
Anno nuovo, moda nuova: il mese di gennaio ha aperto le danze alle Fashion Week, le celebri settimane della moda in cui gli stilisti presentano le loro nuove collezioni. E quest’anno il denominatore comune sembra essere solo uno, ovvero la sostenibilità ambientale grazie alla ricerca di tessuti innovativi e materiali riciclabili.
Ogni anno, tra i mesi di gennaio e febbraio, le principali metropoli leader nel settore della moda si preparano ad ospitare l’evento più atteso dagli stilisti di tutto il mondo, la Fashion Week.
Tenutasi per la prima a volta a New York nel 1943, la Settimana della Moda è l’evento clou per tutti coloro che, in un modo o nell’altro, fanno parte della grande industria del fashion.
Sono sette giorni di sfilate e di presentazioni, di passerelle e di conferenze stampa in cui le grandi firme internazionali presentano le loro novità di punta, lanciando nuove tendenze e decretando i must have del periodo.
Quest’anno, anche la Fashion Week sembra aver strizzato l’occhio alla causa ambientale: molte delle collezioni che saranno lanciate nei prossimi mesi abbracciano il tema della sostenibilità, nell’intento di dimostrare che ecologico non significa sciatto e che un abito realizzato con un tessuto riciclato può diventare un capo di tendenza; basta saperlo abbinare!
Dati allarmanti, bisogna intervenire
Lo sapevate che l’industria della moda è considerata la seconda causa di inquinamento globale? A confermarlo è stata una ricerca condotta dal dipartimento Centre for sustainable Fashion del London College of Fashion da cui emergono le principali problematiche connesse alla massificazione della produzione in un settore in cui, molto spesso, il rispetto dell’ambiente viene eclissato dalla necessità di creare nuovi collezioni in tempi rapidi, di smaltire velocemente l’invenduto e di abbattere i costi di produzione.
Stando ai rapporti di Greenpeace, 1 kg di tessuto prodotto genera in media 23 kg di gas serra anche a causa dei nuovi metodi di produzione e smaltimento. Ad esempio, il riciclaggio dei tessuti misti richiede dei meccanismi molto complessi e costosi al punto che la maggior parte delle aziende si orienta verso metodi meccanici di degradazione delle fibre, altamente inquinanti.
E ancora, solo l’1% dei capi viene riciclato o rigenerato: dal 2000 ad oggi, si comprano abiti per il 400% in più rispetto al secolo precedente, ragion per cui i prodotti, anche dell’alta moda, sono diventati più abbordabili al cliente.
In questo modo è maturata la tendenza a sostituirli velocemente grazie alla disponibilità di nuove collezioni sempre all’avanguardia che rimpiazzano quelle precedenti anche nel giro di un mese, lasciando sempre aperto il grave problema dello smaltimento del magazzino.
2020: inversione di tendenza
Sulla base di questi dati, emerge quindi l’importante responsabilità che è consegnata nelle mani dei grandi stilisti: ad oggi, è necessario che la moda si faccia paladina della rivoluzione ecologica visto e considerato che, agli occhi del cliente finale, sta assumendo sempre più rilevanza il fatto di acquistare un capo che incarni un messaggio positivo oltre che un oggettivo valore estetico.
Ecco spiegato il motivo per cui le prossime settimane della moda, che si svolgeranno nelle più iconiche capitali mondiali del fashion, si preannunciano ricche di novità dal punto di vista del green impact.
Anzi, a Milano tutto questo è già divenuto in parte realtà, in occasione della Men’s Fashion Week che si è svolta dal 10 al 14 gennaio, anticipando le sfilate che si terranno a Parigi, Londra e New York. La moda milanese si è schierata dalla parte dell’ambiente, sostenuta da brand del calibro di Giorgio Armani, Prada Zegna ed Ermanno Scervino.
Re Giorgio dice sì alla moda sostenibile
Armani è stato il protagonista indiscusso della moda uomo di Milano: lo stilista 85enne è colui che, più di tutti, ha dimostrato un grande interesse per i temi caldi dell’attualità in merito alla tutela dell’ambiente e dell’ecosistema.
Ha infatti ammesso che “a volte l’industria può essere molto dannosa per la Terra in cui viviamo e che bisogna portare l’uso del riciclato nella produzione comune e nelle pratiche della vita quotidiana. Il compito degli stilisti è infatti quello di conciliare la produzione con la salute la salvaguardia del pianeta e della natura”.
La sua nuova capsule è composta da 18 capi, si chiama R-EA (Recycling Emporio Armani) e riporta lo slogan “I’m saying yes to recycling”. Il capo di punta della collezione è il piumino, realizzato con materiali riciclati come lana e denim rigenerati e cotone organico ma, al tempo stesso, cangiante ed innovativo, disponibile lungo, corto o senza maniche.
E dopo Armani è stata la volta di Alessandro Sartori, stilista di Ermenegildo Zegna che ha presentato una collezione fondata sul concetto base “Use the Existing”, finalizzata a ridare vita agli scarti delle fibre tessili sintetiche ma anche dei tessuti più comuni, come la lana o la flanella.
“Abbiamo voluto realizzare un lavoro artistico con i nastri di tessuto che provengono dagli scarti delle ultime sei sfilate e che potrebbero ridiventare tessuti perché composti da materiali riciclabili” ha evidenziato lo stilista ammettendo che per ridurre completamente lo spreco ci vorrà qualche anno, ma restando comunque fiducioso nella sua mission di rivoluzione della moda in ottica eco-friendly.
New York e Londra 2020
Dal 6 al 13 febbraio la Fashion Week ritorna alla madrepatria, New York, dove porta con sé anche la volontà di imparare ad affacciarsi al mondo della moda più responsabilmente, non solo attraverso l’utilizzo di tessuti riciclati o sostenibili ma, anche, a partire dai piccoli gesti quotidiani.
Secondo Vogue America è veramente incredibile pensare a quanto la moda sia in grado di inquinare per realizzare uno spettacolo di pochi minuti: dagli scarti dei tessuti non utilizzati alle tonnellate di energia (elettrica e luminosa) richieste per sola una passerella, sembra che la Fashion Week faccia fatica ad essere così sostenibile.
È per questo che gli stilisti dell’edizione 2020 hanno concentrato i loro sforzi per limitare l’impatto ambientale, proponendo che durante le loro sfilate vengano messe a disposizione dei partecipanti delle bottigliette d’acqua con plastica riciclata e che i vari set utilizzati per lo show vengano ri-adattati anche per le sfilate successive. Good job, New York!
New York passerà poi il testimone a Londra, dove la Fashion Week avrà luogo dal 14 al 18 Febbraio. I riflettori saranno puntati senza dubbio sull’evento dello stilista Tommy Hilfiger, che presenterà la sua capsule collection realizzata in collaborazione con il pilota Lewis Hamilton in una location d’eccezione, il Tate Modern Museum di Londra.
“Fin dal primo giorno, Lewis ed io abbiamo intrapreso un viaggio per introdurre principi di produzione innovativi e materiali sostenibili in ciascuna delle nostre collaborazioni. Siamo orgogliosi di raggiungere nuovi traguardi ogni stagione“. Infatti, la sua collezione è composta da capi realizzati per il 75% da materiali eco-sostenibili, come il cotone organico e addirittura la pelle vegana.
Per quanto riguarda i look più giovanili, tutti i jeans della nuova collezione presentano dei lavaggi denim a basso impatto ambientale, per uno stile alla moda ma rispettoso dell’ambiente.
La new entry Copenaghen
Dopo essere entrata nel novero delle città della Fashion Week solo nel 2017, la capitale danese si è affermata il centro mondiale della moda sostenibile. Come? Attraverso la reinvenzione in chiave eco di tutti i sistemi utilizzati per lo smaltimento dei rifiuti causati dalle sfilate e, soprattutto, con la fissazione di requisiti minimi di sostenibilità che i vari brand devono rispettare per poter partecipare a questa settimana della moda.
Tra questi, è necessario garantire che gli indumenti invenduti non siano distrutti e fare in modo che almeno il 50% dei tessuti utilizzati siano eco-sostenibili. In aggiunta, agli stilisti è richiesto di progettare i loro show in modo tale che siano a rifiuti-zero, ovvero senza spreco di risorse.
In questi anni a Copenaghen si sono esibiti soprattutto degli stilisti le cui collezioni hanno un target prevalentemente giovanile; si tratta, dunque, di brand che portano con loro un forte potere comunicativo ed educativo, spingendo su un marketing basato su un approccio consapevole alla moda, anche tramite le campagne di influencing sui principali social in cui la Fashion Week viene seguita.
Infine, sarà il turno di Parigi: qui gli stilisti presenteranno le loro idee per le collezioni della prossima estate. Le aspettative sono molto alte: da sempre Parigi è la città della moda per antonomasia e, quest’anno più che mai, il mondo del fashion celebrerà la città attraverso passerelle e spettacoli incentrati sul concept della sostenibilità grazie a marchi del calibro di Dior e Chanel.
Per la moda, il 2020 inizia con il piede giusto!