
Tra la famiglia degli strumenti Google, un vero digital marketer non può non conoscere Google Tag Manager: lo strumento pensato per la facile gestione del tagging. Iniziamo a scoprirlo da qualche domanda: cos’è Google Tag Manager? Come funziona? E perché un marketer non dovrebbe farne a meno?
Google Tag Manager, o se preferite GTM, è stato presentato per la prima volta all’EMetrics Summit di Boston nell’Ottobre 2012. Nel video di presentazione del prodotto viene definito come: “a powerful free tool that puts you, the marketer, back in control of your digital marketing”. E questa è sicuramente la definizione più immediata e potente che si possa dare di questo strumento.
Prima però di approfondire questo aspetto, partiamo dall’inizio.
Cos’è Google Tag Manager?
Google Tag Manager è uno strumento gratuito di gestione dei tag. Nello specifico permette all’utente di gestire ed installare gli snippet, ossia dei frammenti di codice di terze parti, all’interno di un sito web.
E tutto questo avviene con grande facilità, trattandosi di un Tag Management System.
Troppo difficile? Forse un po’. Allora cerchiamo di capire prima di tutto cos’è un tag.
I tag: come tracciare l’identikit dell’utente
Un tag è un frammento di codice HTML da inserire all’interno del codice sorgente di un sito web con il fine di ricavare più informazioni possibili riguardo le caratteristiche degli utenti e il loro comportamento all’interno di un sito.
Ma perché dovremmo farlo? Perché tutto nel digitale può e soprattutto deve essere misurato se vogliamo che le nostre decisioni siano guidate dai dati e non da semplici opinioni.
Una piccola perla di saggezza dell’esperto di CRO Enrico Pavan durante il suo speech al Web Marketing Expo 2016.
I tag possono essere programmati per essere attivati seguendo delle regole specifiche che è l’utente stesso a stabilire: possiamo decidere per esempio di attivarlo solo dopo un determinato periodo di tempo, solo in certe pagine o solo per certi utenti.
I vantaggi del Tag Management System
Diciamocelo chiaramente: che i marketer non vadano d’accordo con i developer è cosa risaputa. Di base questo è un errore perché ogni digital marketer che si rispetti dovrebbe riuscire a masticare un po’ di codice o perlomeno non correre ai ripari quando scopre il comando “ispeziona elemento”, tuttavia per un marketer occuparsi di tracciamenti può non essere facile.
Prima dell’introduzione di Google Tag Manager per installare i codici di monitoraggio degli strumenti di marketing era necessario inserire manualmente ogni singolo tag nel codice HTML. Oggi invece, grazie al Tag Management System, è sufficiente inserire uno snippet di codice su tutte le pagine del sito, gestendo il tutto dall’interfaccia del software.
Questo non solo comporta una facile gestione dello strumento anche da parte di chi non ha familiarità con codici e programmazione ma implica anche molti altri vantaggi. Quali sono?
- Semplicità ed agilità nella gestione dei tag senza dover intervenire sul codice e senza il supporto del reparto IT;
- Risparmio di tempo e di costi;
- Aumento della performance di un sito web: il dover inserire un solo frammento di codice asincrono, scegliendo quindi di eseguire le attività in background senza interferire con il flusso di elaborazione principale, non va a rallentare i tempi di caricamento delle pagine;
- Maggior controllo dei dati, grazie alla loro gestione centralizzata, e riduzione del rischio di errori nella fase di implementazione;
- Attraverso la preview mode, (sì è possibile testare i tag prima di pubblicarli ma ci arriveremo con calma), è possibile verificare il corretto funzionamento del tag e vedere tutte le informazioni che contiene;
- Interfaccia semplice ed user-friendly, (ci vuole un po’ ma poi vi assicuro che vi sembrerà davvero friendly), e soprattutto gratuita;
Come funziona Google Tag Manager?
C’è una buona probabilità che vi abbia convinto dell’importanza di cominciare ad utilizzare Google Tag Manager o magari siate solo incuriositi da tutto questo.
A questo punto dovrei dirvi come installarlo ma non lo farò, principalmente per due motivi: questa è la parte più facile e probabilmente anche la meno importante.
Se questa fosse una ricetta vi direi che gli ingredienti per installare GTM sono pochi ed essenziali: un account GMail, il codice di tracciamento che potete persino implementare con un plugin di WordPress, (però ricordatevi che troppi plugin appesantiscono i siti peggio del pranzo di Natale) e il gioco è fatto. Avete installato Google Tag Manager.
Avete quindi creato prima un account e poi un relativo contenitore, che altro non è che il sito web che avete inserito, che contiene a sua volta tutte le impostazioni di Tag, Attivatori/Trigger e Variabili.
Quindi, prima o poi, dovreste arrivare ad una schermata di questo tipo:
Cerchiamo di capire meglio gli elementi che compongono il Tag Manager, ossia: Tag, Attivatori/Trigger, Variabili e il famigerato Data Layer.
Tag: custom e non solo
Lo abbiamo già spiegato ad inizio articolo ma fidatevi che un ripasso non fa mai male. Un tag è uno snippet di codice che invia informazioni a terze parti come Google. Grazie ad essi è possibile raccogliere una serie di dati e inviarli, per esempio, a piattaforme come Google Analytics. (Vi ricordate che vi abbiamo già spiegato perché un marketer (non) dovrebbe usarlo, vero?) I tag, come vi abbiamo accennato, vengono azionati in base a delle regole che vengono attivate grazie a delle variabili.
È GTM stesso a fornirci già una vasta serie di tag per minimizzare gli errori nel processo di implementazione. Qualche esempio? Il codice di tracciamento di Google Analytics, l’AdWords Conversion Tracking per tracciare le conversioni provenienti dalle campagne AdWords oppure gli Eventi come lo scroll di una pagina o i click su un bottone o sul tasto “play” di un video, estremamente utili per raccogliere dati sul comportamento degli utenti .
Attivatori/Trigger: cosa definiscono?
Definiscono una condizione che si deve verificare per eseguire una determinata azione. Gli attivatori definiscono un evento, o hit, che può essere: una visualizzazione di pagina, un click, un timer, un invio modulo e così via. Come funzionano? Confrontano il valore di una variabile con il valore definito dall’utente. Un tag viene quindi eseguito solo se si verifica anche l’evento definito dall’attivatore.
Qualche esempio pratico…
Abbiamo capito che l’attivatore è uno degli elementi più importanti all’interno di Google Tag Manager perché dobbiamo farvi ricorso ogni volta che intendiamo utilizzare un tag. È importante avere le idee chiare su cosa tracciare perché gli attivatori sono estremamente specifici su quello che si vuole analizzare. Ma scendiamo ancora di più nel pratico.
Google Tag Manger fornisce una serie di attivatori tra cui scegliere: ipotizziamo per esempio che il vostro tag si attivi al completamento del caricamento della pagina, in questo caso utilizzeremo il tipo di attivatore “visualizzazione di pagina”. Magari perché volete tracciare un form di iscrizione? O invece volete tracciare un click su un determinato link all’interno del vostro sito? Dobbiamo specificare quando vogliamo che sia attivato, ma in questo caso forse sarebbe meglio dire dove, ossia su tutte le pagine.
Detto questo, preferisco lasciarvi in mani più sicure, e più esperte, linkandovi questa guida di Fabio Piccigallo sull’uso degli attivatori.
Google Tag Manager: cos’è il Data Layer?
Abbiamo scoperto che con Google Tag Manager possiamo inviare dati a terze parti. Come avviene tutto questo?
Grazie al Data Layer: un oggetto che contiene tutte le informazioni che vogliamo che vengano passate a Google Tag Manager e che permette, grazie al passaggio dei dati verso il Tag Management System, il dialogo con altri software.
Il Data Layer può sembrare un oggetto piuttosto misterioso ma in realtà lo possiamo semplicemente definire come un “contenitore di informazioni per i tag”. Queste informazioni possono essere scritte come parte del data layer oppure possono “essere lanciate”, in inglese la forma corretta sarebbe “pushed”, in seguito all’avvenire di un evento (che altro non è che una tipologia di tag).
Operativamente il Data Layer può essere scritto, meglio se da un developer, subito prima dello script che indica la presenza di Google Tag Manager. Eccovi qualche esempio di utilizzo concreto del Data Layer: una pagina di un sito di news può per esempio essere caricata con un Data Layer contenente la categoria della news, l’autore e delle parole chiave associate all’articolo.
Questo sarebbe l’aspetto del Data Layer di cui vi abbiamo appena accennato, tratto dal blog di LunaMetrics
Il Data Layer tuttavia può anche essere creato di default da GT stesso; la cosa importante, una volta creato, è continuare ad aggiungervi informazioni per scoprire sempre più dettagli sul proprio utente. Se un utente clicca un determinato link del nostro sito, se compie il download di un file o completa un form, possiamo dire al Tag Manager di creare un evento per il Data Layer e quindi tracciarlo.
Google Tag Manager visto dagli occhi di un marketer
Adesso però fermiamoci e prendiamo un bel respiro: siete arrivati fino a qui, e spero davvero che abbiate capito le logiche nascoste di questo fantastico strumento che è Google Tag Manager. Ma quale utilità ha tutto questo per un marketer?
Dopo tutto questo c’è un solo grande errore che potete fare: partire a razzo con l’installazione di questo strumento. Un marketer degno di questo nome sa che questo non è mai il primo passo da compiere.
Bisogna sempre partire da alcune “semplici” domande: quali caratteristiche voglio scoprire del mio utente? Come interagisce con il mio sito?
Possiamo rispondere a queste domande ma anche a moltissime altre, (specie in materia di e-commerce), grazie a Google Tag Manager.
Ecco qualche esempio:
- Su quali elementi clicca il nostro utente quando naviga nell’home page del nostro sito?
- Quando è che un utente rimuove o aggiunge un articolo dal carrello?
- Quali sono i prodotti più visualizzati?
- Quanti utenti navigano fino alla fine della pagina?
Forse per un marketer non è un’impresa semplice ma sa anche che sarà un viaggio che non può non intraprendere.
Abbiamo così creato il nostro workflow con tutti gli elementi che vogliamo tracciare all’interno del nostro sito e adesso non ci resta che iniziare.
“I dati sui clic ci dicono molto sul cosa, ma non sul perché”, come dice Avinash Kaushik, e noi non possiamo proprio rinunciare a scoprire questo perché.
Qualche approfondimento e risorse utili
Scrivere questo articolo non è stato facile, come d’altronde non è facile immergersi nel vasto e complesso mondo di Google Tag Manager. Vi lascio quindi le fonti da me utilizzate, (e anche qualche risorsa in più), per darvi le giuste armi prima della battaglia!
Le slide del corso di Google Analytics organizzato da MARKETERs Academy (tanto si sa quanto conta la formazione nel marketing)
Google Tag Manager per principianti di Matteo Zambon (fondatore della Community Tag Manager Italia)