavola Periodica dei Fattori di Posizionamento per la SEO
Come potrete notare la tavola è divisa in due macro-sezioni: a sinistra i fattori SEO cosiddetti on-site e a destra quelli off-site. I primi riguardano tutto ciò che un SEO Specialist può fare all’interno del proprio sito di cui, si spera, abbia pieno controllo o abbia modo di delegare ad uno sviluppatore le modifiche che intende apportare. Qui la SEO tocca ambiti quali il Web Development, il Content Marketing, il Web Design, il Web Marketing e la User Experience.
I fattori off-site riguardano invece tutte quelle attività da svolgere all’esterno del proprio sito web, in un territorio in cui abbiamo meno potere. Ciò comporta spesso il relazionarsi con persone che non sono nostri colleghi: ecco che qui invece la SEO si ritrova quasi a coincidere con la Digital PR e a tratti con il Social Media Marketing.
Ciascuna delle due macro-sezioni è a sua volta suddivisa, per colonne, in sottosezioni che andrò a trattare separatamente.
N.B. Ogni fattore ha un peso differente, alcuni di questi sono negativi: ciò vuol dire che in quel caso quel determinato fattore inciderà negativamente sul posizionamento del vostro sito.
Contenuto
Google non fa altro che ribadirlo: più offrirete contenuti di qualità ai vostri visitatori, e quindi una migliore esperienza di navigazione, e maggiore sarà l’aiuto che vi darà nel farvi trovare. L’algoritmo di Big G si fa sempre più smart, ossia capace di comprendere cosa è di qualità e cosa non lo è.
Ciò che date ai vostri visitatori deve essere utile e di valore: se stanno cercando un’informazione, ad esempio, dovrete fornirgliela nel modo più chiaro possibile. Se il tipo di informazione richiede maggiore dettaglio rispetto ad una semplice definizione, essere esaurienti e specifici con un contenuto ricco di testo (e di altri elementi come immagini e video) darà i suoi frutti, il tutto seguendo quelle “regole” che rendono la lettura una vera e propria esperienza. È proprio qui che la SEO incontra il Content Marketing.
Il vostro contenuto dev’essere però ricercato: Google Keyword Planner (ce ne parlò Silvia Vacchio nel suo articolo sul Content Planning) è uno strumento di Google che in base ad una o più parole chiave vi darà una stima di quanto queste siano richieste dagli utenti, indirizzandovi così su cosa focalizzarvi per poter rispondere alle esigenze di più persone.
Una volta fatta questa analisi dovrete effettivamente usare le parole che gli utenti utilizzano per cercare il vostro contenuto sul motore di ricerca: cercare di posizionarsi per un contenuto che parla de “I migliori videogiochi del 2015” sarà certamente meglio di “I migliori giochi su base informatica, con effetti visivi e sonori, a cui possono partecipare uno o più utenti giocando per mezzo di PC o di apposite postazioni del 2015” (ho esagerato, lo so, ma spero di aver reso l’idea).
Non bisogna neanche ragionare per singole keyword, o si corre il rischio di avere la cosiddetta “vista a tunnel” tipica di chi fa SEO, seguendo ancora i paradigmi degli anni 2000. Oggi si parla di tematizzazione di un sito web, ossia di costruzione della struttura e dei contenuti di questo attorno ad una tematica, formata a sua volta da keyword correlate tra loro in base a criteri logici differenti che tengono sempre al centro il brand e i prodotti dell’azienda. Il web diventa giorno dopo giorno più semantico e i motori di ricerca daranno quindi sempre più importanza al significato che alla quantità.
I contenuti del vostro sito dovranno inoltre essere sempre freschi, ovvero aggiornati e che trattino argomenti attuali. Scrivere i contenuti di un sito e poi abbandonarlo a se stesso oppure creare un contenuto che parli di Windows Vista non vi farà certo notare da Big G.
È sempre bene aggiungere i cosiddetti “contenuti verticali”, quali immagini rilevanti, informazioni local (come una mappa o i contatti se gestite un esercizio commerciale), notizie e video. Google non è solo UN motore di ricerca per contenuti testuali ma è TANTI motori che operano in sinergia. Bisogna quindi rendersi trovabili anche per gli altri strumenti di Big G, quali Images, Maps, News e Video.
Leggermente controverso è l’aspetto relativo alle risposte dirette: fornire contenuti che danno questo genere di risposte (come “chi ha vinto l’oscar 2016 come migliore attore protagonista”) è sicuramente considerato di valore per l’utente e quindi per Google, ma a volte l’essere eccessivamente diretti fa sì che l’utente trovi già nei risultati della ricerca la risposta e non clicchi per visitare il vostro sito.
Infine creare contenuti troppo brevi o superficiali è parecchio penalizzante. L’utente e la sua esperienza di ricerca vanno posti sempre al centro.
Architettura del sito
Qui si va un po’ sul tecnico quindi, qualora l’argomento vi stia interessando (in teoria sì, se siete arrivati a leggere fin qui), rimando a futuri articoli per eventuali approfondimenti.
Vi basti sapere che Google utilizza dei software, detti bot, per analizzare il vostro sito. Durante l’attività cosiddetta di crawling questi bot passano in rassegna le vostre pagine web per raccogliere informazioni, catalogarle e comprendere di cosa vi occupiate così da poter restituire dei link alle vostre pagine a quegli utenti a cui possono essere utili. Consentire a Google di fare una bella passeggiata per il vostro sito senza limitarlo in alcun modo (dato che esistono dei metodi per “dialogare” con i bot) vi farà certamente vedere di buon occhio.
Dovrete assolutamente evitare di duplicare contenuti su più pagine o comunque effettuare i dovuti accorgimenti per far capire a Google che un contenuto è copia di un altro cosicché consideri solo quest’ultimo.
Dato che ormai più della metà delle ricerche Google arriva da mobile è fondamentale che il vostro sito sia ottimizzato per una navigazione da dispositivi mobili. E non solo per compiacere Google ma (lo so, sono ripetitivo) per rendere l’esperienza di ricerca e di navigazione del vostro utente la migliore possibile, da qualsiasi dispositivo.
Il vostro sito dovrà anche caricare velocemente le pagine (anche qui sarà necessaria un’ottimizzazione oltre ad evitare di appesantire le pagine con immagini e altri elementi di elevate dimensioni), avere una struttura coerente con l’organizzazione delle informazioni che volete dare al vostro utente e URL contenenti le parole chiave che avrete anche inserito all’interno del contenuto. Dovrete anche fornire una navigazione sicura, soprattutto quando richiedete dati particolarmente cari all’utente quali quelli della sua carta di credito. Il protocollo https è già un primo passo.
Assolutamente da evitare è una pratica “malandrina” quale è il cloacking, che consiste nel mostrare ai bot di Google un contenuto diverso da quello che viene mostrato agli esseri umani.
Elementi del linguaggio HTML utili alla SEO
Sul fronte del codice HTML bisogna prestare enorme attenzione al Meta Title e alla Meta Description di ogni pagina del vostro sito. Questi sono dei dati da inserire nel codice HTML e che saranno visibili agli utenti sulla pagina dei risultati di ricerca, come mostrato nell’immagine sottostante:
Nota bene: la Meta Description in realtà non è considerata da Google ai fini del posizionamento ma è comunque di vitale importanza perché svolge la funzione di invogliare l’utente a cliccare sul vostro link per visitare il vostro sito.
Vi sono poi i cosiddetti dati strutturati, ovvero delle informazioni più dettagliate su di voi che potete fornire a Google: essi vanno dall’indirizzo delle vostre sedi al vostro numero di telefono, dai nomi dei vostri colleghi alla data di fondazione della vostra azienda, dalle informazioni su un evento a quelle su dei prodotti, e così via. Quanto più Google saprà di voi, quanto più gli sarà facile capire di cosa vi occupate e quali informazioni fornire agli utenti.
Ogni pagina va poi strutturata con dei titoli e dei sottotitoli (h1, h2, h3, ecc…) in modo da organizzare le informazioni contenute al loro interno. Se questi titoli contengono delle keyword meglio ancora. Per avere un’idea di cosa si intende, prendete a modello qualunque pagina di Wikipedia.
Da evitare assolutamente sono le attività di stuffing, ossia di abuso delle keyword, o la vecchia pratica di “nascondere” delle keyword mettendole dello stesso colore del background. Google in questi casi non si fa problemi a penalizzare, ossia a far sprofondare il vostro sito nell’oblio (decine o centinaia di posizioni più in fondo tra i risultati di ricerca).
Conquistare la fiducia di Google con l’autorevolezza online
Google ha bisogno di fidarsi di noi per portarci su tra i risultati. Valuta quindi la nostra autorevolezza online. Lo fa principalmente osservando se i nostri contenuti sono linkati o condivisi da altri siti affidabili.
Inoltre se i visitatori atterrano sul nostro sito e “rimbalzano”, ossia ritornano ai risultati di ricerca senza continuare la navigazione tra i nostri contenuti, allora Google interpreta questo segnale pensando che questi non siano rilevanti per la query di ricerca di quell’utente, e ne terrà conto nelle prossime ricerche. Se invece il visitatore decide di restare sul nostro sito a leggere i contenuti che abbiamo preparato per lui ecco che facciamo una buona figura con Big G.
Anche la storia del nostro sito (da quanto tempo è online? e come si è comportato, lato SEO, nel corso degli anni?) e la verifica della nostra identità (attraverso Google+ o Google Maps) permettono a Google di fidarsi maggiormente di noi.
Se invece il sito ospita contenuti “piratati” (quali ad esempio contenuti copiati da un altro sito) o un eccessivo ammontare di banner pubblicitari ecco che intervengono le penalizzazioni.
Link
Sui link si gioca la partita di chi si occupa di Digital PR con focus sulla SEO. Non basta essere citati da questo o da quel blogger, bisogna guadagnare link che portino al nostro sito (la cosiddetta attività di link building). La Rete non è composta da siti che funzionano a comparti stagni ma è un enorme ipertesto in cui i collegamenti ai siti fungono da indizi per un motore di ricerca per capire le relazioni tra questi.
E non basta neanche il numero dei link, ossia la quantità. I link devono essere di qualità. Devono provenire da fonti affidabili e che abbiano quanta più affinità possibile con i nostri contenuti.
Devono utilizzare delle parole chiave: il link non va posto quindi su espressioni quali “leggi qui” ma è meglio che sia inserito su una keyword esplicativa del contenuto linkato.
L’attività di SEO off-site comporta quindi avere la capacità di instaurare relazioni con soggetti esterni e di crearsi una elevata credibilità personale online, nonché l’essere in grado di distribuire bene dei contenuti propri in altri siti, riuscendo a capire a chi potrebbero interessare.
Ciò che invece non va fatto è comprare link o fare spam, ad esempio inserendo il link in un commento all’interno di un forum o in un altro blog. E sì che oggi vi sono diversi strumenti, come il famoso plugin per WordPress Akismet, che proteggono dallo spam, specie da quello realizzato mediante sistemi automatizzati.
Fattori individuali
Quando parliamo di “posizionarci per una data query di ricerca” in realtà stiamo semplificando. Le SERP non sono uguali per tutti, anche a parità di query (che ricordo essere la richiesta che fate a Google ossia la fraser che scrivete nella barra di ricerca).
Se scrivo sulla barra di ricerca “gelati” Google assumerà che abbia voglia di mangiare dei gelati, guarderà il mio indirizzo IP e mi suggerirà delle gelaterie nei dintorni.
Google quindi considera sia il Paese da cui effettuiamo la ricerca, sia la località. Ma anche le nostre ricerche passate: se nota che abbiamo già visitato più volte un dato sito è probabile che ce lo proporrà più frequentemente.
Bisogna quindi tenere conto di questi fattori che non possiamo controllare direttamente ma che ci devono spingere maggiormente a quella tematizzazione del sito di cui vi parlavo sopra, nonché, ove possibile, alla localizzazione dei contenuti (per saperne di più su quella che viene chiamaa Local SEO vi rimando ad un articolo del SEO Specialist Andrea Bernardi).
Social
Aspetto controverso è l’importanza dei social media sui risultati di ricerca. Seppure Google continui a negarne un diretto impatto sul posizionamento, la logica e le evidenze portate avanti dagli esperti SEO suggeriscono di prenderli invece in considerazione. D’altronde, ignorare una parte così consistente del web non sarebbe da Google (che comunque soffre di limiti nel reperire informazioni all’interno dei social media che non sono di sua proprietà).
Gli esperti quindi dicono che il numero di condivisioni sui social e la reputazione di chi condivide dei contenuti siano piuttosto influenti sul posizionamento (inutile dire che Google+ abbia un peso maggiore rispetto a Facebook o Twitter).
Ma allora, da quale fattore inizio?
Da tutti. Quel che ho cercato di fare con questo articolo è darvi una umile infarinatura di alcuni dei fattori da considerare per scalare i risultati di ricerca, una serie di best practice da tenere in considerazione.
Ma la SEO, come avrete capito, è una disciplina ben più complessa di come ve l’ho presentata dato che incamera diversi ambiti dell’Informatica e del Web Marketing.
Non si fa SEO trattando i vari fattori come fossero dei compartimenti stagni. Vi è prima una fase di analisi della situazione di partenza in cui bisogna riuscire ad avere chiari il prodotto e il mercato in cui si opera nonché i competitor online con cui ci si gioca la “partita” delle posizioni sui risultati di ricerca. Dopodiché si procederà con l’esaminare il sito nel suo complesso (qualcuno ha detto “visione olistica”?) e capire quali siano le priorità.
A quel punto agli occhi di un SEO Specialist i fattori di posizionamento diventeranno correlati tra loro e tutte quelle competenze di cui vi ho parlato daranno il LA ad una sinfonia di idee per l’ottimizzazione che si trasformeranno in interventi sul sito e attività al di fuori di esso. E da lì avrà inizio la scalata tra i risultati di Google.