
Il 30 ottobre il MARKETERs Club di Torino ospita Paolo Iabichino, chief creative officer di Ogilvy & Mather Italia, la storica casa di produzione pubblicitaria che porta il nome di uno dei più famosi “mad man” di tutti i tempi. La stessa pluripremiata serie tv Mad Men dell’AMC è in parte ispirata da David Ogilvy. E il suo protagonista Don Draper, genio dell’advertising, ha qualcosa da insegnare anche oggi.
Per chi non conosce già l’apprezzata serie tv statunitense ideata da Matthew Wiener, “mad men” è il termine slang coniato negli anni ’50 dai pubblicitari di Madison Avenue a New York per riferirsi a loro stessi: probabilmente un gioco di parole tra “mad” come aggettivo (“matto”, “pazzo”) e l’abbreviazione di Madison, la via dove si trovavano gli uffici delle agenzie pubblicitarie emergenti in quegli anni e che diventò simbolo dell’intero settore. Secondo la sua biografia su Wikipedia, lo stesso David Ogilvy fu un mad man. Anzi, fu “il” mad man: “The king of Madison Avenue”, per dirla tutta.
Il protagonista di Mad Men è Don Draper, una mente pubblicitaria geniale e complessa interpretata da John Hamm. La serie è zeppa di riferimenti a Ogilvy, per ovvi motivi: il capo (e poi socio) di Don Draper, Roger Sterling, lo cita come rivale dell’agenzia pubbliciaria fittizia per cui lavora Draper, la Sterling Cooper, e dimostra di essere invidioso del successo che “Confessions of an Adverising Man”, il libro autobiografico scritto da Ogilvy e diventato immediatamente best seller, sta ottenendo. Nell’episodio 7 della terza stagione, “Seventy Twenty Three”, Sterling commenta piccato: “It’s the book everybody writes. It should be called A Thousand Reasons I’m so Great.” (Qualche giorno dopo Roger annuncerà anche l’intenzione di produrre a sua volta un libro autobiografico. SPOILER ALERT: non lo finirà, nella fiction. Ma nella realtà, sì).
Mad Men non è una serie che insegna a essere advertising men, ma è una serie che ogni advertising man o aspirante tale apprezzerebbe: sia perché c’è un po’ di Ogilvy dentro, sia perché è disseminata di piccole perle di saggezza in ambito pubblicità e dintorni. Ne abbiamo cercate e raccolte alcune, in vista dell’MTalk con Paolo Iabichino. Perché alcuni degli insegnamenti di Don Draper e del suo team suonano come qualcosa che avrebbe potuto dire David Ogilvy. E perché, benché ambientata negli anni ’60, la serie è stata scritta oggi: ne escono punti di vista e spunti di riflessione che hanno a che fare un po’ col passato e un po’ col presente, da prendere e portare a casa.
- Se non ti piace quello che viene detto, cambia la conversazione.
- Tu sei il prodotto, tu devi provare qualcosa. È questo che fa vendere. Non loro, non il sesso. Non sanno fare il nostro il nostro lavoro, per questo ci odiano.
- La pubblicità è basata su una cosa: la felicità. E sapete cos’è la felicità? La felicità è una macchina nuova, è liberarsi dalla paura, è un cartellone pubblicitario che ti salta all’occhio e che ti grida a gran voce che qualunque cosa tu faccia è ben fatta, e che sei ok.
- La gente vuole così disperatamente sapere cosa fare che darebbe retta a chiunque.
- Di’ la verità e basta. Non preoccuparti del risultato. La gente rispetta questo.
- La tecnologia è un’esca scintillante. Ma a volte il pubblico può essere coinvolto ad un livello che va al di là della carne, se ha un legame sentimentale con il prodotto.
- Quello che chiami amore è stato inventato da quelli come me per vendere calze.
- Pensaci molto intensamente. Poi dimentica tutto. Vedrai che l’idea ti esploderà davanti.
- Non si può lanciare qualunque prodotto come se fosse una lozione, per questo bisogna creare un legame più profondo col prodotto: la nostalgia.
- Grazia, gentilezza e persuasione vincono dove la forza fallisce.