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Le nuove professioni digitali, opportunità tra tanti timori

da 19 Settembre 2016Giugno 21st, 2017Un commento
Le nuove professioni digitali - This MARKETERs Life

Digital transformation. Un modo di pensare ed agire che sta cambiando completamente il mondo delle aziende. Anche le professioni cambiano e ne nascono di nuove per stare al passo con le innovazioni. Ma quali sono le difficoltà e opportunità in questo mondo digitale? È uno dei temi di cui si parlerà anche al Mashable Social Media Day, organizzato a Milano dal 19 al 21 Ottobre 2017 e a cui parteciperemo come media partner.

L’innovazione sta creando o distruggendo posti di lavoro? È la domanda che attanaglia il mondo digitale (e non solo) ormai da qualche anno. Una domanda da cui può nascere un dibattito anche piuttosto acceso: se da una parte troviamo i sostenitori del digitale come creatore di nuove professioni, dall’altro c’è anche chi sostiene esattamente il contrario, ovvero che il digitale ci farà – piuttosto catastroficamente – un giorno rimanere tutti a casa.

Lo scenario che apre il libro Le nuove professioni digitali: Risorse, opportunità e competenze per la tua carriera online, scritto a più mani da diversi professionisti del settore digitale – tra cui Giulio Xhaet, Ginevra Fidora, Valentina Falcinelli e Rachele Zinzocchi – è infatti inquietante. A sostenere questa visione catastrofica del digitale è Andrew Keen, colui che si autodefinisce “l’anticristo della Silicon Valley”: nel suo libro The Internet is not the answer evidenzia 5 (+1) motivi che dimostrano come la tecnologia possa fare a meno dei lavoratori in carne ed ossa, o almeno della maggior parte di loro. Tutte le affermazioni nascondono delle verità, ma, a dirla tutta, si possono anche ribattere.

Le nuove professioni digitali

#1 Il mercato digitale ha un fabbisogno di persone e dipendenti scarsissimo

Le aziende digitali hanno pochi dipendenti. Ma se guardiamo bene vedremo che le stesse aziende hanno dimostrato di poter creare anche nuovi ecosistemi professionali: non solo nuovi lavori, ma anche nuove startup e nuovi modelli di business nascono ogni anno grazie ai grandi innovatori tecnologici.

#2 Il mercato digitale distrugge le vecchie aziende creando il deserto intorno a sé, tendendo verso la realizzazione di poche realtà dove chi vince piglia tutto

La cosiddetta “economia delle superstar”: secondo Keen la Rete incentiva ancora di più questo meccanismo in cui gli unici a vincere sono coloro che propongono un prodotto leggermente migliore o semplicemente al momento giusto. Vero, ma consideriamo che la Rete al tempo stesso permette a tutti di potersi mettere allo stesso livello o anche superare queste superstar. Come? “Basta” che riescano a trovare soluzioni che rendano obsolete quelle illuminate dallo spotlight.

#3 Il mercato digitale in versione Ubernomics sfrutta le persone

Uber ed Aribnb sono i maggiori esponenti di questo nuovo modello di business basato sullo sharing, così denominato Ubernomics. Non sono pochi coloro che si accaniscono contro di essa: tassisti, catene alberghiere e anche agenzie viaggio sono coloro che soffrono di più per le perdite derivanti da questo nuovo sistema. Dobbiamo però ammettere che la Ubernomics tecnicamente non toglie lavoro, ma ne crea in un modo diverso da come siamo abituati.

#4 Il mercato digitale uccide la diversità, anche professionale

Qui la chiave sta nel saper distinguere tra coda lunga e diversità: è assodato che la long tail non possa essere applicata a qualsiasi ambiente di mercato ma tra questo e la scomparsa della diversità ne passa. Numerose sono le narrazioni del Novecento che collegano i nuovi media a sistemi spaventosi che portano all’omologazione delle persone: tranquilli, forse tendiamo ad avvicinarci ma, si spera, non ci arriveremo davvero.

#5 Il mercato digitale fa scomparire i professionisti dei contenuti

Secondo Keen i professionisti dei contenuti hanno nuovi competitor: tutti i creatori e curatori di contenuti non professionisti, ovvero chiunque usi la Rete e i social media. Se per alcuni le startup giornalistiche erano considerate “roditori privi di idee originali”, oggi si stanno attrezzando: migliorano la loro offerta cercando di attirare soprattutto i più giovani. E sembra che inizino a prosperare…

Dark side internet

#6 Da quando l’automazione è entrata con prepotenza nelle nostre vite, noi esseri umani competiamo con loro

È un dato di fatto: le macchine sono più produttive rispetto alle persone. Per questo motivo sono state numerose le scoperte ed innovazioni tecnologiche negli ultimi anni: il vero problema? Creiamo sempre più rapidamente macchine che a loro volta eliminano sempre più rapidamente posti di lavoro e alla lunga rischiamo di giungere a una grossa perdita degli impieghi. Dipende però anche dai ruoli professionali: quelli più a rischio sono i lavori impiegatizi e contabili, mentre hanno un futuro le attività legate al tempo libero, alla cura della persona, le attività gestionali e decisionali.

Il motivo? Le macchine sono bravissime a seguire le regole e gli algoritmi su cui si basano, ma questi sono delle semplificazioni e non tengono conto di tutto. A livello professionale, presentano quindi tre grossi limiti rispetto alle persone (come ci aveva anche raccontato Paolo Zanzottera):

  • Ideazione. Una macchina non può escogitare idee nuove, da zero, e non è in grado di interpretare i dati ponendosi le domande giuste
  • Riconoscimento di modelli in contesti ampi. Una macchina non sa riconoscere informazioni che non riesce a ricondurre a schemi conosciuti, e quindi non riesce a pensare “out of the box” e cambiare prospettiva per risolvere un problema
  • Forme complesse di comunicazione. Una macchina non può comprendere tutte le sfumature del linguaggio e non riesce ad interpretarlo con la capacità istintiva di una persona.

La domanda che ogni professionista del digitale deve porsi è quindi: come sfruttare le abilità umane – che ci contraddistinguono dalle macchine – all’interno del contesto digitale – che come abbiamo visto nasconde insidie ma anche opportunità? Sono nate nuove professioni digitali che rispondono proprio a questi bisogni e che sono (e saranno) sempre più richieste.

Chi sono i nuovi professionisti nel digitale e cosa fanno?

Scegli un lavoro che ami e non lavorerai nemmeno un giorno della tua vita

Professioni nel digitale ce ne sono molte e ogni volta possono anche prendere nomi diversi e fantasiosi: non possiamo esaminarle tutte, anche perché a metà ce ne sarebbero già di nuove. Gli autori Giulio Xhaet e Ginevra Fidora ne hanno scelte 8 ed è da qui che parte la scrittura a più mani: ogni capitolo è redatto infatti da un professionista che descrive il proprio lavoro, i propri obiettivi e la propria giornata tipo.

Digital Copywriter

DIGITAL COPYWRITER, il designer dei contenuti

Valentina Falcinelli trova nella definizione di Roger Horberry il lavoro del digital copywriter: “utilizzare le parole giuste per dire le cose giuste alle persone giuste in modo da ottenere la risposta giusta”. Ovvero, quando redige un testo, vaglia tutti i possibili messaggi e sceglie con molta cura le proprie parole.

Cosa fa? Sostanzialmente, avete presente tutti gli spazi web che ospitano testo? Ecco, quello è proprio ciò che fa il digital copywriter. Ce ne sono di vari tipi:

  • micro copy (headline, metadescription, CTA, social post, oggetto della DEM): brevissimi, sembrano facili da scrivere, ma no, non lo sono
  • long copy (ebook, white paper, DEM, landing page, long-form content): non bisogna mai stancarsi di editare, dovrebbe saper creare il cosiddetto “effetto scivolo”
  • visual copy: riguarda la forma grafica del testo
  • video content: “un’immagine vale più di mille parole”, e un video ancora di più (soprattutto i live video).

Communty Manager

COMMUNITY MANAGER, il demiurgo delle community online

Il potere del community manager, aka social media manager, è quello di essere in costante contatto con la propria rete e cercare di coinvolgerla, farla divertire e proliferare. Secondo Rachele Zinzocchi un social media manager deve dimostrare…

…4 talenti:

  • Resilienza, come strategia di uscita da una crisi: adattarsi e risollevarsi dopo choc esterni, sempre
  • Autenticità, sempre trasparenti e cristallini, come l’acqua (ndr non quella della laguna)
  • Affidabilità, degni della fiducia dei vostri futuri clienti
  • Amicizia, un vero brand amico, di quelli “che danno sé stessi per i propri amici”

… e mai dimenticare le 3C: comunicare, coinvolgere, curare. Il segreto? Preoccuparsi sempre del proprio network. Non solo, mai dimenticarsi della regola 80/20 – 40% divertimento, 40% supporto e informazione, 20% promozione di voi stessi – e del real-time social caring – risolvere “quel problema” in tempo reale.

Digital PR

DIGITAL PR, l’architetto delle relazioni online

Secondo Ilaria Barbotti il Digital PR è l’anello di congiunzione tra le classiche pubbliche relazioni – il lavoro dell’ufficio stampa dove si redigono comunicati e si contattano giornalisti – e il mondo della Rete. Le pubbliche relazioni, infatti, ci sono sempre state: la differenza sta nella rapidità con cui si possono instaurare le relazioni. Pensate che renda il lavoro più semplice? Da un punto di vista sì, perché riescono a contattare chiunque, ma dall’altra le relazioni da gestire diventano moltissime, e la qualità inevitabilmente diminuisce.

Le aree di intervento del Digital PR sono due:

  • Attività di comunicazione: cerca e coinvolge persone autorevoli e influencer del settore online e offline, che supportino la comunicazione di brand, prodotti e servizi verso il pubblico finale
  • Attività di brand reputation: gestisce la reputazione di un brand sfruttando le proprie reti e la capacità di intervento tempestivo in caso di calunnie, informazioni negative o errate

Digital Advertiser

DIGITAL ADVERTISER, l’ingegnere della visibilità

Il lavoro del Digital Advertiser, secondo Simone Tornabene, è un’ottimizzazione continua delle azioni che mirano ad acquistare visibilità per l’azienda cliente, agendo su canali, formati/posizionamenti, investimento, creatività e target: deve trovare il modo migliore – minimo costo per massima audience – per raggiungere l’audience del cliente diffondendone il messaggio. Essenziale è focalizzarsi sempre su traffico qualificato.

Le sfide del Digital Advertiser sono essenzialmente tre: intercettare il bisogno anche su nuovi canali e posizionamenti, riuscire a lavorare alla persuasione per la conversione senza tralasciare la condivisione dei valori del brand e non limitarsi a pensare alle singole campagne, ma all’ottica globale di customer experience.

Web Analyst

WEB ANALYST, l’esperto dei dati di navigazione

Il Web Analyst è colui che si occupa dei dati di performance riguardanti un progetto o una campagna digitale: come spiega Valentina Vellucci, deve riuscire a rispondere con i numeri giusti alle domande giuste, argomentando le proprie tesi in maniera semplice ed intuitiva. Il suo obiettivo è infatti contestualizzare i risultati all’interno della strategia in atto.

Fondamentale per l’interpretazione dei dati è iniziare da delle comparazioni: con altre tipologie di dati, altri orizzonti temporali, altre zone geografiche, altre fasce di utenti, altri dispositivi e, infine, competitors. Poi tutto gira intorno a Excel, tanti Excel, e domande, quelle giuste però. Infine, il Web Analyst deve essere in grado di trasformare i dati raccolti in grafici chiari e comprensibili dal cliente.

E-reputation Manager

E-REPUTATION MANAGER, lo scienziato dei dati social

L’E-reputation Manager, come Emanuela Zaccone, è colui che monitora la performance dei propri clienti nelle varie piattaforme: considera sia i contenuti inseriti dal cliente stesso, sia quelli spontanei in altri luoghi del Web. Il suo lavoro è caratterizzato in primo luogo da una precisa capacità di identificare immediatamente eventuali criticità. Non solo: ha anche un ruolo operativo, perché identifica le necessarie azioni da svolgere per tutelare la reputazione online e, spesso, le mette anche in atto.

Cosa succede infatti quando un’azienda è vittima di un #epicfail? L’E-reputation Manager è la figura che si occupa di gestire la crisi in questione. Innanzitutto, cercando di avere un piano già predisposto in caso di eventi negativi per riuscire a contenerla o ad affrontarla: in questi casi, il tempismo è tutto.

SEO

SEO, il supereroe dell’ottimizzazione

Il SEO è un professionista dell’ottimizzazione sui motori di ricerca – soprattutto su Google – ovvero il custode delle strade che dai canali Search portano ai vari siti: il SEO, come Benedetto Motisi, è impegnato a collegare la domanda dell’utente (query) con la risposta delle aziende attraverso il campo dei motori di ricerca.

Infatti, quando lanciate una query, Google vi restituisce immediatamente una SERP (Search Engine Result Page, pagina dei risultati con la ricerca): i risultati non vengono mostrati in ordine casuale, ma rispondono allo specifico algoritmo – sempre in evoluzione tra l’altro. Il SEO (poi si divide in diverse posizioni in realtà, tra cui SEO mobileSEO off-site e molti altri) deve quindi trovare equilibrio tra la query e la risposta offerta dal portale per cui il SEO lavora e sempre ricordarsi che il posizionamento è un mezzo, non l’obiettivo finale.

Data Scientist

DATA SCIENTIST, l’alchimista delle informazioni

Il Data Scientist è colui che, partendo da un obiettivo preciso, articola scienza, creatività, senso pratico e intuizione per giungere a una soluzione. Come? Attraverso i Big Data, quei dati che ogni giorno produciamo e lasciamo sui social network, e non solo, e che sono variegati, spesso incompleti e non sempre si parlano tra loro.

Come spiega Marco Magnaghi, il Data Xcientist è una figura che crea un collegamento trasversale rispetto a tutti i dati che vengono raccolti ed elaborati dai vari professionisti digitali: parte da problemi non risolti, risponde a domande complesse, sceglie i dati da utilizzare in completa autonomia. Deve essere anche un creativo e un artista, in grado di raccontare una storia sulle proprie scoperte, rappresentarle visivamente ed essere in grado di venderle al meglio. È un po’ hacker, un po’ artista, un po’ secchione.

 

Queste sono solo alcune delle professioni che si destreggiano nel mondo del digitale. Ce ne sono anche altre, magari a livello più manageriale come il CIO (Chief Innovation Officer), anche chiamato CTO (Chief Technology Officer) e molti altri. Per saperne di più vi consiglio di leggere il libro (lo trovate anche su Amazon), che vi darà anche ottimi consigli per la formazione e la cassetta degli attrezzi di ogni professione citata.

Oppure, appuntamento dal 19 al 21 Ottobre al Talent Garden Milano Calabiana: se volete partecipare fisicamente e non avete ancora il biglietto, approfittate dello sconto del 30% riservato ai nostri lettori: vi basterà cliccare qui e ne avrete accesso. Altrimenti, seguiteci sui nostri social per il live twitting, @ThisMLife e @mktrsclub, all’hashtag #SMDAYIT!

Essere in salvo è un rischio, correre il rischio è mettersi in salvo

Seth Godin

Giada Carlassara

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