
Il ruolo dello smartphone nella nostra vita è sempre più rilevante: è uno strumento onnipresente nelle nostre scelte, verso le quali risulta spesso decisivo. È diventato anche un elemento di entertainment dal quale facciamo sempre più fatica a fare a meno, con un uso al limite del patologico.
Come agiscono le marche in questo scenario? Come intervengono sul ruolo del cellulare nella consumer journey?
I micro-momenti definiti da Google disegnano i momenti rilevanti dello smartphone nei processi decisionali degli user: le marche, nonostante riconoscano l’importanza del brand storytelling, continuano a investire nell’interruptional advertising.
Fanno eccezione alcune best practice, le quali hanno saputo coglierne il successo.
Non possiamo negarlo, lo smartphone sta assumendo un ruolo sempre più rilevante e importante nella nostra vita quotidiana e le ultime survey ci confermano che le interazioni con questo oggetto diventano sempre più frequenti.
La nostra “device-addiction”
Uno studio di Dscout ci riporta un dato incontrovertibile: l’utilizzatore medio di telefono cellulare tocca il suo dispositivo 2.617 volte al giorno, con punte per gli hard user (il 10% del totale) che arrivano a 5.400 volte al giorno.
Sono numeri impressionanti, ulteriormente supportati dall’ultima release disponibile della Deloitte Global Mobile Consumer Survey, che mette a fuoco alcuni aspetti anche relativi allo scenario italiano:
- un italiano su 5 non può fare a meno della ricerca vocale (di questi, il 49% la usa per cercare informazioni e il 48% per chiamare un contatto della rubrica);
- sempre un italiano su 5 lo usa per comprare i biglietti del trasporto pubblico e per pagare il parcheggio;
- più di uno su 3 lo utilizza per effettuare transazioni bancarie di vario genere.
Le sessioni medie variano tra i 40 e i 70 secondi, e ci indicano un uso che predilige la frequenza all’approfondimento. Lo smartphone non è il luogo dove approfondiamo tematiche che reputiamo interessanti: è un partner pronto all’uso per soddisfare le nostre esigenze più immediate (e superficiali?). Questo tanto per i momenti di socialità condivisa, quanto per rispondere a esigenze che si manifestano in quel preciso istante.
L’ultimo report Digital 2019 di WeAreSocial e Hootsuite traccia le dimensioni temporali del nostro essere connessi: passiamo on-line oltre 6 ore al giorno (di cui circa un terzo sui social) contro le meno di 3 in cui guardiamo la tv (lineare e non).
Quasi 9 persone su 10 (l’88%) accedono ad internet almeno una volta al giorno: in breve, 6 ore al giorno, tutti i giorni, quasi tutti.
Un tema caldo anche per la salute
Su questa difficoltà a separarsi dal telefonino, in passato anche l’OMS ha segnalato il problema: in Italia il 72% delle persone hanno lo smartphone sempre tra le mani nelle ore di veglia, affette da quella che alcuni chiamano “hand-phone syndrome”, conosciuta anche come nomofobia.
Si tratta della paura incontrollata di rimanere sconnessi; il termine arriva dal Regno Unito, coniato in occasione di uno studio commissionato all’ente di ricerca britannico responsabile del settore telefonia di Post Office Ltd.
Il risultato di questo studio ha rilevato che il 53% degli utenti di telefono cellulare in Gran Bretagna tendono a mostrare uno stato ansioso quando “perdono il loro cellulare, esauriscono la batteria o il credito residuo o non hanno copertura di rete”. Una vera e propria patologia, dunque, che sembra non avere una cura mirata per una generazione che vive in un mondo digitale.
Ma quali sono i luoghi di maggior connessione? In cima alla classifica troviamo i mezzi pubblici (78%), seguiti dal luogo di lavoro (69%), bar e locali (65%), casa (54%), scuola e università (47%) e non manca il periodo di vacanza (41%).
Le donne (58%) superano gli uomini (42%) nella frequenza di connessione. In particolare, la fascia d’età più attiva è quella tra 18 e 24 anni (67%).
I micro-momenti
Questo flusso costante di connessione e di interazione contiene quelli che Google ha definito Micro-Moment. Si tratta di quegli istanti in cui ognuno di noi avverte di aver bisogno di qualcosa e prova a soddisfare quel desiderio o quella necessità con una ricerca on line.
Sono istanti che possono accadere ovunque, e in questi momenti i brand possono influenzare in modo significativo le decisioni di acquisto.
Esistono, quindi, diverse tipologie di micro-momenti. Particolarmente interessanti sono quelle connesse alla consumer journey:
- “I-want-to-know-moments” / Stai cercando qualcosa che risponda al tuo bisogno, ma non sei ancora pronto a comprarla. Hai bisogno di informazioni utili, e – perché no – di un po’ di ispirazione, non dell’offerta “hard-selling”. La tua curiosità è un bene prezioso per i brand, e oggi può essere soddisfatta ovunque e in qualsiasi momento (anche interagendo direttamente col brand stesso).
Il 66% degli utilizzatori di smartphone approfondisce sul telefono quello che trova interessante di uno spot TV (Fonte: Google Consumer Surveys).
- “I-want-to-go-moments” / Stai cercando un locale attorno a te o stai pensando di comprare un prodotto del posto. Il brand che si fa trovare in questo preciso momento ha ottime chance di convertire il contatto in acquisto. Questo è il momento in cui la tua vita digitale si connette al mondo fisico.
Le ricerche di prossimità tendono a raddoppiare anno dopo anno (Fonte: Google Consumer Surveys).
- “I-want-to-do-moments” / È un momento che ti può capitare prima o dopo il tuo acquisto; ti capita quando hai bisogno di una mano per fare qualcosa, usare un prodotto, scoprire un tutorial che di dice come fare. Farsi trovare con il contenuto giusto è la chiave del successo, anche perché oggi cerchiamo quotidianamente istruzioni su qualsiasi cosa.
È di oltre il 70% il tasso di crescita anno su anno delle ricerche “come fare” su Youtube (Fonte: Google Consumer Surveys).
- “I-want-to-buy-moments” / Sei pronto a comprare un prodotto o un servizio, ma hai bisogno di una mano per decidere precisamente cosa comprare (quale modello, quali caratteristiche, etc.) o come comprarlo (on-line, in negozio, a rate, etc.). Se il brand non è presente in questo momento cruciale, comprerai qualcos’altro.
Ben l’ 82% degli utilizzatori di smartphone consulta il telefono mentre è in negozio e sta per comprare (Fonte: Google Consumer Surveys).
Per chi volesse approfondire, ne abbiamo parlato in questo articolo.
Le strategie di mobile communication
Lo smartphone ha, quindi, un ruolo sempre più rilevante nella nostra vita. Come si stanno muovendo i brand per cogliere le opportunità di comunicazione rilevanti di questo scenario?
Nonostante il percorso intrapreso dai marketer in termini di branded content, l’interruptional advertising è ancora di gran lunga il formato più utilizzato nelle mobile ads.
Arriviamo a una situazione quasi paradossale: paghiamo al nostro operatore un importo mensile per tot giga di connettività e una percentuale rilevante di essa è occupata dall’advertising. È come se in un’ora di tv, vedessimo 45 minuti di spot intervallati da piccoli spezzoni del nostro show preferito.
Uno studio di eMarketer ci indica l’evoluzione attesa degli investimenti in mobile adv rispetto alla digital adv. Nel 2015 la spesa pubblicitaria mobile rappresentava il 49% della spesa pubblicitaria digitale; entro il 2019 la ricerca indica come invece dominerà la spesa pubblicitaria digitale.
Il modello del mobile adv è, quindi, ancora oggi un modello pesantemente push: interruzioni, overlay con bottoni di chiusura farlocchi, unskippable ads.
Per molto tempo l’utente medio ha sopportato passivamente, ma il recente proliferare di proposte premium ad-free e di ad-blocker ci suggerisce che le cose stanno cambiando.
Oltre l’interruption marketing
I brand che per primi si sposteranno su strategie diverse, al di fuori dell’interruption marketing risulteranno vincenti. Le strade maestre appaiono oggi due: la strada dei contenuti enterteinment, in cui la marca vive dentro un contenuto nativamente interessante per il target e la strada del brand umanizzato, che parla e interagisce con i consumer attraverso i social o grazie al costante sviluppo dell’A.I. (chatbot & Co.).
Il primo approccio è ormai consuetudine: moltissime marche hanno compreso il valore di branded content e branded entertainment, investendo in queste attività fette consistenti del lodo budget di comunicazione.
La seconda via sta lentamente guadagnando attenzione: le prime esperienze che stiamo vedendo riguardano prevalentemente l’uso di app di messaggistica. Non solo WhatsApp o WeChat, ma anche il messenger di Facebook. Ciò che i messenger consentono di fare ai brand è creare un circolo chiuso di utenti e avere una conversazione costante.
Per dimostrare ai propri clienti la versatilità del prodotto, Hellmann già qualche anno fa ha lanciato Whatscook, un’efficacissima campagna marketing che punta sulla forza dell’approccio one to one. Gli utenti sono stati invitati a condividere il contenuto del loro frigorifero con dei cuochi professionisti che rispondevano ideando piatti (ovviamente con l’uso della maionese), impartendo loro veloci lezioni di cucina.
Oltre 13.000 persone hanno interagito con la marca, con una interazione media di oltre 65 minuti per singolo user e una audience per la marca di 5 milioni, grazie agli user generated content relativi all’operazione.
In conclusione
Per vincere la sfida sul terreno della navigazione mobile bisogna avere un solido commitment ed essere presenti nei micro-momenti in cui il nostro target è ricettivo. Infatti, solo il 9% degli utenti mobile resta su una app o su un sito se questo non soddisfa i propri bisogni nei primi minuti di navigazione.
Se in questi micro-momenti riusciamo ad attivare una connessione diretta fra marca e utente, ad esempio grazie ai bot, possiamo essere molto più rilevanti e influenti nella decisione d’acquisto rispetto alle strategie di interruption marketing tradizionali. Vero è che i modelli comportamentali inerenti il mondo dell’interazione digitale on-to-one sono complessi e ancora in parte imprevedibili.
A ben vedere, proprio qui sta la vera potenzialità della pubblicità digitale: può attirare l’attenzione in modo differente rispetto a quelli dei mezzi di comunicazione di massa, eliminando quei filtri che i consumatori hanno costruito per difendersi dall’eccesso di messaggi pubblicitari.
Per approfondire
Come sempre, chi volesse approfondire i temi trattati in questo articolo può trovare qui di seguito una selezione di link:
https://www2.deloitte.com/it/it/pages/technology-media-and-telecommunications/articles/gx-global-mobile-consumer-survey17.html
https://wearesocial.com/it/blog/2019/01/digital-in-2019
https://blog.dscout.com/mobile-touches
https://www.lavoce.it/la-testa-dal-cellulare-luso-eccessivo-dei-nuovi-strumenti-crea-danni-non-solo-psicologici-anche-fisici/
https://www.agi.it/innovazione/_sconnessiday-3534080/news/2018-02-22/
https://think.storage.googleapis.com/images/micromoments-guide-to-winning-shift-to-mobile-download.pdf