
Sabato 28 maggio: caldo, troppo caldo, e voglia di andare al mare, o perlomeno al fresco. Ma i ragazzi della task Academy avevano la sveglia alle 5.30 per un altro motivo, e noi partecipanti al Corso di Google Analytics alle 8.30 grazie a loro potevamo già essere fuori dalle porte della CAME per la penultima giornata di formazione dell’anno.
Prendetevi 10 minuti del vostro tempo per capire quali possono essere le potenzialità della Digital Analytics!
Molti di noi non sapevano cosa aspettarsi: sapevamo che i docenti, Alessandro Cuomo e Sebastiano Montino, venivano da TSW, e già questo ci dava una certa sicurezza sulla qualità della giornata. Eravamo stati avvisati, inoltre, che Google Analytics ci permette di scoprire tantissime cose, e che forse era meglio non avventurarci in questo corso di formazione.
Beh, ma 60 di noi hanno osato, ed ecco cosa abbiamo scoperto.
#1 – Prima di pensare di installare uno strumento di Analytics, bisogna pensare ai propri obiettivi
Una delle primissime cose su cui siamo stati avvisati è che non si inizia mai con l’installazione di uno strumento di Digital Analytics, ma prima bisogna avere un obiettivo. Quali sono le metriche principali che voglio indagare all’interno del sito? I nostri KPI potrebbero non essere quelli più semplici, come le visite al sito e il loro tempo di permanenza, ma potremmo essere interessati a KPI più complessi, che individuano le interazioni degli utenti. Pertanto risulta più importante la fase di analisi: del proprio business, della propria competizione, tanto che Google Analytics potrebbe non essere lo strumento più corretto.
Bisogna seguire i cicli continuativi di CRO (conversion rate optimization), costituiti dalle seguenti fasi:
- pianificazione
- analisi
- misurazione
- reportistica e decision making.
#2 – Bisogna essere consapevoli dell’importanza delle attività di Digital Analytics
Non è sufficiente installare il codice di Google Analytics all’interno del proprio sito: prima ancora, dobbiamo essere consapevoli delle potenzialità delle attività di misurazione. Che dati di comportamento degli utenti voglio misurare? Cosa voglio migliorare nel mio sito web?
La domanda che non bisognerebbe mai porsi è: Ha senso dedicare il mio budget di digital marketing agli Analytics, oppure lo spendo in Google AdWords? Tutto, nel digitale, deve essere misurato, e da qui discende l’importanza della consapevolezza della Digital Analytics.
E lo scopo della Digital Analytics è:
Valutare il rendimento del sito in relazione agli obiettivi per cui è stato pensato (KPI: Key Performance Indicators), identificando le azioni da mettere in atto per migliorare i risultati raggiunti e le performance dei canali digitali.
#3 – Alcune convenzioni nel linguaggio della Digital Analytics, per iniziare
Forse la parte teorica è quella più noiosa, ma di certo è la base di partenza per parlare un linguaggio comune. Questi sono i primi termini che abbiamo ripassato:
visita/sessione
Visualizzazione di una o più pagine da parte di un utente. Una sessione termina quando l’utente chiude il browser, rimuove i cookie del browser, oppure dopo 30 minuti di inattività (per esempio, si è dimenticato la scheda aperta).
visitatore
L’utente (o meglio, la macchina) che naviga il sito. Il visitatore può essere nuovo, quando accede per la prima volta al sito, o di ritorno, quando ha già effettuato delle visite allo stesso sito in precedenza. Come si riconosce? Ad ogni visitatore viene associato un ID univoco che viene memorizzato in un cookie.
visualizzazione di pagina (pageview)
Una pagina di un sito web viene visualizzata da un utente sul browser. Ma cos’è una pagina? Un file che può essere visualizzato da un utente e su cui è possibile installare il codice di tracciamento (non vale per un PDF, quindi, il cui download bisognerà tracciare in un altro modo, che vediamo subito).
evento
L’interazione di un utente con il sito web, soprattutto con i suoi contenuti (appunto, il download di un PDF). Si può configurare un evento a piacere, in modo da raccogliere informazioni su specifiche interazioni sul sito web, tra cui il click su una specifica voce del menu, o la visualizzazione di un video all’interno del sito.
durata media della sessione:
Il tempo che l’utente trascorre all’interno del sito. Si calcola come la durata di tutte le sessioni (in secondi) diviso il numero di sessioni. La durata viene calcolata in modo diverso se nell’ultima pagina visualizzata c’è una hit di coinvolgimento (cioè la risposta a un evento).
referrer
Fonte di acquisizione di traffico, indica cioè la provenienza dell’utente. Il referrer può essere interno, quando la visita a una pagina deriva da un click su un link presente nello stesso sito web, esterno, quando si accede al sito da un link esterno, oppure ci può non essere, ad esempio quando si digita direttamente l’URL, o questa viene selezionata dai propri preferiti nel browser.
landing page
Le landing page sono le pagine di atterraggio, le porte di ingresso al nostro sito, che stanno assumendo sempre più importanza a discapito della home page. Studiare ad esempio come gli utenti le hanno raggiunte e cosa hanno fatto dopo essere atterrati è fondamentale per migliorare l’accoglienza dell’utente a casa nostra.
bounce rate
È la frequenza di rimbalzo, cioè la percentuali di sessioni che terminano alla prima pagina visualizzata, senza che vi sia stata un’interazione. Perché gli utenti lasciano il sito dalla pagina da cui sono entrati, senza interagirvi? La risposta dipende dall’obiettivo del sito web: se ci si aspetta molte pagine visualizzate, forse c’è qualche barriera di usabilità o di design che impedisce all’utente di proseguire la visita. Ma se si tratta di una notizia o di una pagina creata per dare una risposta al bisogno di utente, è normale aspettarsi che l’utente lasci subito il sito.
Vedete perché è importante prima di tutto conoscere i propri obiettivi?
exit page
È la pagina di uscita, cioè la pagina in cui la visita è terminata. Può essere utile andare a vedere se una exit page ha un alto numero di visite, il che potrebbe essere un indice di difficoltà nella continuazione della visita da parte dell’utente.
Spesso la exit page può essere una thank you page, cioè una pagina creata ad hoc per ringraziare l’utente dopo avere rilasciato il proprio contatto, essersi iscritto alla newsletter, o avere fatto un acquisto. Ma non bisogna mai sottovalutare che in questo momento l’utente è “caldo”, e si potrebbe fare in modo di continuare la sua visita, ad esempio proponendogli un link con gli articoli del blog dell’azienda.
percorso di navigazione
È la sequenza di pagine visitate durante la sessione da un utente. Analizzare questo percorso permette di capire se gli utenti seguono una sequenza di pagine simile, in modo da identificare eventuali problemi di navigazione o legati ai contenuti del sito.
#4 – Perché dobbiamo conoscere Google Analytics?
Il vantaggio principale della conoscenza di Google Analytics è la sua connessione con tutto l’ecosistema Google: quindi Google AdWords (la piattaforma di keyword advertising), Google AdSense (la piattaforma pubblicitaria display per gli editori).
Ma soprattutto, Google Analytics è uno strumento:
- gratuito
- semplice da implementare e da utilizzare
- chiaro nell’esposizione e nella consultazione dei report
- permette tutte le funzioni di tracciamento dei siti web
Per una guida sull’installazione e configurazione di Google Analytics, vi suggerisco questo tutorial in 10 step.
#5 – L’organizzazione dei dati in Google Analytics
Va bene, abbiamo imparato le metriche di base e abbiamo capito quali sono le potenzialità di Google Analytics. Ma come fa a raccogliere i dati, e come vengono organizzati al suo interno? Facciamo riferimento ai concetti di account, property e vista.
L’account identifica l’utente che ha accesso alle properties e alle viste di Google Analytics. L’account, cioè, è un contenitore di properties di Google Analytics , che possono essere al massimo venti.
La property è un insieme di dati omogenei relativi all’attività registrata su un sito web. Ogni property è associata a un codice Urchin Analytics univoco (UA-xxxxxxx-x) e raccoglie i dati relativi a tutti gli script che riportano tale codice, ed è un contenitore di viste (profili), con un limite massimo di 50.
La vista rappresenta il dato elaborato e tutta la reportistica avviene a questo livello. Permette di filtrare e tenere solo ciò che interessa al singolo profilo, includendo così solo un sottoinsieme di dati. Ad esempio si può creare una vista dedicata solo a una sotto-directory (ad esempio il blog di un sito aziendale), che conterrà solo la rielaborazione dei dati riferiti al blog.
#6 – La visualizzazione dei dati in Google Analytics
Quando andiamo ad utilizzare Google Analytics, la parte che di solito ci interessa è quella dei “Report”. Tutti i rapporti di Google Analytics sono composti da dimensioni e metriche:
- le dimensioni sono sull’asse delle Y, e descrivono le caratteristiche degli utenti, delle sessioni e di ogni altra azione eseguita (ad esempio: la tipologia di sorgente per accedere al sito)
- le metriche sono misurazioni quantitative, come le sessioni, gli utenti, la frequenza di rimbalzo, ecc.
#7 – Dashboard e Scorciatoie: come fruire di Google Analytics in modo veloce
Se siamo interessati solo a un set di KPI di interesse, possiamo creare delle dashboard e personalizzarle, in modo da poterle visualizzare in una sola schermata appena entriamo nel panello di Google Analytics.
Con le scorciatoie, invece, possiamo memorizzare alcuni report di Google Analytics in modo da visualizzarlo direttamente, senza doverlo ricreare ogni volta.
#8 – I segmenti personalizzati
Con i segmenti possiamo isolare e analizzare sottoinsiemi di dati. È come creare una vista filtrata, ma è possibile creare un segmento diverso all’interno della vista ogni volta che creiamo un report. Con i segmenti, ad esempio, possiamo:
- andare a vedere il comportamento di navigazione di una fascia d’età di persone
- vedere come si comportano soltanto gli utenti che hanno fatto l’accesso al sito a partire dai motori di ricerca
- fare un confronto fra gli utenti che visitano il sito da desktop e quelli che lo visitano da mobile
- vedere come si comportano gli utenti che hanno già effettuato una conversione
- e tantissime altre cose, in base alle nostre esigenze di business.
I segmenti, cioè, ci consentono di dividere tutte le sessioni sul nostro sito in base alle nostre esigenze, in modo da avere risposte più mirate alle attività che vogliamo monitorare. In questo Google Analytics ci consente di essere assolutamente time-saving.
#9 – Il tracciamento delle campagne
Molte visite di provenienza al sito sono etichettate come “traffico diretto”, ma in realtà potrebbero provenire da un email, o da qualsiasi altra campagna di digital marketing. Solo le visite provenienti da Google (traffico organico vs. traffico a pagamento), dai social e da altri siti sono tracciate, ma per le altre come facciamo?
Per conoscere e monitorare le visite che provengono da queste fonti, possiamo trasmettere dei parametri a Google Analytics tramite lo strumento di creazione delle URL, fornitoci dallo stesso Google, e utilizzare poi quei link per una campagna. Ecco come funziona:
#10 – Obiettivi e funnel di conversione
Con Google Analytics possiamo configurare un obiettivo finale riferito al sito, indicando allo strumento tutti i passaggi che l’utente deve compiere prima di giungere a tale obiettivo. Qualche esempio:
- Se il sito è un blog, l’obiettivo di un sito può essere l’iscrizione alla newsletter, in modo da fidelizzare il lettore.
- Se il sito è una vetrina di prodotti, l’obiettivo può essere quello di download di un catalogo.
- In un sito finance, l’obiettivo potrebbe essere quello di rilascio delle proprie informazioni di contatto all’interno di un form.
- In un e-commerce, l’obiettivo è chiaramente quello di generare una vendita, pertanto la conversione sarà determinata dall’acquisto di un prodotto.
È inoltre possibile impostare il funnel: di cosa si tratta? Il funnel è uno strumento di analisi che consiste in una sequenza ordinata di pagine che l’azienda prestabilisce a monte: più semplicemente, identifica il percorso che conduce l’utente alla conversione. Se pensiamo all’ultimo degli esempi dell’elenco qui sopra, tipicamente il funnel di un e-commerce è così:
- inizia con la pagina di prodotto
- il prodotto viene aggiunto al carrello
- prosegue con la pagina di inserimento informazioni dell’utente,
- poi con quella sulla modalità e indirizzo di spedizione,
- poi con quella relativa alla modalità e ai dati del pagamento
- e finisce con la pagina di ringraziamento.
Attraverso il funnel è possibile vedere quanti utenti hanno visualizzato, ad esempio, una determinata pagina di categoria di prodotto, quanti hanno proseguito la navigazione in una scheda di prodotto, quanti sono andati nella pagina di check-out, quanti hanno effettuato l’acquisto, ma la cosa più interessante è forse vedere quanti hanno abbandonato il processo di acquisto, in modo da implementare delle azioni per migliorare questa fase delicata.
Il rapporto tra acquisti e visualizzazioni del prodotto andrà a determinare il tasso di conversione, che in “obiettivo” può essere ad esempio del 2%, e in questo modo l’azienda avrà un parametro su cui basarsi per capire se il sito sta performando.
#11 – È possibile avere un’idea del customer journey?
Il customer journey di un utente del 2016 è molto complessa: ne abbiamo parlato qualche mese fa con riferimento ai micro-momenti di un utente, il quale utilizza moltissimi canali prima di procedere alla conversione, spesso cambiando dispositivo.
Google Analytics tiene conto di questo aspetto, e permette la visualizzazione delle conversioni multicanale, uno strumento utile per capire qual è stato il percorso degli utenti prima di arrivare sul sito prima di generare una conversione. Questa viene attribuita all’ultimo canale di riferimento per un utente prima di atterrare sul sito, per esempio all’ultima ricerca o all’ultimo annuncio su cui ha cliccato. I rapporti di canalizzazioni multicanale, però, consentono di capire qual è stato il ruolo dei diversi canali prima che sia arrivata la conversione.
#12 – L’e-commerce
Google Analytics contiene anche degli utili rapporti e-commerce se il nostro sito è predisposto alla vendita di prodotti, permettendoci di analizzare le attività di acquisto sul sito web. I dati di e-commerce riguardano sia i dati di transazione sia i dati di articolo. I rapporti standard di Google Analytics permettono di conoscere:
- il rendimento dei prodotti: entrate, acquisti, quantità di articoli venduti, prezzo medio. Questi dati possono essere visualizzati per SKU (stock keeping unit) e per categoria di prodotto
- rendimento delle vendite: per visualizzare le quantità di entrate per data
- transazioni: entrate, tasse, spedizione e quantità, visualizzate per ID transazione
I rapporti e-commerce sono già quindi un’elaborazione molto strutturata dei dati. Ma si può sapere qualcosa di più? Certo, i rapporti di e-commerce avanzato ci consentono di analizzare il comportamento di acquisto all’interno del sito web. In particolare, si può impostare una canalizzazione di acquisto, che ci permette di individuare quali sono i punti più critici dell’interno percorso. Possiamo così monitorare il numero di sessioni a partire dal primo passaggio fino alla fine, in modo da capire quanti utenti hanno effettivamente convertito, e risolvere le criticità nei passaggi intermedi.
#13 – Oltre il digitale: come?
Al punto #3 abbiamo visto che un utente è in realtà una macchina: non è il vero utente-persona. Se ad esempio nello stesso sito web io accedo la mattina da desktop (ad esempio, quello dell’ufficio), il pomeriggio da un altro computer (il mio laptop personale) e la sera da smartphone, vengo conteggiato come tre utenti diversi. Come compensare a questa lettura erronea della realtà?
Per gli utenti autenticati a un sito web (che prevede un’area riservata, ad esempio un e-commerce) è possibile implementare la funzione User ID e considerare quindi lo stesso utente, anche se utilizza più dispositivi diversi, come uno solo. Google Analytics ci mostra così un rapporto cross-device, che ci dà un’idea migliore di come i touchpoint siano collegati tra di loro.
E se ho utilizzato il sito web solo per informarmi, e poi ho acquistato in negozio? L’azienda avrà mai idea della mia customer journey? È difficile, se l’azienda non ha implementato degli strumenti per “seguirmi” ad esempio anche in negozio.
Pensate a quanto può essere critico anche il seguente fatto: vado sul sito web dal mio computer di sera, e acquisto direttamente, senza dubbi, un prodotto. Per Analytics io sono un utente che ha fatto una conversione provenendo da traffico diretto, ma durante la giornata ho fatto tantissime ricerche di prodotto dal mio cellulare e ho girato più di qualche negozio per confrontare i prezzi e vedere il prodotto di persona.
Qui entriamo nei meandri dell’omnicanalità e della complessità del customer journey, e a livello di tracciamento è certamente difficile lavorarci. Google stessa ci sta attualmente lavorando, e presto potremo avere (forse) delle risposte.
#14 – Segmenti di pubblico per il remarketing
Il remarketing è un modo di fare pubblicità che consente di mostrare annunci agli utenti che hanno già visitato un sito web, per esempio senza fare acquisti, e hanno memorizzato le informazioni di navigazione attraverso i cookie.
Con Google Analytics è possibile creare dei segmenti di pubblico da utilizzare poi per le campagne di remarketing, basandosi sul comportamento degli utenti all’interno del sito. Per farlo è necessario integrare l’account Analytics con l’account di Google AdWords. Quali esempi di segmenti di pubblico si possono fare?
- utenti che hanno visualizzato le pagine prodotto, ma poi non le hanno aggiunte al carrello
- utenti che hanno aggiunto i prodotti al carrello, ma poi non hanno completato l’acquisto
- utenti che hanno visualizzato almeno due o più pagine di prodotti
- utenti che hanno acquistato determinati articoli in modo da prodorre loro un cross-selling.
#15 – Quindi, cos’è la Digital Analytics?
Alessandro e Sebastiano ci hanno calato direttamente nella pratica dello strumento, mostrandoci – attraverso la loro esperienza e le loro conoscenze – entrambi i loro punti di vista e il funzionamento di Analytics facendoci una lezione che non era tanto sulle slide quanto direttamente sul pannello. Il tutto per renderci consapevoli dell’importanza del dato, prima di tutto, e poi di saperlo rielaborare ed inserire all’interno di una campagna di digital marketing.
Ci hanno lasciato consigliandoci in particolare un libro, quello di Avinash Kaushik, Google Evangelist e uno dei maggiori esperti di Digital Analytics al mondo: Web Analytics 2.0. È vecchio di qualche anno, ma sono i concetti quelli che importano. D’altronde, per lui la Digital Analytics è:
the analysis of qualitative and quantitative data from your website and the competition, to drive a continual improvement of the online experience of your customers and prospects, which translates into your desired outcomes (online and offline).
Più marketing di così!
Quindi, ascolteremo sicuramente il consiglio dei docenti e di Avinash, e in redazione inizieremo a cimentarci sempre di più con gli Analytics! Grazie a TSW, ai docenti e alla MARKETERs Academy!