
Growth hacking: è o non è l’ennesimo termine del lessico marketing dall’oscuro significato? Se è così e siete alla ricerca di guide che siano in grado di aiutarvi, oggi ci proponiamo di chiarirvi le idee una volta per tutte. Volete diventare il prossimo growth hacker, o “pirata della crescita”, e spianare la strada a una start up incrementandone il tasso di conversione? Noi vi mandiamo a lezione da un vero pirata: MailUp ha assoldato Raffaele Gaito per un video-corso interamente dedicato al growth hacking.
Quale migliore occasione per diventare il prossimo Barbanera?
Facciamo un po’ di chiarezza: cosa vuol dire growth hacking
Il growth hacking è un processo e un approccio di continua sperimentazione che si focalizza sul prodotto e sui canali di marketing, soprattutto quelli più innovativi e meno ortodossi, con lo scopo di far crescere un business. Hacking in questo caso non ha necessariamente una valenza negativa, ma si lega al concetto di “attacco” inteso come un’azione rapida e impetuosa interamente indirizzata alla crescita (growth).
Identikit del buon growth hacker
Detto così si potrebbe immaginare ogni “hacker della crescita” come un professionista impulsivo che sperimenta tecniche e canali a caso. Niente di più falso: il growth hacker non può essere tale senza un piano calcolato e la costante supervisione di tutte le reazioni alle operazioni di growth hacking. Il growth hacker è diventato il professionista di punta per tutte le start up e PMI dalle grandi speranze e dalle tasche vuote: stratega proattivo, votato alla sperimentazione, profondo conoscitore di piattaforme e nuovi canali di comunicazione; può ottenere grandi risultati con pochi fondi e in tempi brevi. Ma c’è un però: si fa presto a dire sperimentare, ma come funziona questa sperimentazione “controllata”? Come ottenere il massimo obiettivo, ovvero una crescita esponenziale, con pochi mezzi e con un budget rasoterra? Perché, giova ricordarlo, il focus di un growth hacker rimane sempre e comunque la crescita.
Come si fa a crescere secondo gli “hacker della crescita”
Esiste una formula di growth hacking che funziona sempre? Certo che no. Ogni business è diverso e i canali e le strategie di crescita che innescano tassi di conversione interessanti non sono sempre uguali. La parola d’ordine, infatti, è sperimentare sperimentare sperimentare. Ma non basta e il buon growth hacker lo sa bene perché mindset e modus operandi si basano su tre step fondamentali: learn, grow, repeat.
Vediamo meglio come funziona.
1. Learn
Il primo passo è quello dell’apprendimento: l’acquisizione proattiva di informazioni è essenziale per comprendere i bisogni del mercato. E come si possono ottenere i dati utili a guidare l’azione di marketing?
- Mettere alla prova l’oggetto del proprio business
Insomma, “darlo in pasto agli squali” usando una metafora piratesca. Farlo conoscere, far sì che potenziali acquirenti vengano a contatto e comincino a conoscerlo e farlo proprio.
- Get a feedback
Raccogliere tutti i pareri, opinioni, critiche, suggerimenti che possono arrivare dal pubblico, ovvero dal mercato. Ogni informazione acquisita in questa fase possiede un grandissimo valore e l’azienda deve saper cogliere l’occasione per capire come procedere oltre.
- Migliorare sempre
Dati e informazioni acquisite devono diventare lo stimolo per rendere il prodotto o servizio sempre migliore, in una continua evoluzione in cui l’azienda sia in grado di trasformare le informazioni in valore tangibile per il business.
2. Grow
L’evoluzione del prodotto va di pari passo con la definizione di una nicchia di mercato ben precisa, evitando facili ragionamenti sullo stile “tutto fa brodo”. Il pressappochismo non rientra nel codice di comportamento di ogni growth hacker che si rispetti.
- “A me gli occhi!”
OK le informazioni, OK i feedback e il continuo miglioramento, ma la fase dell’apprendimento non può rimanere un vuoto esercizio di stile. Bisogna dare al pubblico qualcosa di cui parlare sì, ma anche qualche valore positivo che ne mantenga alta l’attenzione e che provochi engagement. Una volta ottenuta la considerazione desiderata, è necessario che diventi sempre più positiva e che spinga il mercato a “ritornare”.
- È ora di monetizzare
È il momento di vedere se la prima fase è stata efficace o meno: il pubblico veramente interessato sarà anche interessato ad acquistare un prodotto che ritiene di valore, soprattutto se ha l’ha provato.
- To share is to care
Piaciuto? Bene, allora perché non condividere? Il processo che ogni brand arrivato a questo punto deve sperare di attivare è la condivisione, il passaparola. Ogni acquirente soddisfatto è un potenziale brand ambassador.
3. Repeat
Repetita iuvant: la parte più importante. Continuare a migliorare: riprendere dall’inizio e ripetere.
Insomma, tutto molto bello, ma esistono esempi tangibili dell’efficacia del growth hacking? Certo, e molti sono palesemente sotto i nostri occhi: Dropbox, Hotmail, Instagram, Airbnb sono solo alcuni dei casi in cui il growth hacking è stato fatto a dovere.
Arrr! Growth hacker si diventa
Il mantra del buon growth hacker consiste nel conoscere il proprio territorio di azione, sperimentare una strategia per far crescere il business e acquisire clienti; infine, ripetere da capo migliorando.
Il focus in ogni caso rimane la crescita ed è per questo che il growth hacking ben si sposa con realtà economiche piccole, ma agguerrite, che hanno poco da perdere e tutto da guadagnare: le start up sono solitamente quelle che più di altre realtà economiche possono massimizzare simili tattiche di crescita. Inventiva, ricerca di soluzioni anti-convenzionali e piccoli budget sono tutto ciò di cui un’azienda ha bisogno per cominciare a crescere.
E voi siete pronti a crescere?
Se sì, potete cominciare con il piede giusto grazie alla Video Academy Growth Hacking: sperimentare per crescere realizzata da MailUp in collaborazione con Raffaele Gaito. Vi basta compilare il form e i video completi verranno inviati direttamente alla vostra casella di posta ogni due giorni: Clicca qui!
All’arrembaggio!
Articolo in collaborazione con MailUp.