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Dark pattern: quando anche il web design sa essere tricky

da 12 Febbraio 2022Nessun commento
dark pattern

Quando si progettano app o siti è fondamentale porre al centro l’utente: si parla infatti di User Centered Design. Si deve dare importanza sia ai suoi bisogni che ai suoi limiti, per rendere l’usabilità del servizio massimizzata. Anche il Design della User Interface (UI) è progettato per creare delle interfacce che fungano da intermediari tra l’utente e la macchina, facilitando la comunicazione. Strumenti tanto potenti da rendere la navigazione una vera e propria esperienza per il fruitore, quanto pericolosi da catturarlo o indurlo a prendere decisioni sbagliate. Come? Con i dark pattern.

Innanzitutto, dobbiamo sapere che il nostro cervello, per sua natura, è portato a generare scorciatoie mentali che a volte si rivelano insensate. Questi costrutti vengono definiti bias cognitivi.Semplificando l’elaborazione delle informazioni, si spinge l’utente a fare delle scelte sbagliate anche online. Queste sono il frutto di un automatismo che trova le sue fondamenta nella convinzione di sapere quale sarà l’output di una determinata situazione.

E se a qualcuno venisse l’idea di sfruttare questa nostra, forse, debolezza, combinandola con l’attento studio del design della UI? È proprio qui che nascono i dark pattern.

Cosa sono i dark pattern?

Sono degli elementi dell’interfaccia riorganizzati con l’obiettivo di confondere l’utente e indurlo a fare qualcosa lontano dalla sua volontà, nascondendogli determinate funzioni per intrappolarlo. Ad esempio, questo si verifica quando ci arrivano delle newsletter, ma non riusciamo a trovare la funzione “disiscrivimi” per non riceverle più.

I dark pattern sono stati così definiti da Harry Brignull nel 2010. Moltissime aziende ricorrono al loro utilizzo nei propri siti, usando la dark UX (User Experience) basata su teorie di neuromarketing o psicologiche, come la Teoria del Carico Cognitivo Permanente, per influenzare gli utenti. Questa spiega come il nostro cervello tenda a risparmiare memoria imparando degli schemi di comportamento ripetitivi e applicabili in diverse situazioni, dando per scontato l’output e ignorando piccole modifiche al percorso che possono, invece, rivelarsi utili. 

Questo avviene, per esempio, quando accettiamo in maniera automatica i “Termini e Condizioni di utilizzo”, così come i cookie. L’utilizzo di grafiche particolari, colori brillanti o caselle più grandi ci inducono a cliccare in determinati punti e conseguentemente ad “accettare” qualcosa, saltando in toto tutto ciò che li precede. Oppure, al contrario, rendere determinate caselle di selezione tanto piccole da non essere notate dall’utente, che si ritrova così iscritto ad una newsletter senza averla autorizzata. 

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Quanti tipi di dark pattern esistono?

Il progettista e UX designer Harry Brugnull ha identificato negli anni diversi tipi di dark pattern, raccogliendoli in un unico sito darkpatterns.org con lo scopo di divulgare queste informazioni a più persone possibili. L’elenco si compone di una serie di trucchetti e metodi diversi per la progettazione di interfacce.

Ecco alcuni esempi, tra i più ricorrenti nel web:

  • Roach Motel

Una tecnica che rende estremamente semplici l’iscrizione e la creazione di un account ad un sito, ma non altrettanto la cancellazione. Avveniva così per gli account Amazon, la cui eliminazione doveva prima essere richiesta e poi accettata da un operatore dell’azienda.  Nell’immagine, infatti, si può notare come il link per disiscriversi non sia più color blu come negli altri, ma di un grigio chiaro, molto poco visibile! Quest’ultimo rimanda poi ad un numero da chiamare per completare l’operazione.

Roach motel

  • Misdirection

The design purposefully focuses your attention on one thing in order to distract your attention from another.” 

L’utilizzo di una grafica per dirigere l’attenzione su un elemento e distoglierla da un altro. E’ il caso, ad esempio, di alcune compagnie aeree che al momento dell’acquisto di un biglietto selezionano in automatico il posto a sedere, senza che l’utente lo abbia in realtà richiesto, spuntando una casella molto piccola e poco visibile. Allo stesso tempo, invece, il tasto “acquista” è ben evidenziato ed invita l’utente a pagare e terminare velocemente l’operazione.

  • Confirmshaming

Una tattica pensata per indurre l’utente a compiere un’azione forzata, che, se inizialmente potrà farlo sorridere, poi lo porterà a provare un certo senso di colpa. Facendo leva sulle emozioni, le aziende spingono l’utente ad agire non nel suo interesse, ma a beneficio dell’azienda in questione.

Comfirmshaming

  • Hidden Costs

Si tratta di dark pattern che si palesano come tali solo alla fine di un processo d’acquisto, quando ci viene mostrato l’importo da pagare. Prezzo maggiorato da addebiti imprevisti o non espliciti come le spese di spedizione e le tasse. 

hidden costs

  • Privacy Zuckering

Questo trick induce l’utente a condividere pubblicamente più informazioni personali di quanto desidererebbe, promettendo in cambio un’esperienza d’uso migliorata. Il nome si ispira a Mark Zuckerberg, CEO di Facebook, social che soprattutto all’inizio aveva la reputazione di facilitare in modo eccessivo la condivisione delle proprie informazioni personali.Privacy Zuckering

Queste tecniche ci hanno spesso incastrato in situazioni un po’ scomode. È vero che noi utenti cerchiamo sempre di facilitarci la vita prendendo scorciatoie, ma è anche vero che sappiamo essere piuttosto accorti e impariamo in fretta a difenderci da questi trucchetti!

Chiara Montisci

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