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Pubblicità ingannevole e filtri: il confine tra lecito ed illecito

La pubblicità ad oggi fa decisamente parte delle nostre vite, essendo presente in numerosi ambiti e in diverse forme. Interagendo col mondo esterno entriamo in contatto quasi ‘di conseguenza’ anche con il mondo pubblicitario, come spettatori, lettori, utenti, etc. La realtà pubblicitaria è regolata da una serie di norme che però, in alcuni casi, non vengono rispettate: in alcune di queste situazioni, la pubblicità viene definita come ingannevole, esaltando cioè qualità che il prodotto non possiede e influenzando il consumatore.

 

Qualche esempio di pubblicità ingannevole 

Le aziende che hanno riscontrato questo tipo di problema sono moltissime e non si limitano ad esempio a prodotti dimagranti o integratori che promettono risultati significativi in tempi brevissimi (come ImmunAge, Collanol, Detonic e altri già censurati dallo IAP).

Tra queste troviamo anche colossi come Apple: recentemente l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM – Autorita’ Garante della Concorrenza e del Mercato) ha sanzionato per 10 milioni di euro le società Apple Distribution International e Apple Italia per la diffusione di messaggi promozionali di diversi modelli di iPhone.
In alcune pubblicità, infatti, veniva esaltata la resistenza all’acqua del prodotto, omettendo però che questa proprietà fosse riscontrabile solo in presenza di determinate condizioni, come specifici e controllati test di laboratorio con utilizzo di acqua statica e pura, e non nelle normali condizioni d’uso dei dispositivi da parte dei consumatori.

 

La pubblicità ingannevole nel settore farmaceutico

 

Sono numerosissimi i processi avviati contro alcuni prodotti (mascherine, farmaci, integratori, gel antibatterici etc) che promettevano di proteggere il consumatore dal Covid-19. Tali pubblicità sono state censurate in quanto facevano leva sulla sensibilità di un consumatore che in quel momento, a causa della situazione d’emergenza, risultava estremamente sensibile da un punto di vista emotivo. 

Un’altra azienda che da anni ormai è coinvolta in processi di accusa per pubblicità ingannevole è Johnson & Johnson, società multinazionale statunitense che produce farmaci, apparecchiature mediche e prodotti per la cura personale e l’automedicazione. L’azienda è stata accusata di aver adottato tecniche di marketing aggressive e ingannevoli per vendere potenti antidolorifici che composti con un’altissima percentuale di oppioidi, che hanno causato gravi dipendenze ai consumatori ignari degli effetti collaterali.

 

Pubblicità, filtri ed influencer 

 

Le piattaforme social sono divenute col tempo campi minati da inserzioni, spot pubblicitari, ma sono soprattutto trampolino di lancio per i vari influencer. Nel Regno Unito l’Asa (Home – ASA | CAP), ossia l’organizzazione che si occupa di regolamentare il settore pubblicitario, ha vietato l’utilizzo dei filtri da parte degli influencer per sponsorizzare prodotti di cosmetica.

Tale decisione può sembrare limitante, ma è volta a ridurre al minimo la manipolazione estetica che un filtro, anche se dichiarato, può recare alla trasparenza e all’affidabilità del prodotto sponsorizzato.

In Italia non vi è ancora una legge analoga, ma la pubblicità è comunque tutelata da una Regolamentazione della pubblicità ingannevole, esercitata dall’Antitrust, cioè un’autorità indipendente volta a difendere il diritto alla libera concorrenza e il diritto dei consumatori.
Dunque, nel caso in cui un consumatore italiano si imbattesse in un prodotto non conforme all’inserzione, ha la possibilità di compilare gratuitamente il modulo presente sul sito dello IAP (Istituto dell’autodisciplina pubblicitaria), che esaminando il caso, potrà richiedere all’inserzionista di modificare o rimuovere l’annuncio.

 

Anche meno filtri, grazie!

La decisione assunta dal Regno Unito verte anche a normalizzare ciò che i filtri hanno limitato: vedere gli effetti di un prodotto di cosmetica applicato sulla pelle perfetta di un’influencer che utilizza un filtro, oltre che ad amplificare l’effetto finale del prodotto in questione, disumanizza le imperfezioni tipiche e naturali di qualsiasi volto. Non a caso, negli ultimi mesi sono stati numerosi gli interventi da parte degli influencer volti a limitare l’utilizzo dei filtri, in quanto mostrano una realtà manipolata e artefatta, capace di condizionare la percezione degli utenti e di creare non pochi disagi fisici.

La pubblicità ingannevole purtroppo non si limita all’online,ma può essere presente anche in altre piattaforme quali televisione, riviste, radio etc. Indipendentemente dalla discutibilità delle leggi adottate tra i vari Paesi, è opportuno che il consumatore venga costantemente tutelato, non solo in un periodo particolare come questo.

Giulia Contini

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