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Masaaki Imai: il sensei del miglioramento continuo in azienda

da 7 Dicembre 2015Nessun commento

Dalla potenza produttiva degli Stati Uniti nella Seconda Guerra mondiale ai piani di risanamento di Europa e Giappone durante la Guerra Fredda: un viaggio attraverso la storia del management che ci porta a Kaizen negli anni Ottanta. Il merito è di Masaaki Imai, padre dell’approccio rigoroso, sistematico e “senza sconti” per gestire le aziende e fondatore di Kaizen Institute Consulting Group.

Se vuoi vedere, impara ad agire.” Sì, avete capito bene: se vogliamo veramente comprendere come funzionano le cose, innanzitutto iniziamo a farle. Caliamoci proprio nel luogo in cui avvengono e osserviamolo attentamente. Entriamo poi in azione, con consapevolezza certo, ma facciamolo. La vera conoscenza è saper fare, non sapere e basta. Ricordiamocelo.

In questo modo quando incontriamo dei problemi siamo in grado di analizzarli per trovare una soluzione. Ciò significa che acquisiamo gli strumenti necessari per cambiare in meglio e avvicinarci agli obiettivi che ci siamo prefissati. Se poi sbagliamo, impariamo a non rifare lo stesso errore, il che implica comunque essere un passo più avanti rispetto al punto di partenza, ma ancora un passo indietro se pensiamo a dove possiamo arrivare. Perciò non fermiamoci e continuiamo a cambiare, sempre in meglio.

La lezione arriva dal Giappone

Ogni problema, se affrontato, è una sfida che rappresenta un obiettivo in più da raggiungere e un’occasione in più per imparare. Questa è una delle grandi lezioni che possiamo apprendere dal sensei Masaaki Imai, l’economista giapponese oggi ottantacinquenne, che trent’anni fa rivoluziona l’approccio adottato nella gestione aziendale. Si tratta di Kaizen, ossia la tecnologia che permette di raggiungere risultati sorprendenti, superando la resistenza al cambiamento attraverso tanti miglioramenti attuati in modo costante nel tempo.

Sebbene Kai (“cambiare”) Zen (“meglio”) sia un’attitudine naturale di ogni persona, molto spesso siamo condizionati da schemi di pensiero disfunzionali – il dannato “ho sempre fatto così” – che sono un limite per la ricerca di soluzioni innovative. Vediamo bene solamente quello che conosciamo, non vediamo quello che non ci aspettiamo di vedere. Ed è necessario fare Kaizen per cambiare paradigma.

Masaaki Imai nasce a Tokyo nel 1930. Dopo un’iniziale esperienza lavorativa a Washington D.C. dove entra in contatto con la realtà delle aziende americane, torna in Giappone. Nel 1985 pubblica il suo primo libro “Kaizen: the Key to Japan’s Competitive Success”, grazie al quale diffonde in tutto il mondo i principi del metodo da lui codificato. Nello stesso anno fonda anche Kaizen Institute, che oggi opera in più di quaranta paesi nel mondo. Memore delle osservazioni sviluppate nel continente americano, combina le lezioni del suo mentore Taiichi Ohno – il padre del Toyota Production System o Lean Production – e i principi della filosofia Kaizen, ovvero la filosofia giapponese del “miglioramento continuo”. Ma mentre Lean è il risultato, Kaizen è il processo.
KaiZen - giapponese

L’approccio Kaizen

Kaizen coinvolge tutti all’interno dell’azienda, dal top management agli operatori di linea, ed allinea l’azione di tutti alla strategia di crescita del business. Il pensiero di Imai, infatti, non si rivolge alle organizzazioni come se fossero entità a sé dotate di vita propria, ma prevede il coinvolgimento delle persone che ne fanno parte, a tutti i livelli senza distinzione di ruolo.

L’approccio Kaizen ruota attorno ad una logica pull, che parte dalla considerazione che ogni processo produce valore per chi utilizza il prodotto o servizio di quel processo, ovvero il “cliente”. Kaizen riporta il cliente al centro del processo, dividendo tutti gli oggetti e le azioni in 2 classi. Da una parte ci sono quelli che costruiscono valore per il cliente, dall’altra quelli che non lo fanno – i cosiddetti “muda” – e devono essere eliminati.

Si deve lasciare spazio per creare valore e stimolare lo sviluppo di soluzioni innovative capaci di alimentare il processo di miglioramento continuo. Il luogo fisico in cui viene creato valore per i clienti è il “gemba”, di estrema importanza all’interno dell’organizzazione. Non a caso Imai ci ripete continuamente “go to Gemba and have a good look”. Bisogna andare nel luogo dove avvengono le cose e vedere cosa deve essere migliorato.

Eliminare gli sprechi (muda) non è sufficiente. Imai ci insegna che sul Gemba è necessario anche applicare le “5s”: “Seri”, separare; “Seiton”, riordinare; “Seiso”, pulire; “Seiketsu”, standardizzare; “Shitsuke”, diffondere. In particolare, standardizzare significa adottare e mettere in pratica in modo sistematico il miglior modo di svolgere ogni singola attività. Sempre alla ricerca dell’eccellenza operativa.

A dire la verità il sensei oggi si corregge e con ironia precisa che, pensandoci meglio, le “S” sono sette e non cinque. La prima da aggiungere alla lista è quella di “Salary”. Infatti, se vengono applicate tutte le altre ogni giorno con continuità, la performance dell’azienda migliora e i guadagni sono più alti, quindi vi spetta un aumento dello stipendio. La settima “s” è quella di “Sex”, perchè “Si sa, con uno stipendio più alto anche la vostra vita privata potrebbe andare meglio”.

Masaaki Imai dopo trent’anni non si è ancora fermato, e non ha nessuna intenzione di farlo ora. Si direbbe essere proprio la testimonianza vivente che Kaizen è un percorso che non ha fine.

Ci ricorda che dobbiamo sempre guardare al futuro, perché è là che potremo creare nuovo valore per la nostra azienda, le persone che ci stanno attorno e noi stessi. Ce lo ricorda in un incontro a tu per tu, con una piacevole chiacchierata che potrete leggere nei prossimi giorni.

“Il mio cuore è nel Gemba” dice durante la sua lectio magistralis il 2 dicembre all’Opificio Golinelli di Bologna, in occasione dell’evento “KAIZEN 2.0, MIGLIORAMENTO SENZA CONFINI”. E fidatevi che si vede. “Se andate nel Gemba e scavate, troverete l’oro” aggiunge poi, regalandoci un’altra piccola perla di saggezza.

Anna Peron

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