
Il neuromarketing mostra come le percezioni orientano i processi cognitivi ed emotivi che determinano le decisioni di consumo. Ma da dove provengono questi segnali impliciti? Siamo dotati di organi sensoriali che ad ogni stimolo inviano informazioni al nostro cervello, pronto a fornire la risposta adeguata.
Dopo aver parlato di neuromarketing è ora giunto il momento di indagare gli stimoli sensoriali all’origine delle reazioni emotive del consumatore.
Il sensory branding utilizza i cinque sensi e il nostro naturale processo di analisi per trasmettere sensazioni in grado di rafforzare la brand image e introdurre meccanismi di associazione volti a generare engagement e innescare processi di scelta automatica al momento della decisione d’acquisto. Esso modifica l’approccio del consumatore al prodotto, arricchendo la brand experience di ulteriori emozioni, relazioni e interattività nel rapporto tra l’impresa e gli acquirenti.
Il focus sulle sensazioni ha trasformato la vendita da distributiva in creativa; non si tratta più di vendere prodotti, ma vere e proprie esperienze di consumo in cui le merci sono inserite in una cornice organizzata per intrattenere il pubblico. Ma come possono essere utilizzati a questo scopo i cinque sensi?
Vista
Da sempre il marketing concentra una quantità innumerevole di risorse nel comunicare attraverso le informazioni visive. Spesso la prima impressione è quella che conta, e influenza in maniera considerevole le percezioni sugli attributi funzionali di un prodotto. Pensando a un’automobile fiammante o a un computer dal design accattivante, ad esempio, si è subito persuasi dall’idea che anche tutto il resto sia efficiente e funzionante.
Uno dei modi attraverso i quali la vista comunica i valori del brand è il format visivo, che combina una serie di elementi grafici ricorrenti quali simbolo, colori e font per rendersi immediatamente riconoscibile agli occhi dei potenziali clienti. Tale richiamo funge da rievocatore dell’immagine di marca, comprensiva di tutte le associazioni positive e distintive che essa incarna.
Anche il packaging rappresenta, nell’esperienza di acquisto, un elemento di comunicazione in grado di attribuire un valore aggiuntivo al prodotto e di distinguerlo; basti pensare a come sarebbe vedere delle Tic-Tac sfuse in un sacchetto di carta, o del profumo Chanel in un anonimo contenitore spray. Il richiamo del packaging e di accurate strategie di esposizione del prodotto è tanto potente da indurre spesso gli acquirenti di un supermercato a gettare nel carrello un prodotto, salvo rendersi conto in un momento più razionale del processo di acquisito di non averne bisogno, abbandonandolo su uno scaffale.
Perché è però fondamentale non focalizzarsi solo sulla vista? Oggi i consumatori sono continuamente sollecitati da segnali visivi; il risultato di questo affollamento generale è un “rumore di fondo” che impedisce di ottenere chiare risposte emotive.
Udito
Si tratta del secondo senso più utilizzato nel comunicare, che consente immediatezza del messaggio e un reattivo riscontro da parte del pubblico. Le emozioni associate a una sequenza di suoni si imprimono nella mente in forma di ricordi, pronti per essere rievocati e rafforzati ogni volta che viene percepito lo stesso stimolo.
Il jingle è uno dei richiami che punta su orecchiabilità e facilità di memorizzazione. Spesso viene creato un apposito suono associato inconfondibilmente al prodotto; è il caso ad esempio del marchio sonoro utilizzato nelle pubblicità ogni qualvolta vengono citati i processori Intel.
In altri casi la campagna pubblicitaria è affiancata da vere e proprie hit song, selezionate o create per presentare il prodotto e trasmetterne l’immagine attraverso un approccio emozionale. È stato ciò su cui ha puntato il marchio Jeep per il lancio della nuova Renegade, incentrato su una partnership con l’azienda discografica americana Interscope Records da cui è nata la campagna mediatica basata sulla canzone Renegades del gruppo X Ambassadors.
Le spot song sono spesso diventate inscindibilmente associate al prodotto: basti pensare a You never can tell di Chuck Berry o Pure Shores degli All Saints, inevitabilmente ricollegate rispettivamente a Pavesini e De’ Longhi. Se il titolo Libertango non dovesse dire assolutamente nulla, tutti in realtà conoscono la storica canzone dello spot di Vecchia Romagna, oggetto a distanza di anni di un remix di Bob Sinclair.
Altro strumento fondamentale è la musica in store, scelta in coerenza con la percezione del brand e il concept del punto vendita, ma focalizzata anche sul tempo desiderato di permanenza degli acquirenti. È infatti dimostrato che, mentre brani lenti provocano una sensazione di benessere che prolunga il soffermarsi dei consumatori nell’ambiente d’acquisto, canzoni più ritmate risultano in un flusso molto più veloce di entrate e uscite dal negozio.
Olfatto
Gli odori hanno un impatto non indifferente sull’umore e, di conseguenza, sul comportamento. A volte fungono inconsapevolmente e naturalmente da attrattiva, basti pensare al profumo del pane appena sfornato nelle panetterie. Altre volte le essenze – spesso non legate all’origine del prodotto – vengono diffuse nell’ambiente d’acquisto allo scopo di richiamare emozioni puntando su odori percepiti come familiari. Il profumo di talco, ad esempio, è spesso associato all’infanzia.
Il vantaggio legato all’utilizzo dell’olfatto è strettamente connesso alla capacità di memoria. La memoria visiva è efficace, ma nel lungo periodo tende a svanire molto più di quanto avvenga per quella olfattiva, che permane nella mente e non può essere scomposta.
Nasce quindi l’essenza del brand, un’impronta qualificabile come marchio olfattivo che ha lo scopo di richiamare alla memoria la brand identity in tutte le sue sfaccettature. La sua potenza evocativa è tale che l’azienda Air Aroma ha creato un’essenza – che include tra l’altro inchiostro, carta e nastro adesivo – al singolare scopo di riprodurre il profumo di un MacBook nuovo di zecca uscito dal suo packaging. Anche diverse compagnie aree, prime fra tutte Air France e Singapore Airlines, hanno fatto delle fragranze diffuse a bordo uno dei propri segni distintivi. Scegliere l’essenza giusta è un passaggio cruciale perché la strategia abbia successo; una combinazione troppo elaborata distoglie l’attenzione del consumatore dal prodotto, scoraggiandone l’acquisto anziché incentivarlo. A sperimentare l’insuccesso è stata la catena Abercrombie: il profumo eccessivamente invadente diffuso nei negozi della catena, sommato a spazi ridotti e poco luminosi, ha prodotto l’effetto controproducente di indurre una sensazione di stress e ansia nei clienti.
Tatto
Il packaging è un elemento fondamentale per sfruttare le sensazioni dettate dal primo approccio tattile con il prodotto. Maneggiandolo percepiamo consistenza, rilievo, temperatura e ne scaturiscono sensazioni che possono avvicinarci al prodotto e renderlo desiderabile. Attraverso i packaging semichiusi si ha un’interazione più intensa con il prodotto, soprattutto quando – come nel caso dei giocattoli – l’invito a testare il prodotto è palese ed è difficile resistere alla tentazione di anticipare l’esperienza di consumo.
Se da un lato l’aspetto tattile del packaging viene studiato in coerenza con le aspettative dei consumatori nei confronti del prodotto, è anche vero che spesso viene premiata l’inventiva nei materiali e nel design in grado di fornire uno stimolo nuovo e insolito; è questo uno dei punti di forza che rende distintivo il marchio Pringles.
Gusto
Pur con i limiti legati all’implementazione e alla percezione estremamente personale dei sapori, anche il gusto può essere stimolato per suscitare reazioni emotive, non solo quando si tratta di commercializzare prodotti del settore food. Un esempio? Il Choco Experience Event organizzato da Pinko in collaborazione con Venchi lo scorso anno. In occasione dell’evento Pinko ha presentato in un proprio store la nuova collezione, accompagnando il tutto con una degustazione di cioccolato.
Anche Pantone ha puntato sul gusto: la scorsa estate ha dato vita ad un temporaneo pop-up café nei pressi del Grimaldi Forum di Monaco, in cui ha servito bibite e cibo nominati e classificati in base alla propria precisa scala di colori. Lo scopo? Quello di trasmettere nuove percezioni sensoriali e dare la possibilità vera e propria di “assaggiare” i colori.
È quindi grazie alla comunicazione polisensoriale che molti brand riescono oggi ad emergere nel caos degli innumerevoli segnali inviati ai consumatori. Le parole d’ordine? Coinvolgimento e coerenza del messaggio, che renderanno l’approccio al prodotto un’esperienza unica.
The Science of Sensory Marketing https://hbr.org/2015/03/the-science-of-sensory-marketing
Sensory Branding http://www.neurosciencemarketing.com/blog/articles/sensory-branding.htm
But First, Coffee https://neuroexpression.wordpress.com/2014/08/02/but-first-coffee/
Sensory Marketing – Touch it! Smell it! Remember it! https://neuroexpression.wordpress.com/2014/07/24/sensory-marketing-touch-it-smell-it-remember-it/
Il marketing dei sensi – Cinque sensi per vendere e comprare http://www.amazon.it/marketing-sensi-Cinque-vendere-comprare/dp/888391242X
Why Smell is so closely connected to our memories and emotions http://www.newsworks.org/index.php/local/the-pulse/76330-why-smell-is-so-closely-connected-to-our-memories-and-emotions-
Sensory marketing: the brands appealing to all five senses http://www.theguardian.com/media-network/2014/oct/27/sensory-marketing-brands-senses-technology
Creating a Sensory Brand Experience http://blog.ama.org/creating-a-sensory-brand-experience/
Is Scent Branding the Next Hot Marketing Trend? https://www.americanexpress.com/us/small-business/openforum/articles/is-scent-branding-the-next-hot-marketing-trend/
Why Abercrombie’s Smell Makes You Anxious http://www.huffingtonpost.com/2014/05/30/abercrombie-cologne_n_5412020.html
What does yellow taste like? Pantone’s pop-up café serves up food by color http://qz.com/479684/what-does-yellow-taste-like-pantones-pop-up-cafe-serves-up-food-by-color/