
Avete mai avuto l’impressione che sul vostro smartphone, appaiano pubblicità inerenti a cose di cui avete parlato a voce senza averle cercato sui motori di ricerca?
Magari non lo sapete ma una delle teorie che che divide nettamente il web, negli ultimi anni, riguarda il fatto che i cellulari ci ascoltino passivamente per fini commerciali.
Ma andiamo con ordine
Questa fazione della disputa ritiene che i nostri device siano costantemente in ascolto silenzioso in quanto molte app che installiamo richiedono l’accesso all’uso del microfono, il tutto per raccogliere e vendere a terze parti a fini pubblicitari. Stessa logica riguarderebbe app e strumenti come gli assistenti domestici in costante ascolto per rilevare la parola di comando per accendersi. Questo ascolto passivo sarebbe incentrato solo su parole chiave e non le frasi intere, queste una volta captate e rielaborate finirebbero sui nostri social e altro come adv targettizzato, come avverrebbe normalmente quando cerchiamo qualcosa e subiamo il remarketing.
Tuttavia lo schieramento opposto sostiene che è più una leggenda metropolitana e le quantità di dati che sarebbero da elaborare per ascolti passivi di miliardi di persone ogni ora che va oltre ogni concezione di data server, oltre al fatto che nei test ufficiali per provare questo fenomeno non si è mai trovata una prova concreta di questo ascolto. Sostanzialmente la pubblicità che pensiamo sia stata mirata a noi è solo frutto di raccolta dati riguardo le nostre ricerche e movimenti unita a complesse previsioni di interessi.
Leggenda metropolitana o effettivamente c’è un fondo di verità?
La realtà delle cose come spesso accade è difficile da caratterizzare in un semplice Sì o un NO ma si dovrebbero vedere i vari aspetti della situazione in esame.
Per esempio per quanto riguarda gli assistenti vocali domestici o nello smartphone, una volta che verranno attivati con il comando, tutto ciò che verrà richiesto verrà profilato come possibile interesse e riconvertito in pubblicità, niente di più di come quando facciamo una ricerca digitando sulla tastiera all’interno del web. Questo caso si può definire come un ascolto attivo in quanto siamo noi ad attivare il device in quel momento in standby, infatti se chiedo le date di uscita di un determinato album per esempio è facile che mi possa trovare, tramite remarketing, una sponsorizzata di quel determinato prodotto.
Una piccola raccolta, si parla dello 0.2% di porzione di conversazione audio fatta dopo il comando di attivazione, viene salvata e analizzata a fine di migliorare il servizio o utilizzando le trascrizioni generate dal computer. Questa pratica si chiama grading e viene dichiaratamente esplicitata sui termini ed uso e solo per fini di miglioramento della performance stessa e nona fini pubblicitari.
Diversa la questione nel caso se quella sponsorizzata fosse stata creata quando il device con annesso assistente vocale è in modalità spenta o che semplicemente il nostro telefono ci abbia “spiato”. In questo caso, contrastando il pensiero comune di molte persone che è certa, non esiste al momento una prova concreta che questo fenomeno avvenga. Infatti le prove in laboratorio o su larga scala hanno sempre dato esito negativo a questa teoria o comunque non sono mai riuscite a confermare nulla, come il test della Northeastern University di Boston condotto su quasi 20 mila device android non hanno mai provato nulla di questa teoria.
Tuttavia il fatto di trovare una determinata pubblicità pensando di non averla cercata direttamenta potrebbe essere spiegata dai modelli di incrocio dei dati raccolti dal nostro comportamento sul web. Ognuno di noi è consapevole che ciò che digitiamo cerchiamo guardiamo che sia sul web o sui social viene raccolto catalogato e rielaborato al fine di dare un idea precisa a chi vende pubblicità su un determinato e possibile interesse e quindi andare a “colpire” la persona con un adv ad hoc.
Tutti questi strumenti dai cookies fino ai pixel di tracciamento per seguire gli interessi anche al di fuori dei social, e molti altri permettono di creare una sorta di alter ego digitale finalizzato a scopi commerciali che poi vi seguirà come pubblicità dai siti web fino ai social. Quindi inconsciamente magari abbiamo guardato dei siti o delle foto di un determinato argomento in maniera del tutto casuale e poi giorni dopo parlarne con un nostro conoscente, questa maniera potremmo trovarci una sponsorizzata ma senza una ricerca diretta fatta da noi.
Non solo Smartphone ma anche tracciamento IP
Segnaliamo inoltre che nella tesi del tracciamento si inserisce L’ IP targeting, che permette di mostrare i la propria pubblicità o newsletter solo alla persona o ad un gruppo di persone che sta utilizzando un determinato indirizzo IP. Generalmente sia per limiti tecnici che per limiti di privacy il tracciamento non avviene su singolo IP,ma su di un intervallo di IP.
Con questa pratica i vantaggi sono molteplici infatti nelle agenzie e aziende B2B si potrebbero far vedere le proprie pubblicità a tutti quelli che lavorano dentro un’azienda target. Oppure un negozio o un ristorante potrebbero targettizzate tutti i consumatori che si collegano al Wi-Fi di un negozio o attività concorrente; sostanzialmente potremmo trovarci nella pubblicità senza averla cercata ma solo perché tracciati, a fini commerciali, da un’agenzia tramite il Wi-Fi.
Certamente non sarà questo articolo a porre fine a questa diatriba ma spesso l’uso nel quotidiano e ormai la nostra abitudine ad essere bombardati da informazioni e pubblicità ci potrebbe creare delle paranoie inutili che sembra non abbiano motivo di esistere, nel caso si voglia essere sicuri e non si è convinti basterà semplicemente spegnere e disabilitare le autorizzazioni del microfono per l’applicazione del nostro device.