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Mtalk: cosa ci ha insegnato Paolo Iabichino sulla creatività

da 13 Dicembre 2018Novembre 30th, 2022Nessun commento
Talk Iabichino Torino

Una sferzata di energia e ironia tagliente: Paolo Iabichino si è presentato così Martedì 30 ottobre alla Scuola di Management ed Economia di Torino. Non poteva esserci partenza migliore per il nuovo anno del MARKETERs Club torinese, con il miglior Comunicatore dell’Anno come ospite del primo Mtalk che ci ha coinvolto in una riflessione sulle nuove frontiere del marketing e delle aspettative che dobbiamo maturare sul settore.

Lo chief creative officer di Ogilvy & Mather Italia fin da subito ci chiede(e si chiede) perché vogliamo lavorare nel suo ambiente, e con leggerezza travolge in pochi secondi tutte le nostre aspettative. Sì, forse fare l’ advertiser non significa entrare malignamente nella testa delle persone, far loro fare quello che vogliamo stile “cattivo” da fumetto, anche se in fondo ci avevamo sperato…
Iabichino si rivolge direttamente alle nostre prospettive:“È necessario essere consapevoli che vi è una nuova interpretazione del  mestiere di creativo” ci dice, regalandoci un po’ della sua esperienza personale.

Aula Iabichino


Nel settore pubblicità dal 1990, da quando ha “imparato le basi e fatto le ossa con il Below the Line, mentre nessuno era disposto a farlo”.  Infatti, all’epoca la comunicazione pubblicitaria era divisa in Above e Below the Line. Mentre la prima riguardava i media tradizionali immediati  come tv, stampa, affissione, radio, la seconda categoria era meno percepibile: direct marketing,promozioni, telemarketing, cataloghi. Eh sì, creare cataloghi nel nostro immaginario non è esattamente il mestiere più creativo. Eppure, partendo da quelli, Iabichino è diventato oggi Direttore Creativo dell’Anno, premiato agli NC Awards, premio che da 12 anni valorizza la creatività in tutte le sue forme, diventando un punto di riferimento per il mondo della comunicazione.  

Paolo ci spiega l’importanza della Creatività in un ambiente altamente competitivo e in veloce evoluzione. E allora cosa dobbiamo fare, noi novelli creativi sulla soglia del mondo del lavoro? Paolo ci indica una strada, o meglio quello che l’advertising è diventato: un modo di condividere valori, oltre alla semplice sponsorizzazione del prodotto, e per convogliare i sentimenti delle persone nella comunione di pensieri e idee.
Innanzitutto ci dobbiamo chiedere: perché lavorare in questo settore?  E in che modo impattare sul sul mercato? Fare pubblicità non è un mestiere alla portata di tutti, ed è qui che entra in gioco il processo  creativo, la sensibilità necessaria per arrivare al pubblico.

Farsi acquistare è la storia del marketing, farsi scegliere è un nuovo modo di interpretare questo mestiere. E allora oltrepassiamo il concetto delle 5 P. Andiamo oltre anche alla paura di sbagliare completamente la campagna e di perdere consensi.
“Guardate la campagna Nike”, e mostra la famosa Ad che ha creato un putiferio in USA. Usare il forzatamente ex giocatore di football Kaepernick, famoso – se non lo conoscete –  per aver iniziato la protesta contro Trump inginocchiandosi durante l’inno, come testimonial della campagna #JustDoIt ha innalzato un polverone in Madre patria, con altisonanti tweet del POTUS e simboliche proteste dei suoi sostenitori a suon di falò targati Nike. Migliaia di dollari di merce, bruciati. La reazione dell’azienda? “Semplicemente…chissene!”.

Il trademark non è più fondamentale, come conseguenza del tramonto delle 5 P tanto care ai  manuali di Marketing. Si, i libri di economia sono diventati libri di storia, e dirlo ad alta voce in un’aula universitaria,come fa Paolo, è quasi rivoluzionario.
Ordinario oggi, invece, è  il concetto di lovemark, brand, o meglio, icona a cui il consumatore è affettivamente  legato da un sentimento profondo, dato dell’emotività che ci induce ad agire.  Si tratta di far leva sui sentimenti delle persone, non parlando di prezzo, ma facendo vivere un sogno. Un legame che fa la differenza e che induce Iabichino a pensare: ha ancora senso parlare di consumatore? Di target?  

Non bisogna solo farsi comprare, da sempre vocazione del marketing, ma farsi scegliere, sfruttando le nuove scienze cognitive e l’economia comportamentale per colpire l’audience, ma non per controllarla, semplicemente per farsi notare per la forza delle idee che le si trasmettono. Un esempio è il Disruptive Marketing che, se ben studiato e coerente con l’azienda, riesce a coinvolgere i clienti e farli sentire parte della storia. This MARKETERs Life ne ha parlato in questo articolo.

I prodotti sponsorizzati rimangono nell’immaginario solo se vengono studiati per il pubblico, non per un target. Non si convogliano più beni o servizi al consumatore, ma sensazioni e pensieri da poter condividere con il brand.  “Il prodotto diventa un’esperienza” dice Paolo, forte delle sue campagne di comunicazione per aziende molto note, la gente va nei negozi Apple e non compra niente, e questo per l’azienda va bene”. La creatività quindi si manifesta non nel dire qualcosa, ma dare qualcosa, e in questo Paolo ha centrato il bersaglio.

Prima di salutarci, il consiglio finale,quasi un obbligo per il prossimo incontro:  leggere il Cluetrain Manifesto. Si tratta di 95 Tesi, veri e propri comandamenti per le imprese che vogliono sopravvivere facendo web marketing,  scritte nel 1999 e ancora validissime. Le trovate pubblicate sui social di This MARKETERs Life, precisamente qui

Vi vogliamo lasciare con la 87esima tesi: “Ci piacerebbe che sapeste cosa sta succedendo qui. Sarebbe davvero bello. Ma sarebbe un grave errore pensare che ce ne stiamo con le mani in mano.”Tra tutte, l’abbiamo scelta perché ispira voglia di fare, di mettersi in gioco,  come quando ci si alza dalle sedie negli Mtalk con ospiti come Paolo, ispirazionali.

 

Valeria Benedetto

Riccardo Buonocore

Valeria Benedetto

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