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Eventi

L’evoluzione della link building – Linkami Web Summit 2018

Link building

La link building è il nome dato alla gestione dei link su altri siti che puntano al nostro, col fine di ottimizzare le pagine e ottenere risultati importanti su nicchie competitive.

No, non è così semplice. Infatti, affinché Google favorisca certi collegamenti rispetto ad altri è importante che i link siano il più “naturali” possibile. Questi ultimi sono rinvii fatti dall’autore del post o della pagina e devono essere motivati da un genuino interesse dello stesso e non inseriti col fine, per esempio, di aumentare artificiosamente le visite della pagina web cui rimandano.

L’obiettivo della link building è proprio questo: fare in modo che i nostri link in entrata sembrino il più naturali possibile; tutto ciò, tuttavia, comporta dei rischi.

Link buoni e link cattivi

Esistono infatti cinque caratteristiche comuni dei link “malevoli”, che penalizzano dunque la nostra pagina nelle SERP, identificabili in corso di una SEO Audit, ovvero l’insieme degli step necessari per analizzare un sito web sia dal punto di vista strutturale che contenutistico:

  1. Prima di tutto va considerata l’accessibilità del link “tossico”. Google penalizza fortemente quei link che in realtà sono accessibili a chiunque, senza quella sorta di privilegio ed esclusività. Un esempio sono link facilmente acquistabili online: nella maggior parte dei casi provengono da fonti che hanno poca credibilità, e pertanto sono essi stessi penalizzati da Google;
  2. Dopodiché la riconoscibilità dei link, ovvero quelle condizioni nelle quali descrizioni, anchor text e contenuti sono così generalisti che difficilmente vengono premiati, tanto da Google quanto dall’utente (esempio: “tazza-per-colazione” è generalista, “tazza-grande-colorata-per-caffè-colazione” è un attributo più specifico e fa sì che Google premi il link).
  3. Il terzo rischio invece attiene alla replicabilità, quindi quanto facilmente sono replicabili un certo genere di portali e di siti web.
  4. Economicità, ovvero acquistare pacchetti di link infiniti ad un prezzo più che stracciato, dal valore scarso e poco monetizzabile.
  5. Infine la persistenza quando, come accadeva negli anni passati, diversi link presenti su pagine esterne, pur continuando a fruttare un ROI discreto, smettevano di essere redditivi a causa della cessione di tali pagine.

Link building ieri e oggi

Nel tempo, cosa è cambiato? In passato il modo di fare link building era diverso: venivano utilizzati in grandi quantità link con caratteristiche “mortali” senza il timore di essere penalizzati poiché l’algoritmo di Google non era complesso ed evoluto come negli ultimi tempi; questi link “ad alto rischio” potevano benissimo sopravvivere per anni senza che l’algoritmo nemmeno li scovasse.

Oltre ai più comuni link “ad alto rischio”, ossia quei link che presentano tutte e 5 le caratteristiche penalizzanti, chi si occupava di SEO aveva molte tecniche di cui avvalersi per scalare velocemente le gerarchie della SERP:

  • concordare uno scambio reciproco di link (chi fa SEO sa quante sono ancora le mail con questo tipo di richieste);
  • acquistare link low cost da operatori ben poco affidabili (solitamente da Paesi esotici);
  • fare link con “anchor text” bianco su sfondo bianco, e per questo chiamati “hidden link”;
  • Mettere in atto pratiche di “article spinning”, cioè copiare spudoratamente o cambiare solo poche parole di articoli contenenti nostri link (quelli che ci sanno – sapevano – fare usavano addirittura programmi automatici di copiatura, e per questo vengono chiamati “no hands SEO”);
  • comprare link da fonti di massa, e quindi facilmente replicabili e accessibili;
  • sottoscrivere link da directory (pratica inutile dal momento che le directory sono in disuso o quasi);
  • creare una struttura piramidale di backlinks organizzati in tier, l’ultimo dei quali rimanda alla pagina principale del nostro sito (quindi creare una sorta di autoreferenzialità);
  • inserire link sulla firma dei forum;
  • utilizzare dei social bookmarking per aumentare il traffico del proprio sito.

Questi sono solo alcuni stratagemmi di link building che Google un tempo sopportava; fortunatamente, ad oggi le cose sono molto diverse. Oggigiorno, da un lato abbiamo un algoritmo che cerca sempre più di mostrare al cliente contenuti utili e di qualità; dall’altra abbiamo la consacrazione di una posizione lavorativa del SEO specialist, sempre più importante e investito di responsabilità dalle aziende.

Sono altresì cambiati gli obiettivi delle attività di link building: in passato, lo scopo principale della link building era principalmente portare traffico al proprio sito; oggi grandi quantità di traffico generico non servono a nessuno: gli interessi delle aziende vertono sempre più sulla conversione dei click in denaro, per trasformare i clienti potenziali in clienti effettivi.

Best practice – cosa fare per piacere a Google?

Link building Google friendly

Ora sappiamo cosa non fare e cosa vogliono le aziende. Ma allora come si fa link building correttamente senza essere penalizzati dall’algoritmo di Google?

  1. Anzitutto utilizzare fonti per la creazione di link alle quale possiamo mettere mano solo noi, o comunque che siano sotto il nostro pieno controllo.
  2. Cercare di utilizzare fonti indipendenti per sopperire il rischio di accessibilità.
  3. È preferibile che le fonti siano originali e quindi di difficile replicabilità.
  4. Ultimo consiglio ma non per questo meno importante: non lesinare sulle somme per acquistare link. I link migliori sono ovviamente quelli poco economici.

La SEO è una realtà in continuo movimento, le tendenze cambiano di settimana in settimana e l’evoluzione della tecnologia prosegue senza freni. È quindi importante restare sempre aggiornati sulla ultime novità e sulle modifiche più recenti dell’algoritmo di Big G, al contrario il rischio è quello di rimanere penalizzati e portare un sito ad un inesorabile decadimento.

“La link building, se fatta bene, non crea alcun problema” – Gaetano Romeo, SEO Specialist

Va da sé che i consigli sopra citati, insieme alle strategie e alle best practice da mettere in atto, sono solo di contorno, poiché il primo obiettivo è quello di avere un sito ben ottimizzato (e soprattutto mobile responsive) che proponga al suo interno contenuti di qualità.

Quanto appena detto, così come tutte le strategie e i consigli che possono essere assimilati dal seo specialist, valgono zero se il nostro sito non è ottimizzato (specialmente per la visualizzazione da smartphone) e non propone contenuti di qualità.

 

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Le ragazze e i ragazzi della Redazione: un team variopinto di pianificatori e marketing geek.

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