
In che modo l’AI può aiutare le aziende a organizzare i contenuti con il riconoscimento automatico dei volti e dei prodotti.
Hai mai trovato Wally?
Vi ricordate la fortunata serie di illustrazioni realizzate da Martin Hanford in cui bisogna riconoscere il protagonista in mezzo a un vero e proprio “formicaio” umano? Wally è riconoscibile per una serie di caratteristiche fisiche e di outfit ricorrenti, qualunque sia il contesto e la posizione in cui è calato.
Non ce ne vogliano gli appassionati, ma l’Intelligenza Artificiale è molto più brava a trovare Wally. È sempre più diffuso l’utilizzo di tecnologie di riconoscimento facciale legate all’AI che sfruttano principi di biometria e algoritmi di deep learning.
L’approccio è noto come “capsule network” (capsule di reti neurali): ogni capsula è un gruppo di neuroni artificiali addestrati per tracciare una caratteristica specifica di un’immagine. Come funziona?
L’AI, nell’identificare una persona, analizza la geometria ottica (il rapporto tra occhi, naso etc.) e a ciascun volto assegna un unico codice (faceprint). Si tratta di un sistema probabilistico: l’AI compara il volto individuato – che viene contrassegnato da una cornice – con quelli già presenti nel suo database e assegna un punteggio di somiglianza.
Maggiore è il punteggio di somiglianza che emerge dal ranking, più è probabile che i due volti coinvolti abbiano la stessa identità. I criteri di matching possono essere definiti impostando una soglia di somiglianza (es. 99%).
I Big del digitale
La tecnologia di Facebook comprende il riconoscimento facciale, che può essere gestito dalle impostazioni della privacy nel proprio profilo.
Se è attiva, può contribuire a controllare la propria presenza e quella di amici sulle foto, assegnando tag in automatico ma anche proteggendo la propria identità da furti (ad es. con notifiche quando una tua foto è presente sulla foto profilo di un altro).
L’algoritmo si chiama DeepFace epartendo dal confronto di più foto, quando identifica un numero sufficiente di elementi simili deduce che quei volti appartengono alla stessa persona.
Ma come fanno questi sistemi a riconoscere una faccia anche quando è in mezzo alla folla o parzialmente nascosto? L’analisi avviene usando un modello 3D di riferimento e viene corretto l’angolo di visualizzazione in modo che i volti assumano una disposizione frontale e quindi più facile da confrontare.
Anche Google Photo usa un algoritmo di riconoscimento facciale. Bisogna fare click (o tap) sulla voce “Raggruppa volti simili” che permette di trovare foto in cui appare la stessa persona.
L’AI al servizio del Marketing
Ok interessante, ma nello specifico come può andare a impattare l’operatività quotidiana del reparto Marketing?
Vista l’enorme mole di contenuti e dati che un’azienda deve condividere con i propri negozi fisici e online e con il proprio personale in tutto il mondo, ricorrere all’AI per organizzare questo patrimonio comporta benefici notevoli.
Pensiamo a una maison di alta moda. Essa potrebbe sfruttare i picchi di ricerche online sulle tendenze del momento generate dagli eventi di grido (Fashion Week, Notte degli Oscar etc.) per rispondere con un’offerta ad hoc di contenuti e prodotti.
Questo è più semplice quando i contenuti sono classificati anche da questo punto di vista: imparando da una serie di volti dati come modello, è in grado di individuare le figure rilevanti per l’azienda (ad es. i Vip con i propri prodotti in esposizione) e alimentare i propri canali con quello che l’utente sta cercando.
Il riconoscimento facciale è uno dei tanti sistemi di Image Processing (vai qui per approfondimenti). L’AI può, infatti, grazie alle reti neurali convoluzionali, estrarre gli elementi visuali chiave di ogni immagine, che vengono associati a modelli che il sistema ha già acquisito in memoria dopo un periodo di training.
Il risultato è la classificazione automatica del contenuto dell’immagine. Può essere applicato a svariati contesti, dal riconoscimento degli sponsor o di loghi a quello di prodotti. Il guadagno è nel risparmio di tempo dovuto al miglioramento della tracciabilità della risorsa.
Quando l’AI riconosce il prodotto
Un’AI che designa un’asciugatrice come “oven” (forno) o in modo troppo generico come “home appliance” (elettrodomestico) non consente di popolare automaticamente l’e-commerce con foto puntuali.
Piattaforme di gestione dei contenuti che implementano il learning by doing allenano l’AI a riconoscere il prodotto e anche le sue specifiche caratteristiche (ad esempio, la presenza di un display LCD su un elettrodomestico).
Dopo un corretto training su un dataset prefornito, l’AI riesce a individuare ed estrarre la tipologia, la marca, il modello di un prodotto, il brand corrispondente a un logo e altri elementi simili.
In questo modo i marketers possono velocizzare e automatizzare alcuni task, come la ricerca di contenuti ma anche la raccomandazione degli stessi, per rispondere con maggiore rapidità alle richieste degli utenti.
Questo aspetto, infatti, può essere strettamente connesso alla Content Strategy: un utente che legge contenuti che parlano della migliore collocazione degli elettrodomestici in ambienti piccoli potrebbe essere interessato a lavatrici che hanno come caratteristica il caricamento dall’alto.
E senza una corretta classificazione all’origine, sarebbe difficile operare una raccomandazione precisa.