
“Posso pagare con la carta?” Inversione dei ruoli e crollo di ogni certezza: il cliente passa dall’avere sempre ragione all’avere sempre torto. Come osa? Da che pianeta arriva? Una riflessione sul perché la smaterializzazione del denaro vada ben oltre una questione di praticità.
Il denaro è affascinante. Che lo si consideri un fine o un mezzo, va riconosciuta la sua straordinaria efficacia da millenni nel garantire valori fissi e precisi nelle transazioni, grandi e piccole, che le persone di tutte le civiltà hanno compiuto nel loro quotidiano. L’evoluzione del denaro ha seguito i grandi cambiamenti economici della Storia:
- dai salari, nome con cui veniva chiamata la retribuzione dei soldati dell’antica Roma, pagati appunto in sale, si è passati agli stipendi;
- dalle monete tagliate per frazionarne il valore reale, si è passati ai diversi tagli di valore nominale.
La numismatica è una scienza che, a partire dal denaro, spiega molto di questi cambiamenti: dalla composizione dei metalli delle monete e dalle figure ritratte su dritto e rovescio di monete e banconote si ricavano preziose informazioni sulla situazione politica, economica e sociale dello Stato che le stampava. Inoltre, una straordinaria caratteristica del denaro che teniamo in tasca è quella di cambiare valore quotidianamente in relazione agli equilibri monetari mondiali: da qui derivano fenomeni come il boom dell’ecommerce dall’Europa al Regno Unito, in seguito all’allineamento tra Euro e Sterlina post-Brexit, o la spaventosa crisi e relativa inflazione che sta martoriando il Venezuela.
Un primato tutto italiano è la sostanziale invenzione del credito come lo conosciamo oggi: nascono infatti in Toscana nel XIV secolo le banche, grande fonte di ricchezza per le città-stato dell’epoca. Nell’età contemporanea poi, il denaro, come molti degli strumenti di cui facciamo quotidianamente uso, ha compiuto il prodigioso passaggio dalla tasca al server, smaterializzandosi per rendersi sempre disponibile con un click.
Spariscono i soldi: nasce la carta di credito
La carta di credito nasce negli Stati Uniti degli anni Cinquanta: usata per pagare al ristorante (da qui il nome del circuito Diners), si è evoluta a mano a mano per tecnologia e servizi offerti. Il suo funzionamento è passato da via banda magnetica a via microchip, e l’interconnessione tra i circuiti di pagamento ha reso possibile l’utilizzo delle carte in qualsiasi parte del mondo, oltre naturalmente che su internet, seguendo le abitudini di acquisto dei clienti.
Eccoci dunque al giorno d’oggi: forse non è così evidente che ci troviamo in un crocevia per quanto riguarda l’equilibrio tra denaro contante ed elettronico, e che sono le nostre abitudini di uso del denaro oggi ad influenzare il modo in cui si compiranno tutte le transazioni del futuro.
Immagine NON tratta dal portafoglio dell’autore.
Un po’ di dati: solo in Europa le carte sono più di 510 milioni, per un totale di 1500 miliardi di Euro processati attraverso 37 miliardi di operazioni. Spostando la lente sull’Italia, si notano più di 30 milioni di carte per un volume di spesa di oltre 45 miliardi di Euro, divisi in 38 miliardi di Euro transati attraverso POS (point of sale), e 7 attraverso ecommerce.
Sicuramente la moneta elettronica in Italia trova molto successo presso i clienti, 7 su 10 dei quali preferiscono il pagamento via carta al contante, ma basta viaggiare un po’ anche nel solo resto d’Europa per capire che nel Belpaese persiste una forte frattura tra le esigenze della clientela e la disponibilità degli esercenti.
L’Italia, Paese del POS dormiente
Quanto è bello pagarsi anche una singola birra con la carta? La comodità di non dover trafficare con banconote e monete per dividere il conto, cercare bancomat per prelevare, cambiare valuta oltre confine? Ecco, in Italia questa comodità non è ancora percepita come importante da molti negozi, ristoranti e bar: quante volte è successo di non avere disponibilità di contante al momento di pagare una somma non particolarmente grande, e provare a chiedere di poter pagare via carta? La reazione dell’esercente varia dal fastidio allo sconcerto, e passa dall’interrogatorio al cliente (ma davvero non hai contanti?), a un fantomatico guasto del POS, fino anche all’invito al cliente ad andare a prelevare a uno sportello bancomat. Insomma, il cliente ideale dovrebbe essere come Paperon de’ Paperoni, così affezionato al contante da farci quotidianamente il bagno.
L’autore vanta un’ampia casistica di questi episodi. Il primo pensiero, più o meno azzeccato e dettato dall’italica malafede, è l’inevitabile “Ecco, i soliti evasori!”, seguito dal più indulgente “In Italia siamo sempre gli ultimi”. Sebbene queste siano delle generalizzazioni, un fondo di verità c’è: se da un lato è vero che molti commercianti non hanno intenzione di utilizzare il POS perché ciò implicherebbe spesso battere il primo scontrino della giornata (o della settimana…), dall’altro, nella maggior parte dei casi, è il digital divide a causare questa ritrosia.
Facciamo però un passo indietro: nel gennaio del 2012, il governo tecnico Monti introdusse un tetto nei pagamenti in contanti a 1.000€, proprio come misura per combattere la strisciante evasione fiscale che storicamente attanaglia il nostro Paese. Il tetto fu poi inspiegabilmente innalzato dal governo Renzi con l’ultima legge di stabilità (ndr. finanziaria) del 2016 a 3.000€, sebbene accompagnato da un abbattimento delle commissioni fisse nell’uso della moneta elettronica per gli esercenti, dal 2014 obbligati a garantire il pagamento via POS per gli importi superiori ai 30€.
È proprio qui il problema: l’adeguamento a queste nuove facilitazioni da parte di tutti gli esercenti tarda ad arrivare, abituati come sono a vedere nel POS una specie di demonio mangiatore di soldi, a causa dei costi che finora hanno dovuto sostenere per utilizzare il dispositivo. Si parla di 2.000€ in media l’anno tra canoni e installazione, più commissioni fisse e variabili fino al 2-3% sulla singola transazione: assolutamente sconveniente.
È vero che un’inversione di tendenza si vede, visto che nel 2014 si è riscontrato un aumento del 20% dei POS in circolazione, grazie anche all’allineamento delle percentuali di commissioni allo standard europeo dello 0,2-0,3%, ma siamo ancora ben lontani dal poter muoverci cashless.
L’Europa Meridionale guida l’innovazione
C’è però un dato particolarmente interessante che riguarda le forme più innovative di pagamento, le cosiddette contactless: l’Europa è molto più avanti del Nordamerica con 2 milioni di punti di accesso, un quarto dei quali localizzati in Italia, Spagna e Portogallo, proprio i Paesi dove i pagamenti elettronici “tradizionali” sembrano più arrancare. Insomma, i clienti mediterranei sembrano amare molto le tecnologie più innovative a disposizione quando si tratta di spendere.
Quali sono ad oggi i principali sistemi digitali di pagamento che più si distinguono per praticità e sicurezza?
- PayPass: sfruttando la grande diffusione del circuito Mastercard, è il sistema contactless più in uso al momento.
- PayPal: fondata nel 1998 (tra i fondatori Elon Musk, anche qui) il precursore del pagamento innovativo ha permesso di pagare qualsiasi acquisto online in grande sicurezza appoggiandosi direttamente al conto corrente. È attualmente il sistema più usato per gli acquisti sul web.
- Apple Pay: lanciato nel 2014, il sistema di pagamento con licenza proprietaria della mela digitalizza e sostituisce il chip della carta di credito e il suo codice PIN nei POS. È del tutto simile ad altri sistemi concorrenti quali Android Pay, Samsung Pay e Microsoft Wallet, usciti tra il 2014 e il 2016.
- Hype: sviluppata dall’italiana Banca Sella, è scissa dal conto corrente e abbina la tecnologia contactless della carta fisica a una facilissima gestione via app, attraverso la quale si può inviare denaro ai propri contatti della rubrica.
- Satispay: questa startup italiana ha sviluppato un’app di grande facilità d’uso che, sfruttando le bassissime commissioni e la rubrica telefonica, permette di compiere pagamenti rapidi e senza bisogno di consultare home banking o sportelli.
Come si può vedere dunque, gli strumenti attuali e in via di sviluppo per pagare (quasi) in tutta serenità esistono. Oltre alla praticità, però, è importante portare avanti l’evoluzione verso la digitalizzazione soprattutto per una questione etica. Certo, è sempre una discussione aperta parlare di etica in relazione al denaro (“Money, so they say, is the root of all evil today” cantavano i Pink Floyd), ma è provato che la moneta elettronica sia un antidoto efficace a frode ed evasione fiscale. In un Paese come l’Italia dove spesso sembra più un diritto evadere le tasse che un dovere pagarle, abbinare convenienza con sicurezza e legalità è un segno di grande civiltà.