
Il 30 settembre e 1 ottobre saremo media partner al Web Marketing Expo, e uno degli speech che ci ha subito incuriositi di più era quello di Rossella Cenini sulla Conversion Rate Optimization. Perché? Beh, cercheremo di svelarvelo nel corso di questo articolo-intervista: sì, perché abbiamo avuto l’onore di intervistare una dei più importanti CRO Specialist in Italia.
Quando si è molto fortunati, il lavoro nasce dalle proprie passioni, e da un mix di combinazioni molto azzeccate nel corso della propria vita: Rossella Cenini è psicologa per formazione, ma ha sempre lavorato nel digital marketing, come SEM specialist. Quello che è affascinante è che l’ha fatto utilizzando il suo approccio, e mescolando ingredienti che sembrano lontani, ma non lo sono affatto: psicologia e marketing.
La psicologia è molto vicina alla CRO, perché la Conversion Rate Optimization significa facilitare il processo di decision-making degli utenti nel web. La CRO è scienza e arte di stimolare gli utenti a intraprendere un’azione all’interno di una landing page (ma non solo). No, non sono trucchi magici. No, non è niente di facile. Ed è ciò di cui ci parlerà Rossella Cenini. Ma se proprio siete curiosi, dopo avere letto questa intervista potrete leggervi anche The Beginner’s Guide to CRO di ConversionXL (sì, ho scritto dopo!).
Ma stavamo parlando di Rossella e del suo approccio, non volevamo avanzare così tanto.
Ecco. Così è come si racconta Rossella nel suo blog Rosserva, e vale la pena leggerlo, prima di approfondire ulteriormente.
Se ne sentiva proprio il bisogno di un altro blog su AdWords? Non bastano blog, libri, e-book, guida e community? Sì, no, non so. Seleziona la casella corretta.
Il Fucsia Blog non è solo un blog su AdWords ma è soprattutto il blog delle Rosservazioni, a volte rosservo su AdWords, altre sulle cose strambe, che poi così strambe non sono, che mi vengono in mente.
P.S. Rosserva sta per r-osserva e non per ros-serva!
Ok, lo speech di Rossella Cenini sarà sulla CRO, chiaramente. “Le 7 armi della conversione” mi ricordano molto (ovviamente) le armi della persuasione di Robert Cialdini (che ha scritto un libro sul tema decenni fa, e su cui ho basato l’articolo sulla Psicologia del Marketing, ma sicuramente approfondiremo dopo). I principi della persuasione sono sei, ma secondo Conversion XL Cialdini ha teorizzato il settimo principio, quello dell’unità (o la condivisione?).
Lo speech di Rossella durerà solo mezz’ora, e temiamo sia molto basic (troppo, rispetto a quanto siamo affascinati di questo argomento) dato il poco tempo a disposizione. Quindi le abbiamo proposto un’intervista per arrivare preparati, come minimo. Ma magari per arrivare anche con qualche conoscenza in più sulla CRO: ci ricordiamo cosa significa questo strano acronimo, a questo punto, no? Conversion Rate Optimization. Sembra qualcosa di molto tecnico e inafferrabile, ma vedrete, l’argomento vi stupirà da quanto lo troverete affascinante.
Leggete, anzi, r-osservate bene ogni parola, mi raccomando.
Ma prima, cerchiamo di capirci qualcosa da soli. La psicologia dei principi della persuasione, se applicata al marketing (ma anche a ogni disciplina umana, perché no?) deve portare alla conversione, ovvero a un’azione specifica da parte di un utente. Abbiamo tre componenti, idealmente, se andiamo a indagare le emozioni di un utente: la componente cognitiva, la componente fisiologica, e la componente comportamentale. Qualsiasi cosa misuriamo o ottimizziamo, ciò che ci interessa alla fine è che l’utente metta in atto un comportamento: appunto, una conversione.
Ecco, siamo pronti per partire: #andiamoaCROmandare
Ciao Rossella, è un piacere potere intervistare #LaReginaDellaCRO. Ti seguo e stimo da tempo, e in occasione del tuo speech al WMexpo ti ho preparato qualche domanda sulla CRO (ma non solo). Prima, però, vorrei sapere qualcosa in più su di te: hai studiato psicologia cognitiva, e poi sei passata al marketing digitale. Qual è stato il tuo percorso professionale?
Ciao Riccardo e a tutti i lettori di This MARKETERs life.
Non ti dirò che il mio percorso lavorativo era scritto nelle stelle né che già ai tempi dell’asilo che cercavo di persuadere i miei amichetti a fare qualcosa :). Non te lo dirò perché non è vero.
In realtà è cominciato tutto per caso in una piccola web agency di Padova. Mi dovevo occupare di gestione campagne AdWords, ne sapevo molto poco ma dalla mia c’era il fatto che eravamo agli albori del Pay per Click (era il 2006!) e anche errori grossolani non avrebbero provocato catastrofi. Avevo una grossa opportunità: imparare dagli errori. È stata questa la molla: ho cominciato a sperimentare perché volevo imparare. Più andavo avanti più mi accorgevo che la psicologia sociale mi poteva aiutare, così ho ripreso i libri dell’università e ho ricominciato a studiare… Capire perché “le persone fanno cose” mi ha sempre affascinato, così quando Boraso (ndr, agenzia specializzata in conversion marketing) mi ha proposto di occuparmi solo di conversion optimization, ho accettato al volo.
Sicuramente, data la tua formazione da Psicologa, pensi che nel marketing la psicologia giochi un ruolo non indifferente. In poche parole, potresti approfondire perché è così importante la psicologia per il marketing, a tuo avviso?
Rispondere a questa domanda richiederebbe un libro intero, ma mi limiterò a un’osservazione: solo il 5% dei nostri pensieri passa il filtro del controllo consapevole, tutto il resto è guidato da un “pilota automatico” che fa analogie, anticipa e concatena. Mettiamola così: il nostro cervello lavora secondo il principio del massimo risultato con il minimo sforzo.
Pensa che in un esperimento, citato in “Decoded: the Science Behind Why We Buy”, ad alcune persone venne fatto assaggiare un pudding alla vaniglia che per l’occasione era marrone (per effetto di coloranti insapore). A vederlo sembrava proprio un dolce al cioccolato! Il compito era quello di assaggiare il dolce e descriverne il gusto. Il risultato?? Nessuno menzionò la vaniglia (eppure stavano mangiando un dolce alla vaniglia!!) mentre tutti descrivevano il gusto del cioccolato. In pratica: tutti descrissero quello che si aspettavano di mangiare, e non quello che stavano mangiando.
Ecco, per come la vedo io, il marketing è lavorare su quel 95% di pensieri “automatici”, è una questione di percezioni.
Rimaniamo davvero basic (ma tanto, eh). Sappiamo cos’è una conversione, chiaramente: a livello tecnico può trattarsi di un rilascio contatti, di un’iscrizione, di una richiesta informazioni, di un acquisto, e di n comportamenti. Ma la conversione è soprattutto lasciare una parte di sé a un brand, in modo che questo possa conoscere l’utente. Insomma, la conversione è davvero una conversione?
Questa sì che è una domanda difficile.
Ti rispondo con una citazione di Bryan Eisenberg:
Il tasso di conversione è una misura della vostra capacità di convincere i visitatori a svolgere l’azione che volete facciano. È un riflesso della vostra efficienza e soddisfazione del cliente. Per raggiungere i vostri obiettivi, i visitatori devono prima raggiungere i loro.
Una conversione è, prima di tutto, un atto di fiducia, è per questo che, in genere, è molto più difficile acquisire un nuovo cliente che non mantenerlo. Una volta che tu (Brand) hai guadagnato la mia fiducia, è difficile che poi (io, cliente) mi rivolga ad altri. “A lasciare la strada vecchia per la nuova sai quel che lasci ma non sai quel che trovi” non è solo un proverbio, ma è anche un esempio di un fenomeno noto nell’economia comportamentale, cioè l’Avversione alla Perdita: la percezione della perdita è 2,5 volte più acuta che non un guadagno di pari intensità.
Ancora una volta c’entra la psicologia :).
Conversion XL, tornare a parlare di Robert Cialdini dopo 30 anni dalla sua pubblicazione principale (Le armi della Persuasione), Cialdini che annuncia la settima arma della persuasione e che proprio il 6 settembre 2016 pubblica Pre-suasion: A Revolutionary Way to Influence and Persuade. Come mai tutto questo interesse attorno all’ottimizzazione del tasso di conversione proprio nel 2016, secondo te?
Perché sono la regina della tendenza! A parte gli scherzi… Con l’aumento del costo di acquisizione del traffico la CRO diventa sempre più una necessità. Pensa che uno dei miei ultimi clienti da pay per clicker vendeva montascale per anziani. L’obiettivo del sito era la raccolta lead (quindi tra conversione e vendita c’era un passaggio intermedio). L’offerta CPC per la prima pagina era di 36€ e un clic aveva un costo medio di 3-4 euro. Aumentare il numero di conversioni a parità di traffico era una necessità (che in quel caso non fu colta).
Detto questo, c’è ancora molta confusione in Italia sulla CRO. In molti pensano che fare CRO significhi leggere uno o più post di blog autorevoli e ripetere gli stessi test (quando non si passa direttamente all’implementazione) sul proprio sito. È la tecnica degli spaghetti testing: butto gli spaghetti sul muro e guardo cosa succede :). La CRO invece, non è un insieme di best practices, ma un processo. È come se fosse un iceberg: quello che vedi è il test, ma prima c’è tutta la fase di ricerca e analisi senza le quali seguiresti solo la tecnica degli spaghetti testing. Ma sono proprio la ricerca e l’analisi a rendere ogni sito diverso dall’altro. Ogni sito è una storia a sé, non sempre replicabile in altri contesti. Altrimenti basterebbe copiare i test (riusciti) di Amazon o Booking.
Ok, ti ho un po’ studiata: sì, perché ti seguo da tempo. Ho visto che hai condiviso che il tasso di conversione è una “metrica un po’ bugiarda”, secondo Smart Insights. Ci spiegheresti perché è bugiarda, a tuo avviso, ma soprattutto perché lavori ogni giorno per ottimizzare proprio questa metrica bugiarda?
Mi vuoi prendere in castagna eh… invece ho la risposta pronta per te.
L’acronimo è CRO, ma CO sarebbe più corretto, solo che suona male :). L’obiettivo della conversion optimization non è aumentare il tasso di conversione, né il numero di transazioni. L’obiettivo della CRO è aumentare il profitto a parità di costi.
Rifletti con me. Se riducessi i prezzi da 100€ a 1€, il tasso di conversione raggiungerà vette inesplorate, ma tu ci abbiamo guadagnato? NO.
Un altro caso ancora. Immagina che gli utenti da newsletter del tuo e-commerce facciano un acquisto al mese per un valore di 100€. Capisci che è un segmento di traffico profittevole e intensifichi le newsletter. Ora gli utenti da newsletter fanno 3 acquisti al mese ma con un valore di ordine di 30€. Le tue transazioni sono aumentate ma il tuo profitto probabilmente no.
Ecco perché il tasso di conversione è una metrica bugiarda: generalmente aumentare il tasso di conversione porta ad aumentare i profitti, ma potrebbe non essere sempre così. Come al solito, parliamo di una metrica che va considerata in interazione con le altre (transazioni, valore dell’ordine, traffico, ecc.).
Quali sono gli strumenti e le conoscenze necessarie per fare CRO? È possibile iniziare a fare CRO da zero, senza avere prima un background operativo nel digital marketing?
Beh insomma, passare dal vendere frutta al supermercato al digital marketing la vedo dura! È il teorema del cuggino “ho mio cuggino che fa le medie e smanetta col pc. Gli pago una pizza e il sito me lo fa lui”.
Potrei risponderti in modo democristiano e dirti che quello che conta è la passione. Lo diceva anche Hegel “niente di grande fu mai fatto senza il contributo della passione”… certo, ma se hai passione probabilmente approfondirai certi argomenti e le competenze te le crei.
Non è una cosa impossibile, ma richiede impegno e dedizione. Non credo alle formule magiche “diventa [professione] in mezz’ora mentre dormi”. Credo che una dose di “operatività” sia indispensabile, se non altro perché facilita l’apprendimento.
A livello strategico, dove posizioni la CRO all’interno delle diverse attività del Digital Marketing? Oppure consideri la CRO più una disciplina trasversale rispetto a SEO, SEM, Digital Analytics, UX e Copywriting?
La seconda che hai detto: la CRO non è un’attività a sé stante.
Ragioniamoci insieme. Abbiamo un sito e-commerce che vende scarpe da running.
Prima di parlare di ottimizzazione e test, dobbiamo accertarci che il sito funzioni. Immagina un sito che a una determinata risoluzione e con un dato browser “si rompa”. Prima di iniziare a fare test, sistema le cose “tecniche”. Ok, il sito ora funziona, ma è accessibile? È fruibile con facilità da qualsiasi tipologia di utente? E adesso che è accessibile è anche usabile e intuitivo? È solo dopo avere rispettato queste condizioni che possiamo cominciare a parlare di persuasione.
Vogliamo parlare dei test? Il risultato di un test non si decreta “a occhio”, ma solo dopo che il test ha raggiunto la validità statistica (riduzione del rischio di accettazione di falsi positivi), per raggiungere la validità devi avere traffico, e qui si entra nel regno dei SEO e SEM.
Come vedi sono tutte attività che sono profondamente interconnesse.
Tra le attività necessarie per chi lavora nel digital marketing ci sono quelle del networking e della formazione: sia perché è importante trasmettere conoscenza, sia perché è fondamentale rimanere aggiornati. In USA Peep Laja ha fondato ConversionXL, Joe Pulizzi il Content Marketing Institute, ed entrambi in settori simili hanno espresso un forte approccio orientato alla formazione attraverso (anche) i contenuti che regalano online (anche se poi le consulenze e i corsi se le fanno pagare, certo). Come trovi sia il contesto italiano? In Italia c’è lo stesso sforzo che c’è in USA? Arriverà mai ad esserci qualcosa di simile?
Questa è una domanda trabocchetto.
Sono convinta che quando la CRO prenderà piede definitivamente anche in Italia, cominceranno a nascere anche i corsi di CRO, è già stato così per la SEO, AdWords, l’email marketing…
In Italia, per quel che è la mia esperienza di “formatore” (tenevo corsi AdWords) e come “ex” Top Contributor nella Community AdWords, però vedo un problema di fondo: si pensa che con un corso si diventerà esperti, ma non è così, un corso ti offre delle basi (più o meno solide) per cominciare, ma poi ti devi “sbattere” e approfondire. Ecco, quello che ho notato spesso è la mancanza di un desiderio di approfondimento.
Certamente non è così per tutti. Per fortuna.
This MARKETERs Life è un magazine nato da un’associazione di studenti universitari appassionati di marketing, quindi ti vorrei fare una domanda un po’ “personale”. Quali sono le competenze, sia tecniche sia trasversali, che deve avere un giovane che vuole lavorare nel digital marketing?
Io credo che la caratteristica più importante sia l’ignoranza socratica: so di non sapere. Finché un’idea non viene testata rimane un’idea, non la verità.
Il tuo è un lavoro di consulente: quali caratteristiche deve avere una figura come la tua, rispetto a chi lavora in azienda? I ruoli sono intercambiabili tra agenzia o azienda, oppure pensi che si tratti di due percorsi professionali diversi?
A questo non so rispondere. Non ho mai lavorato in azienda. Credo che mi annoierei a lavorare in un’azienda sempre sullo stesso progetto. È affascinante vedere come le persone si comportino in modo diverso su un sito di viaggi, su uno di tecnologia o in un sito B2B.
Non vorremmo aver svelato troppo: ci vediamo l’1 Ottobre al Web Marketing Expo per ascoltare il tuo speech, e speriamo di avere persuaso (giusto per stare in tema) molti altri MARKETERs a venire ad ascoltarti! A presto, grazie Rossella.
P.S. Ah, dimenticavo. Ve l’avevo promessa, no?
Ecco The Beginner’s Guide to Conversion Rate Optimization di ConversionXL.
#andiamoaCROmandare! 🙂
#andiamoaCROmandare lo trovo geniale. Bell’articolo Riccardo!