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Lifehack

Cosa pensa un MARKETERs quando… prende il treno

da 7 Dicembre 2016Nessun commento

In una società che, secondo i più nichilisti, sta facendo di tutto per isolarci sempre di più l’uno dall’altro, tanto a livello fisico quanto a livello emotivo, ci sono fortunatamente ancora dei capi-saldi socio-culturali che riescono a infondere empatia nelle persone, creando quel senso di appartenenza e di comunità che stanno alla base del cosiddetto marketing tribale: uno di questi è sicuramente l’odio verso la Rete Ferroviaria Italiana, componente fissa della vita quotidiana di molti studenti e lavoratori. Ma cosa pensa veramente un MARKETERs quando deve prendere un treno?

  1. Certi treni sono così in ritardo che il 4 dicembre hanno votato al referendum sullo Statuto Albertino.
  1. Gli interni sono così brutti che non si possono nemmeno instagrammare.
  1. Com’è possibile che non esista un piano di Crisis Management per la gestione dei ritardi?
  1. Certi treni sono così in ritardo che staranno ancora festeggiando la vittoria della Nazionale nel 2006
  1. La seconda classe è più scomoda della User Experience dell’app mobile di Linkedin.
  1. Gli annunci sono più fastidiosi della chat di Facebook Messenger da mobile.
  1. Le ferrovie sarebbero classificabili nella matrice BCG solo se la B stesse per “bradipo”.
  1. I treni in Italia sono come Facebook. E infatti noi preferiamo Twitter.
  1. I vicini che urlano al telefono sono piacevoli come l’SMS “Ottieni 1000 minuti gratis”. Ma tu hai appena finito i giga.
  1. La rete wi-fi in treno è la prima causa di allontanamento dei giovani dalla Chiesa.
  1. Le scolaresche in gita sono più fastidiose dell’abuso della parola “Millennials”.
  1. Le cuffie in treno sono un chiaro segnale di demarketing.
  1. Bertrand e Cournot studiano i monopoli. In Italia l’azienda che gestisce le ferrovie è un monopolio. Lo studente completi il sillogismo.
  1. “La classe non è acqua” e le carrozze di solito stanno nelle stalle. Lo studente completi anche questo sillogismo.
  1. “Coincidenze? Non credo” non è una frase di Adam Kadmon, ma il mantra di ogni pendolare.
Riccardo Buson

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