
Da sempre YouTube è stata una delle piattaforme più usate per connettere musicisti, artisti e fan di tutto il mondo. Però “YouTube era fatto per guardare, non ascoltare”, quindi la compagnia di San Bruno ha deciso di provare a prendersi una fetta del mercato dello streaming musicale, lanciando YouTube Music in alcuni Paesi lo scorso 22 maggio (in Italia è approdato il 18 giugno). Sebbene il mercato sia in crescita, anche per una compagnia come YouTube non sarà facile spodestare Spotify e Apple Music.
Che YouTube potesse contare su una sterminata offerta di contenuto musicale, seppure in formato video, era tutt’altro che un mistero. Se si pensa ai numeri dei video musicali delle canzoni più di successo del palcoscenico vengono in mente i 5 miliardi di visualizzazioni del video di Despacito, che insieme ad una manciata di altre canzoni riesce a vantare un numero di visualizzazioni superiore al miliardo.
Per questo, e vista anche la filosofia sempre ambiziosa e talvolta aggressiva di YouTube, che si è addirittura posta l’obiettivo di diventare la TV del futuro, non suona come una sorpresa la decisione di entrare nel mercato del music streaming, annunciata lo scorso 16 maggio con un post sul proprio blog ufficiale: la sfida dell’azienda di San Bruno è quella di convertire “il miliardo di appassionati di musica che ogni mese popolano YouTube” in utenti di YouTube Music, un’applicazione che include milioni di versioni originali di canzoni e decine di migliaia di playlist, oltre ai consueti video ufficiali.
Nonostante la posizione di partenza di YouTube sia innegabilmente favorevole, è comunque una sfida complicata poter rivaleggiare con dei competitor affermati del calibro di Spotify (75 milioni di utenti Premium, 170 milioni di utenti mensili), Apple Music (30 milioni di utenti paganti) e SoundCloud (175 milioni di utenti mensili), oltre ad altre piattaforme di rilievo quali Deezer, Pandora e Napster (rispettivamente 6.9, 5.2 e 4.5 milioni di user base per i piani a pagamento, secondo Statista). Sarà interessante capire come l’entrata sul mercato di YouTube Music impatterà sull’evoluzione dell’industria musicale, di per se mutevole e che si sta spostando sempre di più verso un utilizzo tramite streaming, mercato in rapida diffusione e crescita sostenuta.
Il contesto competitivo del mercato della musica in streaming
Al giorno d’oggi sentir parlare di streaming musicale senza menzionare Spotify è impossibile: l’azienda svedese lanciata nel 2008 e recentemente quotata in borsa è senza dubbio il leader di riferimento del mercato, potendo contare su una user base vastissima e che difficilmente farà marcia indietro per salire sul carro di YouTube. La customer experience di Spotify è infatti collaudatissima e basata su un circolo virtuoso che ruota intorno alla personalizzazione dell’UX: più l’utente ascolta, più Spotify impara i suoi gusti, migliorando le raccomandazioni e fornendo una UX altamente customizzata, cosa che contribuisce a fidelizzare l’ampia utenza della compagnia svedese. Ciononostante, rimangono numerose perplessità sul business model di Spotify, che sta operando in perdita per il semplice fatto che all’aumentare dei ricavi aumenta anche la sua principale voce di costo, i diritti d’autore da pagare tanto agli artisti quanto alle case discografiche.
Altro paio di maniche rappresenta invece Apple Music: con il supporto del colosso di Cupertino, la piattaforma di streaming musicale della mela può permettersi di operare in perdita, specialmente se si considera che non si tratta tanto di un core business di Apple quanto di un complemento pensato più per aumentare le vendite di smartphone che per competere realmente con Spotify. In ogni caso Apple Music può contare su ben 30 milioni di utenti paganti ed è la realtà che cresce in maniera più intensa nel mercato più grande del mondo, quello statunitense, dove è stimato che questa estate sorpasserà Spotify.
Diversa la situazione di SoundCloud, che ha navigato in acque piuttosto mosse per tutto il 2017, anno in cui la compagnia è stata costretta a tagliare il 40% della sua forza lavoro e chiudere i suoi uffici a San Francisco e Londra per problemi economici. Circa nove mesi fa, però, SoundCloud è stata acquisita da The Raine Group e Temasek con un investimento di 170 milioni di dollari. Con la ri-capitalizzazione, la compagnia si è concentrata più sul rappresentare gli artisti, fornendo servizi utili ed aiutandoli ad emergere. Con leggero ottimismo per il futuro, SoundCloud è tuttora la piattaforma di riferimento per gli amanti della musica indipendente e che vogliono essere i primi a conoscere musica davvero nuova.
YouTube Music – il posizionamento
Anche senza essere esplicitamente riconosciuto come tale, YouTube è de facto la piattaforma più diffusa per lo streaming musicale. Il tentativo fatto dalla compagnia è allora quello di sfruttare questa posizione privilegiata per inserirsi nel mercato dello streaming musicale Freemium, fornendo poche funzionalità nella versione gratuita dell’applicazione che avrebbero frustrato l’utente ed un forte advertising per portarlo a stipulare una sottoscrizione.
In termini di pricing, il posizionamento di YouTube è esattamente in linea con i prezzi di Spotify con abbonamenti individuali a 9.99$, gli stessi delle altre compagnie sul mercato.
YouTube Music e Spotify si somigliano molto anche in termini di design: ad applicazione aperta la schermata di navigazione è pressoché identica a quella di Spotify, e la somiglianza si nota sia nelle immagini che nei titoli delle playlist, grande punto di forza di Spotify e che hanno rivoluzionato il modo di approcciarsi alla musica, portandolo ad una fruizione fast anziché slow.
Oltre ad un catalogo illimitato, YouTube offre alcune funzionalità interessanti, specialmente per chi attiva la geolocalizzazione del dispositivo: se Google sa che ti trovi a casa, ti proporrà di ascoltare il genere musicale che ascolti quando sei a casa, creando una buona user experience, oltre a portarsi dietro gran parte delle funzionalità base di Spotify. YouTube Music si vanta anche di riuscire a scoprire le canzoni di cui l’utente non conosce il titolo, tramite la ricerca da descrizione e da testo, oltre ad essere l’unica soluzione che permette di passare da canzone a video in brevissimo tempo, senza dover cambiare applicazione.
Tuttavia, la versione gratis dell’applicazione risulta eccessivamente limitata, non permettendo addirittura l’ascolto musicale in background, lacuna che rende l’applicazione pressoché inutile, a meno che l’utente non sia disposto a tenere YouTube come unica applicazione attiva mentre ascolta la musica.
Valore per i brand
Se Spotify, il leader di mercato con oltre 159 milioni di utenti attivi, non è ancora riuscita ad operare in profitto in dieci anni, significa che il mercato dello streaming musicale è tutt’altro che semplice. Nel caso dell’azienda svedese il problema principale sono i costi marginali, che crescono al crescere del numero di riproduzioni sulla piattaforma, come evidente in questa chart ad opera di Statista.
I costi per le royalties e distribuzione rappresentano l’85% dei ricavi e a questo vanno aggiunti i costi del lavoro e la comunicazione. Spotify sta cercando di ovviare a questa situazione con un tentativo di massimizzazione dei ricavi da advertisement: con oltre 90 milioni di utenti che usano Spotify gratis, quindi nella versione con pubblicità, la piattaforma riesce ad ottenere ingenti quantità di dati sugli utenti, sfruttati nei formati di display, audio e video advertising, oltre alle famose “sponsored sessions” (questa sessione è stata sponsorizzata da) o Playlist Sponsorizzate. La nascita di Spotify for Brands, che avevamo commentato un po’ di tempo fa in questo pezzo, dimostra in questo senso un impegno importante dell’azienda svedese, che dovrà però probabilmente arricchire la versione free dell’applicazione per giustificare incrementi massivi di pubblicità.
YouTube entra forse troppo tardi in un mercato che è cresciuto del 60% YoY (Statista) nel 2017 e per questo sta per rilasciare la campagna più costosa della storia della piattaforma per sostenere YouTube Music. Quella di strappare utenti a Spotify sarà una battaglia sicuramente in salita per l’azienda di San Bruno, ma di YouTube Music interessa la capacità di collegamento tra video e canzone e la possibilità, a differenza dell’azienda svedese, di produrre contenuti originali. Secondo analisti di Goldman Sachs, l’ingresso nel mercato di YouTube oltre a rappresentare un serio concorrente agli attuali player, può continuare il trend di crescita del mercato dello streaming musicale e della radio supportata dalle pubblicità.
Anche nel caso di un insuccesso nel settore del music streaming, YouTube può utilizzare i dati raccolti dal nuovo business integrandoli a quelli riguardanti i video per produrre raccomandazioni di contenuto efficaci, ritenute di grande importanza specialmente in ambienti (come quello della musica) in cui il valore aggiunto della novità, della customizzazione e della scoperta, sono ritenuti di grande importanza.
A differenza di Spotify, YouTube non sembra interessarsi a sessioni di ascolto sponsorizzate, vista la già limitata funzionalità della versione gratuita del servizio. La scarsa enfasi sulle funzionalità base di YouTube Music sembra portare alla conclusione che l’azienda punti ad avere una user base quanto più possibile fatta di utenti paganti, che non saranno quindi sottoposti a pubblicità. La strategia di YouTube, a detta dell’head of Music Lyor Cohen, è di frustrare l’utente base con una quantità aumentata di pubblicità e scarsa utilità dell’applicazione free, e di sedurlo con i vantaggi del premium. Per il momento, sembra quindi che il focus della compagnia sia quello di portare quanti più utenti possibile a sottoscrivere piani a pagamento, per andare ad allargare ulteriormente i dati raccolti e produrre raccomandazioni ancora migliori, piuttosto che vendere spazi pubblicitari per la versione gratuita.
YouTube Music: fuoco di paglia o here to stay?
Per quanto visto finora, YouTube Music è un servizio che non convince completamente, e sembra piuttosto un sovrapprezzo che YouTube vuole far pagare ad alcuni dei suoi user per un servizio che in linea di massima erano in grado di usare finora gratis.
La potenzialità di un catalogo vastissimo e produzione di contenuti originali sono due punti di forza di indubbio valore, ma l’attuale interfaccia – ispirata senza troppi fronzoli (per non dire copiata) dalla rivale Spotify, danno l’idea di una trovata tutt’altro che originale e disruptive per il mercato attuale. Se YouTube vorrà essere una realtà solida nel music streaming e non dare l’idea di voler semplicemente battere cassa in un mercato in crescendo dovrà probabilmente rischiare qualcosa in più rispetto al servizio attuale, colpevole di non aggiungere niente alle attuali esperienze di ascolto disponibili sul mercato.