
Data mining, analytics e algoritmi per la personalizzazione sono la base per chi vuole migliorare l’efficacia dei propri contenuti online. Lo sviluppo delle tecnologie per l’analisi sta facendo passi da gigante, tuttavia esiste un limite a tutto questo.
Digitalizzare + Personalizzare = Umanizzare
Parliamo di personalizzazione: una chimera per il marketing di massa, un must have per il digital marketing. Se guardiamo al passato della comunicazione possiamo capire quanto il marketing sia cresciuto nelle tecniche di approccio al cliente, assecondando i cambiamenti della distribuzione e lo sviluppo tecnologico.
Tale evoluzione ha generato vari tipi di personalizzazione: dal più elementare rapporto agente-cliente, oggi ben supportato dai software di CRM, fino al digital marketing one to one, dove i più sofisticati strumenti di data mining possono fornire una dettagliata individualizzazione della persona. Quest’ultima frontiera rappresenta una delle più battute dalle aziende, grazie alla continua crescita del mobile che sta cambiando il rapporto domanda-offerta nel mercato B2C.
I meccanismi con cui la personalizzazione si sta evolvendo restano gli stessi: raccogliere informazioni, analizzare dati e fornire la soluzione più adatta. Tuttavia, quello che sta facendo la differenza al giorno d’oggi è la loro efficacia, cresciuta grazie alla diffusione della rete e ai progressi realizzati nel machine learning.
Chi l’avrebbe mai detto che l’intelligenza artificiale avrebbe umanizzato il rapporto domanda/offerta? Algoritmo dopo algoritmo il digital marketing si è migliorato nell’approccio con il cliente, realizzando quelle che in passato erano solo delle mere aspettative. Non si tratta più solo di comunicare il proprio brand o il proprio prodotto. Attraverso la rete le aziende possono interagire singolarmente con i propri utenti, comprendendo i loro interessi e bisogni e fornendo loro delle soluzioni.
Un esempio: vi è mai capitato di cercare qualche regalo particolare per un vostro amico? Qualche anno fa vi sarebbe stato impossibile trovarlo digitando su un motore di ricerca “regalo uomo” o “regalo donna”. Oggi, invece, la stessa ricerca vi porterebbe a un paio di risposte coerenti al sesso, all’età e agli interessi del vostro amico/a. L’obiettivo, soprattutto per l’e-commerce, è quello di fornire la soluzione adatta anche quando la persona non sa esattamente cosa sta cercando.
D’altro canto il sistema stesso si autoalimenta: la personalizzazione rende gratificante la navigazione online, tanto da allungare la permanenza nei siti e alimentare gli algoritmi con nuovi dati sulle preferenze e le abitudini degli utenti. Le aziende possono ridurre in questo modo la distanza tra domanda e offerta attraverso questo meccanismo.
Trasformare i contenuti in conversazioni
Anche nella comunicazione personalizzata, il dogma “Content is the King” di Bill Gates resta l’unico punto di riferimento. La personalizzazione sta infatti ottenendo i risultati migliori nel content marketing, dove le aziende possono aprire dei veri dibattiti con i propri follower. Articoli e video rappresentano uno degli elementi principali della comunicazione online, informando e intrattenendo l’utente con uno stile comunicativo veloce e completo, coerente con quello del web.
A oggi la personalizzazione più evidente resta quella delle news recommendation , l’area delle notizie consigliate presente in fondo alle pagine, volta a promuovere nuovi articoli e prodotti o a prolungare la permanenza nel sito stesso. Per quanto possano sembrare un dettaglio quasi stilistico, le news recommendation sono fondamentali per soddisfare i bisogni di socializzazione tanto da rappresentare per gli utenti una sorta di feedback, analogo a quello che si otterrebbe da una normale conversazione.
In questo caso la personalizzazione può essere realizzata grazie a diverse tecniche. Una delle più usate è quella dell’Intelligent News Filtering Organization System (INFOS), un sistema di filtro delle notizie che elimina automaticamente quelle considerate non interessanti dal target approcciato. In altri casi si analizza solamente l’ultima ricerca effettuata dalla persona al fine di fornirgli una serie di contenuti legati a quel filone logico. Infine, in altri contesti, le news recommendation possono apparire anche al di fuori della pagina delle notizie, all’interno di un momento qualsiasi di navigazione online.
Lo sviluppo di sistemi per la raccolta e lo studio dei dati da parte degli user però sta permettendo di sviluppare una seconda modalità di personalizzazione del content. Molti infatti stanno sviluppando dei sistemi di diversificazione del contenuto stesso, cosa che in passato rappresentava un ostacolo in termini di tempo, denaro e risorse umane.
Nonostante a oggi le funzioni esistenti siano ancora limitate a pochi elementi del testo, oppure a testi brevi, si sta investendo nella realizzazione di video, testi e altri contenuti sempre più rispecchianti la vita dell’utente. L’obiettivo è l’ottenimento di una conversazione diretta, dove l’utente si sente coinvolto in quanto espresso dall’azienda, o in ogni caso, viene coinvolto a esprimere il suo punto di vista.
Mettersi in ascolto senza spiare
I benefici per le aziende che adottano la personalizzazione dei contenuti sono tanti: l’aumento della visibilità, dell’engagement, la crescita dei dati raccolti, la gestione diretta delle discussioni e non di meno l’aumento delle vendite. Un tornaconto che non è passato inosservato agli utenti. Ultimo caso è stato quello del comando vocale “Ok Google”, criticato da molti per la sua continua registrazione di dati, non direttamente controllabili dagli utenti.
La privacy rappresenta ancora un valore per gli utenti. Il potere di controllare i dati condivisi, controllare le loro pubblicazioni, aggiornarli ed eventualmente eliminarli per sempre resta un valore condiviso tra tutti gli utenti, a oggi tutelato dal GDPR europeo. Il compito delle aziende di oggi sta nel bilanciare la loro necessità di utilizzo dei dati con la sensibilità degli utenti sull’argomento.
Scandali come Facebook e Cambridge Analytica, Yahoo e Ashley Madison hanno dimostrato come i dati degli utenti debbano essere trattati con i guanti di velluto. Non si tratta solo del rispetto della legge. Questa, infatti, si è dimostrata il più delle volte piena di lacune nella tutela della gestione di dati scambiati a livello internazionale, dove non c’è ancora una normativa condivisa.
Le aziende coinvolte nel settore digitale, dal canto loro, non saranno mai disposte a rinunciare all’utilizzo dei dati. Servono strategie che considerino l’uso moderato di informazioni, nel rispetto della sensibilità degli utenti. Alcuni esempi virtuosi sono il social network Telegram, i browser Ecosia e DuckDuckGo e Spotify, che hanno dimostrato come sia possibile la realizzazione di contenuti personalizzati senza l’utilizzo smodato dei dati.
La creazione di contenuti personalizzati rappresenta dunque un fattore di crescita e sviluppo, sia come sfida per chi elabora i sistemi di personalizzazione, sia per le aziende che intendono applicarla nella propria comunicazione digitale. Sta poi a loro, però, darsi un’etica di utilizzo dei dati, realizzando delle strategie mirate alla collaborazione e alla trasparenza con l’utente, che non deve sentirsi violato dai processi di data mining online.