
Digital Marketing Automation, sì; ma soprattutto persone. Le macchine archiviano e processano perfettamente il dato, ma sono poi le persone a interpretarlo, a renderlo proprio, a utilizzarlo per fini strategici e a dare vita, attraverso la creatività, al messaggio giusto per la persona giusta. Alla fine il discorso ritorna lì: human to human. Ieri siamo stati alla prima giornata del Be-Wizard!, e noi di This MARKETERs Life siamo qui per raccontarvi le nostre prime impressioni a caldo.
Partiamo subito con i convenevoli: per un evento che si tiene in una location come l’avveniristico Palacongressi di Rimini, diciamo già che le aspettative non possono che essere state soddisfatte da ottime impressioni. Una perfetta macchina organizzativa ci ha accolto dopo il viaggio che dal grigiore della Pianura Padana ci ha portato alla Riviera Romagnola, passando attraverso i fantasmi della A14.
Una cornice assolutamente moderna per un evento che ormai è all’ottava edizione: dal Be-Wizard! ci aspettavamo interventi di assoluta qualità e che ci consentissero di portarci a casa un bel lascito. D’altronde a renderlo evidente non sono stati solo gli speaker, ma anche i partecipanti. Tanto per citarne uno, all’accredito in apertura avevamo di fronte Luisa Carrada, ma @riccardoconi non ha avuto il coraggio di chiederle l’autografo per il libro “Il Mestiere di Scrivere“, che pure se lo porta ogni giorno nello zaino, quasi fosse una bibbia. Semplicemente non avrebbe trovato le parole giuste per rivolgersi a lei. E quanto ha colto lei è ciò di più giusto si possa dire in introduzione all’articolo sulla prima giornata del Be-Wizard.
Le macchine da sole non fanno niente, sono le persone a dare gli input
Noi ormai non possiamo non adorarlo, dopo l’intervista illuminante che ci ha rilasciato: Paolo Zanzottera – che si è presentato sul palco indossando una maschera da scimmia – ha aperto la sessione alla Sala Plenaria della mattina parlandoci dell’essenza della digital marketing automation, dopo che un video emozionale sul contrasto tra l’essere macchine (scimmie) e l’essere umani (persone) con la colonna sonora dei Killers (All These Things That I’ve Done) ha dato il benvenuto ai quasi mille presenti: “I got soul but I’m not a soldier”: anche dietro l’automazione c’è un’anima.
Il dato è la fonte energetica primaria per l’automation, su cui si basano tutte le attività di digital marketing, e che è necessario conoscere perfettamente. Il dato si basa su variabili di proprietà, di contenuto, e di disponibilità:
- proprietà: il dato può essere primario (di proprietà, ad es. i cookie sul proprio sito internet, gli analytics, o il social login) oppure di terze parti (ad es. gli interessi su Doubleclicks)
- contenuto: il dato contiene informazioni di profilo, di segmenti socio-demografici e di interessi, quindi ci dice qualcosa delle persone. Il contenuto può essere anche di comportamento, e quindi ci dice qualcosa in più sulle persone: sulle loro attività, sulle loro intenzioni, sulle loro conversioni, sui loro movimenti fisici (ciò che fa l’iBeacon).
- disponibilità, che può essere temporale (il dato è in tempo reale oppure differito) oppure spaziale (online, in una data management platform, oppure offline).
Ma qual è il punto di tutto questo?
Le macchine acquisiscono, memorizzano e ordinano il dato, ma le persone lo devono gestire in modo strategico.
Dal dato si passa all’elaborazione: un’entità grezza viene interpretata, processata e rielaborata. Le persone possono cioè utilizzare il dato per decidere i segmenti a cui rivolgersi in relazione ai propri obiettivi e alla propria strategia. Un cookie, ad esempio, è generico per la home page di un sito, ma diventa un cookie “di segmento” se l’utente va su una pagina specifica per informarsi, e “di intento” se si sta per procedere all’acquisto.
E l’elaborazione poi diventa messaggio: le macchine possono elaborare il dato e collegarlo a un messaggio, ma la creatività è propria solo delle persone. Non sono le macchine a stabilire le keyword che esprimono le intenzioni di ricerca, ma sono le persone.
Solo le persone possono pensare come collegare una scienza matematica come l’analytics alla psicologia umana.
E infine la trasmissione. Anche questo non può essere un lavoro da macchine. “Fare marketing digitale non è come fare il risotto col bimby” ha detto Zanzottera, ma significa unire competenza, tecnica, analisi, creatività e psicologia.
La chiave del marketing digitale è creare un messaggio a partire dal dato. E bisogna lavorare di creatività. Giocare, dare un suono personale: così le combinazioni possono essere infinite.
Ragionate come le macchine, prima che le macchine ragionino come noi!
Rimettiamo le persone al centro: solo così si può parlare con la persona giusta al momento giusto per rivolgerle il messaggio giusto.
Marketing 4.0 e Superhuman Marketing
Chi meglio di Peter Fisk, consulente sul digitale per alcune tra le più grandi compagnie al mondo, poteva far entrare il pubblico nel vivo della digital marketing automation? L’intervento si è tenuto in inglese, ma anche per i non native speakers il suo accento british è stato chiarissimo.
“Are you ready to change the world?”: la sfida di Fisk ai marketers 4.0 è quella che gli stessi scenari futuri mettono davanti alle aziende. Bisogna essere un po’ come Lady Gaga, dice Fisk: rompere le regole, saper essere originali, ma soprattutto anticipare il futuro. Portare cambiamento prima di subirlo. Da Lady Gaga a Xiaomi, allora, e a Tesla: innovazione, spiega Fisk, significa essere gamechangers, e essere gamechangers significa connettere le persone, migliorare le loro vite, avvicinando le cose alle persone (e non viceversa). In questo senso l’automation non si realizza se non si umanizza, e il digitale non diventa nulla senza l’emozionale.
Con un countdown di ben 100 esempi di aziende che sono, in questo momento, vere gamechangers, Fisk ha introdotto allora il concetto di superhuman marketing: quello che ripensa al business e ai consumatori partendo dall’essere umano nella sua interezza.
“Think beyond the analytics”, spiega Fisk: i consumatori non vogliono connettersi al brand, ma vogliono connettersi tra di loro. In questo senso il brand diventa il medium con cui si crea la community, e il marketing diventa superhuman: capace, cioè, di intervenire migliorando le vite delle persone, proprio grazie alle connessioni che sa creare. L’ultimo monito di Fisk ha un sapore visionario, e sembra uno “stay hungry stay foolish” 4.0:
Be bold, be brave, be brilliant.
Mathew Sweezey e la ricerca dell’autenticità (nell’automation, sì)
L’automazione fa parte del vissuto umano: quanti sono i gesti che ogni giorno compiamo con il pilota automatico? La tecnologia diventa intuitiva, è parte della nostra quotidianità, e si adatta al nostro modo di apprendere il mondo. Sul palco adesso c’è l’inglese southern american di Mathew Sweezey, responsabile Marketing Insights di Salesforce. Con una serie di slides di ottima fattura (le migliori viste oggi), Sweezey conduce la platea nel mondo dell’automation alla ricerca dell’authenticity. Possibile? Sì, secondo Sweezy: just being relevant.
We disqualify before we qualify.
Siamo abituati a capire cosa ci serve e cosa no, ormai in automatico. Vale per le email promozionali che riceviamo e che cancelliamo prima di aprire: sappiamo già che non sono rilevanti. In un mondo in cui il content è ovunque, l’essere umano si adatta a scegliere intuitivamente quello che è significativo per lui. Per vincere la sfida del consumatore avveduto, allora, il marketing non deve ingannare: deve, invece, restare rilevante. Cioè autentico.
Authentic means answering a question quickly and correctly.
Autenticità significa dare alla persona ciò che vuole, proponendo un contenuto sempre più tailorizzato sui suoi bisogni e sulle sue aspettative. Conoscere il consumatore con la maggior precisione possibile permette di fare content senza fare fuffa: non permettere quindi alle persone di annoiarsi di noi.
Entra allora in gioco il concetto di passive discovery: gli utenti del web, spiega Sweezey, navigano spesso senza sapere bene cosa stanno cercando. La digital marketing automation allora serve a far loro trovare proprio quello che nemmeno sapevano di volere (avete presente il “Ti potrebbe interessare anche..” di Amazon?).
Tracciare, tracciare, tracciare
Come si prendono le decisioni digital nelle più grandi aziende del mondo? E quando anche loro sbagliano? È il momento di Gary Angel, a capo del Digital Analytics Center di Ernst&Young, che porta sul palco una serie di mini case studies. Poche ciance, molti dati: sia per spiegare al pubblico qualche esempio concreto di digital marketing fatto bene, sia per salvare le situazioni in cui è fatto male.
“Content is developed and deployed”, spiega l’Angel custode di EY: per questo è fondamentale testare ogni soluzione e supportarla con i dati. Non a caso il suo ultimo libro porta il titolo “Measuring the Digital World”, che è il succo dell’intervento di Angel: se non tracci, non vai da nessuna parte. Capire le metrics (dopo aver scelto quelle giuste) e essere sempre data-driven quando si tratta di selezionare i canali con cui parlare al consumatore. “Non basta fare Analytics, bisogna usarli”, “Non basta la reach, bisogna capire ogni volta il modo migliore di misurare il successo“: solo così migliora la user experience, e miglioriamo noi.
Essere bravi nel digitale è essere in grado di prendere buone decisioni, prendere buone decisioni significa aver investito nel digitale. È il paradigma che ci portiamo a casa dall’intervento di Angel, prima di passare ad un relatore che ci riporta in Italia (ma anche nel mondo): Andrea Saviane, country manager di BlaBla Car.
La “Metrics Matrix”, per avere una marcia in più
La prima attività di marketing a performance per BlaBla Car è stata la pubblicità search. Poi nel 2014 sono arrivate TV e radio. Ma la primo posto per creare brand awareness c’è sempre il digital. E il cambio del business model negli ultimi due anni ha premiato: con una crescita spaventosa dal 2009 ad oggi, BlaBla Car adesso è in 22 Paesi nel mondo. E continua a salire. Ma se volete conoscere la sua storia, a febbraio ve ne abbiamo già parlato: BlaBlaCar, il car pooling che piace.
“Abbiamo imparato che a fare la differenza non è la disponibilità di metriche diverse, ma azzeccare quelle davvero significative”, spiega Saviane. I dati sono tantissimi, ma non tutti sono rilevanti (eh già): il motto allora è find the right indicator.
La “Metrics Matrix” è come in BlaBla Car amano chiamare quella combinazione di valori e parametri con cui giudicare la performance e ottimizzarla. Fondamentale poi sarà incrociare i dati – e magari le dita.
Gli strumenti a disposizione sono complessi e innovativi, al passo con i tempi della digital automation e di una user experience integrata. Il successo per BlaBla Car sta nell’aver investito nelle ultime tecnologie a disposizione per la gestione dei dati e l’elaborazione di un sistema perfetto per la tipologia di business: ad ogni azienda il compito di trovare il suo mix, o meglio la sua matrix.
Be-Wizard! Sessione Pomeridiana tra Food, Travel e Business
Nel pomeriggio ci siamo spostati tra le numerose sale dedicate a cinque temi diversi (food, business, travel, welcoming cities e advanced), cercando di seguire un po’ di tutto per potervi raccontare diverse esperienze e diverse competenze.
L’intervento che abbiamo deciso di riportarvi è quello di Giovanni Cappellotto, che ci ha parlato di e-commerce, anticipando di pochi giorni il Report sullo Stato dell’e-commerce in Italia della Casaleggio Associati e il Rapporto Netcomm sull’e-commerce.
I consumatori si muovono su canali fisici e digitali
Le cinque pillole dell’intervento:
- l’integrazione tra online e offline è ormai imprescindibile: le vendite al dettaglio guidate da smartphone sono cresciute più del 60% dal 2013 al 2015, e gli smartphone rappresentano il 33% del traffico su e-commerce. Siamo nel pieno dell’omnichannel.
- Amazon, sempre più Amazon. I suoi 5 segreti per dominare il mondo:
- Bombarda segmenti di mercato attraverso il valore della distruzione (moda, food, handmade, personalizzato)
- Fulfillment: inghiottisce la logistica locale e fa consegne locali abbassando i costi
- Compete con Alibaba per arrivare diretti al consumatore e avere controllo diretto sulla catena del valore
- Acquisire capacità di gestire volumi grandi di vendita vuol dire portare un numero più grande di piccoli commercianti all’interno del marketplace
- Amazon Prime è un’altra Amazon, su cui non sono rivelati numeri per non fare capire all’esterno quanto sia preziosa
- le ricerche di prodotto non si fanno più su Google, ma su Amazon (così afferma il 43% degli utenti)
- oltre ad Alibaba, tenete d’occhio Jet.com
- i marketplace e gli ecosistemi come Facebook e WeChat definiranno nuovi confini e nuovi spazi nel commercio.
E per ora basta qui: di Food e di Travel vi parleremo nel Day 2, quando finalmente potremo conoscere anche Alessio Carciofi!
Continuate a seguirci su Twitter in giornata con l’hashtag #BeWizard, sperando che anche oggi sia come ieri: