
Viviamo nel mondo della trasformazione digitale, dove si fa sempre più business in maniera sempre meno analogica e dove chi non occupa un suo posto nel web è destinato a non crescere mai – se non a fallire miseramente. Ma quando le cose non stavano ancora così, quando puntare su internet era – secondo molti – poco saggio, come si faceva a far fruttare una propria idea nel mondo digital?
Il 26 agosto 2005 il mondo tech aveva un volto molto diverso da quello che conosciamo, e così anche le opportunità che offriva: per esempio, Apple aveva da poco lanciato Mac OS X Tiger, battendo di più di un anno Microsoft e il suo Windows Vista, due sistemi operativi che oggi sembrano semplicemente risalenti al giurassico; YouTube era stato fondato circa sei mesi prima ed era ancora – ovviamente – acerbo; il concetto stesso di internet mobile doveva ancora essere anche solo ipotizzato; tutto su internet era prevalentemente testuale, c’era ben poco di multimediale. Eppure, era l’epoca d’oro per investire a basso costo con buone probabilità di far centro, soprattutto se si aveva un’idea talmente semplice da risultare geniale.
L’idea
C’era una volta, in quell’internet molto lontano, Alex Tew, un ventenne aspirante studente universitario che voleva migliorare le sue condizioni economiche, le quali erano già piuttosto umili e lo sarebbero diventate ancor di più con l’inizio del college. Così, in una sessione notturna di brainstorming si concentrò su un’unica domanda: come posso diventare milionario?
Venti minuti dopo aveva già una risposta, una di quelle che stanno sul filo tra il banale e il geniale, una di quelle che o non vedono nemmeno la luce oppure crescono esponenzialmente con una volontà quasi propria. Un sito che fosse uno spazio pubblicitario nel vero senso della parola, consistente in un milione di pixel bianchi, acquistabili a un solo dollaro l’uno: in questa homepage i compratori potevano inserire i loro loghi o banner, a cui allegare il referral per il loro sito, di modo che il visitatore potesse raggiungerlo agevolmente – più pixel hai, più visibilità avrai. L’unica spesa di partenza per Alex furono cinquanta sterline per dominio e hosting. Detto, fatto: il 26 agosto 2005 Alex era online.
Come una valanga
Una volta online, Alex raccolse i primi mille dollari grazie agli acquisti di amici e parenti, soldi subito reinvestiti in ciò che ha generato la valanga: l’attenzione mediatica, in particolare la menzione del fenomeno da parte della BBC, che aveva ricevuto il comunicato stampa di Alex. A ciò è seguito il primo aumento di traffico sul sito e, di conseguenza, i primi nuovi clienti; con l’aumento dei clienti è cresciuto l’hype attorno alla novità del momento, portando così ulteriori nuovi clienti e, soprattutto, i curiosi – ovvero il target di chi aveva comprato i pixel della pagina di Alex. Semplicemente, una valanga che più scende, più si ingrandisce.
Sold out!
Le vendite quindi continuarono fino a quando non rimasero gli ultimi mille pixels, per cui la domanda era ovviamente eccessiva rispetto alla disponibilità. Quindi, l’1 gennaio 2006 Alex annunciò che li avrebbe messi all’asta su eBay, intrecciando la sua storia con quella di una delle compagnie dot.com che avevano visto un lieto fine nonostante la scoppio della bolla speculativa: era la cosa più giusta da fare per evitare di aprire una seconda pagina web, facendo così perdere il valore simbolico e la sensazione premium alla sua creazione – infatti le imitazioni già fioccavano, anche in Italia, ma non avevano avuto il benché minimo successo.
Il 10 gennaio 2006 si chiuse l’asta, con 99 offerte ufficiali e un’offerta vincitrice pari a $38.100. Sì, avete capito bene, $38.100 per un migliaio di pixel in una giungla di altri banner pubblicitari. Eppure pare che buona parte degli acquirenti di Alex (tra cui colossi come il Times e Yahoo!) fossero rimasti soddisfatti dall’incremento di traffico nei loro siti, ragione per cui tutte le parti in gioco ne trassero vantaggio. Fra tutte, l’aspirante studente squattrinato Alex Tew: con un ricavo totale di $1.037.100 in cinque mesi, ha dichiarato che – togliendo costi, tasse e una parte per la beneficienza – avrebbe concluso con un guadagno intorno ai $700.000. Il college era più che pagato, a questo punto.
Un’opera d’arte nella storia del web
E oggi? Da poco l’Università di Harvard si è interessata del fenomeno nell’ambito del suo progetto Perma.cc, scoprendo che la Million Dollar Homepage è oggi essenzialmente un artefatto digitale in decadimento: solo 1.780 link su 2.816 rimandano al sito che ha originariamente comprato quei pixel, mentre i restanti 1.036 portano a errori 404 o a pagine diverse da quella indicata. Se oggi si va sul sito creato da Alex Tew, oltre a rivivere l’estetica in voga in quell’internet acerbo, si può fare ben poco, visto che nel sito stesso nessuna sezione diversa dalla homepage funziona.
Sostanzialmente, cliccando su milliondollarhomepage.com si viene catapultati nel periodo 2005-2006, rivivendo un angolo importante di quell’internet così lontano. Nulla di strano, a dirla tutta, dato che Alex ha dichiarato in un’intervista alla BBC:
One of my original aims was to create a piece of internet art that reflects what’s current on the internet and what’s possible, because I’ve made a million from that image. I want to create an internet capsule to keep for years.
E allora fortunati i possessori di anche solo un quadratino: magari non è stato un investimento così fruttuoso in termini di denaro, ma quanti si possono vantare di possedere un pezzo – un pezzo in termini spaziali – della storia di internet?