
Giovedì 7 Aprile è finalmente stato il giorno del #MakeIT16, l’evento organizzato dai fratelli del MARKETERs Club con una tale energia che abbiamo ormai capito perché abbiano scelto il payoff Breaking Brand: gli ospiti erano brand esplosivi e dirompenti, e i ragazzi e gli ospiti che popolavano l’aula hanno partecipato appieno di questa atmosfera.
Degli eventi è sempre bello notare questa forma di magia: entrare nella sala dove si terrà la giornata poco prima dell’inizio, che si sta lentamente riempiendo delle aspettative e sta scaricando le ultime fatiche di chi ha organizzato tutto, che si sta saturando di quell’adrenalina che solo un entusiasta studente venti-venticinquenne può avere, e che sta contagiando anche chi studente non lo è più.
E così quel momento è stato intorno alle 9.30, quando in aula venivano presi ormai gli ultimi posti, e si poteva percepire su un filo del rasoio la tensione dei grandi eventi.
Noi non lo potevamo ancora sapere, ma durante la giornata si sarebbero susseguiti degli interventi degli ospiti che hanno fatto pentire a chi non c’era di non essersi preso le ferie, e ai marketers della prima ora ammirare con estremo orgoglio i loro “figliuoli” che hanno saputo mettere in piedi e orchestrare un evento con i fiocchi.
Soddisfazione? Tanta.
Orgoglio? Ai massimi livelli.
Contenuti? Il centro di tutto.
Il fil rouge: human to human.
Non abbiamo parlato di marketing o di innovazione, ma di come dialogare tra persone.
Partiamo da quella che sui libri appare nel 2016 ormai come un’ovvietà: i brand sono persone, e devono essere in grado di dialogare con altre persone per partecipare a conversazioni in real time, di parlare con il loro stesso linguaggio. Non si tratta di “essere social” o di “proporre contenuti”. Ma di interagire sullo stesso piano. Giovedì 7 aprile non abbiamo ascoltato le testimonianze di quattro brand da pelle d’oca, ma abbiamo parlato tutti e 350 insieme a loro proprio come due amici al bar che discutono su come dare il nome a un brand. Argomenti in comune, le basi di una relazione, le emozioni.
Di cosa stiamo parlando? Innovazione e creatività
Il primo intervento è del professore Alessandro Garofalo, professore di Economia dell’Innovazione all’Università di Verona, che con un tono molto coinvolgente ci ha parlato della sua visione di innovazione, partendo da delle semplici definizioni per marcare il territorio. Cosa sono l’innovazione e la creatività?
Alessandro Garofalo, professore di Economia dell’Innovazione all’Università di Verona
Le idee che vengono combinate, rimescolate e contaminate formano la creatività: per diventare innovazione le idee si trasformano in energia, che traspare dalla partecipazione di chi lavora al processo creativo, e rende la creatività tangibile. Il professore ci ha consigliato tre strade per l’innovazione:
- Prendere il modello di riferimento di un prodotto e metterlo in discussione, rompere gli schemi. Un esempio? La digital disruption di società come Airbnb, che provocano cambiamenti radicali nel business.
- Concentrarsi sui paradossi dei prodotti e sulle coppie di grandezze inversamente proporzionali. Esempio: come fare stare 10.000 persone in un’aula per seguire un evento? Si può fare il “tempo a pezzi”, oppure si può trasmettere l’evento in streaming.
- Usare tutti e cinque i sensi: recuperiamo la manualità e la capacità di manipolare un prodotto. Esercitiamo sinestesia: a un senso associamone un altro. Un esempio? Lo vediamo subito, con Lavazza.
La coffee experience di Lavazza
Qual è la nostra esperienza con il brand Lavazza? Probabilmente la maggior parte di noi si ricorda le pubblicità degli anni ’90 in Paradiso, oppure il packaging rosso-grigio o rosso-blu fiduciosamente presente nelle vostre cucine. Oppure vi ricordate di essere stati all’estero e di non averne più per Starbucks e americanate varie, così vi siete rifugiati in un coffee shop Lavazza. E poi l’espresso al bar, per cui non servono altre parole.
Ne esistono davvero tanti, però, di espressi al bar, per un italiano: cosa ci ricordiamo dopo aver bevuto un caffè perfetto al bar? È stata un’esperienza unica che ci ha fatto innamorare del brand? Probabilmente no, ma la sfida per un brand è fare in modo che i consumatori si innamorino, lasciando loro un’esperienza memorabile.
La difficoltà di un prodotto come Lavazza è che è in realtà un prodotto semilavorato, la cui qualità dipende anche dalle capacità di chi poi lo trasforma nella tazzina di caffè che andiamo a bere. Il primo modo per risolvere questo problema è quindi conoscere il prodotto e mettersi nei panni di chi lo consuma.
A raccontarci come si crea l’esperienza di Lavazza non poteva esserci persona migliore: Marcello Arcangeli, Head of Training Center Lavazza, la cui mission è quella di diffondere la cultura del caffè espresso nel mondo Marcello ci ha raccontato come Lavazza intende la creatività. Da dove arrivano le nuove idee? Forse la migliore definizione di creatività l’ha data un matematico nel 1929, Henri Poincaré:
Creatività è unire elementi esistenti con connessioni nuove, che siano utili.
Ok, novità e utilità: ma come capire cosa vogliono i consumatori? L’innovazione deve essere market-driven o technology-push, come si chiedono i nostri cari libri di management? Di certo Steve Jobs 20 anni fa non è andato in giro a chiedere alle persone: “fra 20 anni avrai la necessità di stare in treno a navigare su internet?”.
Seguiamo quindi questi due principi:
- Vendi sogni, non prodotti: la maggior parte dei consumatori non sa che cosa aspettarsi da un nuovo prodotto.
- Crea esperienze di grande impatto: la gente non vuole solo acquistare, vuole provare un’esperienza (ce lo aveva già consigliato Giada qui: La vera felicità? Vive nelle esperienze)
Le esperienze passano attraverso le emozioni: il consumatore vive, ha un cuore, prova delle emozioni. E se è vero quello che dice il neurologo Donald Calne, è l’emozione che guida le azioni. Solo così un brand può diventare un lovemark.
Va bene, ma in tutto questo dov’è il caffè?
Il caffè nasce bevanda, diventa miscela, moltiplica i gusti, stimola le idee, genera creazioni, e infine offre una new coffee experience.
Come? Guardando al caffè in maniera diversa. La nuova creatività per Lavazza passa attraverso i sensi (come dicevamo prima). Un caffè non si vive solo con il gusto e l’olfatto. Pensate a cosa ha fatto nel 2002 Lavazza insieme a Ferran Adrià: il caffè è diventato solido.
Oppure nel 2003, con la Cookie Cup, il caffè non finiva dopo averlo finito di bere, ma continuava mangiando anche la tazzina. Adrià, nel 2004, ha poi fatto il caviale caffè. Poi il coffeetail, i leccalecca al caffè, i pop corn al caffè, l’ambra al caffè, le coffee nubes.
E ancora dopo lo sappiamo già: l’innovazione si spinge così oltre che Samantha Cristoforetti ha portato il cappuccino Bite nello spazio, e poi anche la prima macchina espresso a gravità zero.
Lavazza non ha ridefinito solo il caffè, ma anche gli strumenti con cui si consuma il caffè. Marcello ci ha spiegato il concetto di Espoon (2009, del designer Oldani), un cucchiaino con un foro. La crema di caffè è un coperchio: per la temperatura, per la preservazione degli aromi e di tutte le altre caratteristiche organolettiche. Quando la crema “si spacca”, si sprigionano anche i gas aromatici che sono fondamentali per l’esperienza sensoriale del caffè. Mescolare lo zucchero con Espoon consente di non spaccare la crema e non diminuisce la temperatura del caffè. Un cucchiaino perfetto per un espresso perfetto.
Ma a cosa serve tutto questo? Certo, a far vivere un’esperienza unica. Ma a chi? Di certo non ai consumatori finali. Però di queste iniziative si parla, anche a distanza di dieci anni, e hanno risonanza. Forse ci sono obiettivi di riposizionamento del brand: è per questo che Marketing e Ricerca e Sviluppo devono lavorare in sinergia. In termini di immagine, Lavazza si riposiziona più in alto nella percezione dei consumatori del segmento “casa”, e sicuramente entra nel segmento “fuori-casa”.
Ma tutto questo serve soprattutto a farci innamorare dell’espresso (e di riflesso anche di Lavazza). Le esperienze che abbiamo iniziato a vivere insieme a Marcello ci sono entrate nel cuore, e adesso non possiamo negare che potrebbero fare la differenza nel momento dell’acquisto. Immaginiamoci in una corsia del supermercato quando dobbiamo scegliere la polvere della Moca: un’esplosione di aromi e di esperienze sensoriali, di ricordi di marca positivi e non, uniti a mille altre variabili, saranno quelle che ci porteranno a scegliere Lavazza invece di un altro brand.
Di certo Marcello ci ha fatto innamorare un po’ di Lavazza, e le dichiarazioni di amore di noi Marketers su Twitter (dove – durante l’intervento – #MakeIT16 è entrato in trending topic in Italia!) parlano chiare:
E forse lui si è innamorato un po’ di noi, dato che ha iniziato a farci vivere il nostro amore per il brand regalandoci Espoon, e invitandoci a provarlo subito, gustando un caffè… Lavazza.
La leadership di Durex: qualità e comunicazione
E veniamo ad un intervento che di certo aveva creato molto eccitazione nei presenti, quello di Durex. Leader mondiale nel settore del benessere sessuale, nato nel 1929 e parte del gruppo RB (Reckitt Benckiser) dal 2010; da RB ha ereditato il focus sull’innovazione e i valori aziendali.
Chi è RB? Il gruppo proprietario del brand Durex e di moltissimi altri brand, i cui prodotti utilizziamo quotidianamente in ambito salute, igiene e casa. Alcuni esempi? Gaviscon, Benagol, Veet, Finish, Vanish e Air Wick, solo per citarne alcuni. Sono tutti brand leader presenti a livello globale, in circa 200 paesi.
Com’è lavorare in Durex? Annavera Lamolinara, Senior Brand Manager per Durex, ci ha spiegato come ogni giorno sia una sfida avvincente in cui confrontarsi con molteplici livelli di complessità, infatti lavorare per promuovere e comunicare un brand del benessere sessuale richiede di avere a che fare con varietà di tipologie di prodotti e di ragioni d’uso; diversità dei canali di vendita; relazione diretta tra penetrazione di mercato e trend di consumo; interazione con la sfera personale e con il contesto; diversità di bisogni. Il tutto mantenendo costante l’identità del brand e innovando, sotto la guida dei valori aziendali.
Per capire meglio cosa intenda per complessità Annavera ci ha raccontato il contesto in cui Durex compete.
Solo prendendo in esame il mercato di riferimento e il prodotto emerge come, nei canali di distribuzione tradizionali, il mercato del benessere sessuale sia legato in modo predominante ai profilattici (più del 70%), seguito dai gel e infine dai sex toys.
Ma occorre considerare anche la relazione tra penetrazione del mercato e trend di consumo. I profilattici hanno una penetrazione (si, ridono anche loro durante le riunioni) del 19%, rendendoli il core business Durex, ma sono all’interno di un mercato in flessione. D’altro canto i pleasure gel hanno una penetrazione del 6% ma con interessanti trend di crescita. Su quale investire? Un mercato importante in termini quantitativi ma in riduzione, in cui la comunicazione è volta all’educazione o ad un mercato in crescita ma numericamente meno forte?
Annavera Lamolinara, Senior Brand Manager at Durex – RB
Ampliando lo sguardo al contesto d’uso è chiaro come il benessere sessuale sia una tematica molto delicata, soprattutto in Italia: coinvolge la sfera personale e i propri valori, nell’immediato e nella loro mutazione attraverso il percorso della vita di ciascuno di noi, nel paragone con il contesto culturale, religioso e sociale. Tutti questi fattori sono attentamente presi in considerazione ad ogni meeting delle campagne sottoposte al vaglio di Durex dalle agenzie pubblicitarie, con una validazione accurata che capisca come veicolare i concetti nella maniera più efficace per ogni cultura e paese. I bisogni dei consumatori di Durex sono diversi che si tratti di singolo o di coppia, che si ricerchi piacere, intimità, protezione e sicurezza oppure sperimentazione e gioco di coppia. Ma anche prendendo in considerazione le fasi della vita le esigenze spesso cambiano.
In questo scenario complesso il reparto marketing si trova a dover rispondere con una comunicazione coerente ad un’identità di brand unica: Durex è connessione tra persone, è un feeling amichevole e positivo, incoraggia. Ma come comunicare un condom ad un adolescente? E ad un universitario? Oppure ad una coppia sposata? Le percezioni sono diverse e occorre trovare il giusto modo di interagire a seconda dell’interlocutore e del suo contesto socio-culturale.
In tutto questo ancora non abbiamo incluso l’innovazione, ma Durex è ricerca, innovazione e qualità, sono questi tre elementi che stanno alla base di tutto. Annavera ci conferma che senza questo qualsiasi comunicazione non può portare a risultati duraturi, è proprio l’innovazione a consegnare valore nel tempo. E Durex non si tira indietro, negli ultimi tre anni ha proposto Durex Sync, Durex RealFeel, Pleasure Gel Sweet Strawberry Durex Gel e nel 2016 Durex Invisible e Pleasure Ring, solo per citarne alcuni.
Durex lavora costantemente per essere leader di mercato, come? La forza del brand sta nel binomio innovazione e comunicazione. Entrambi alimentano a diversi livelli la reputation del brand. Gli investimenti in comunicazione (e la qualità della stessa) rafforzano l’awareness e la considerazione del Brand, mentre indubbiamente la tipologia e la qualità dei prodotti, intesa anche come rispondenza ai bisogni, generano trial e riacquisto, oltre ad alimentare la stessa awareness e considerazione creando dunque un circolo virtuoso.
Tutte queste componenti della reputation del Brand, che caratterizzano e differenziano Durex rispetto ai propri concorrenti, vengono monitorati con costanza ed attenzione. Considerati tutti gli elementi di complessità del contesto e l’identità aziendale quali sono le strategie di comunicazione?
Le domande a cui rispondere sono molte: qual è la sfida nella comunicazione oggi? Dove investire e come scegliere? Come scegliere il messaggio? Con quali attori e canali diffonderlo? E tutto questo deve essere integrato: non è affatto una passeggiata.
In tema di comunicazione, il canale digital assume sempre più forza e affianca la TV; entrambi devono parlare sia di salute che di piacere, una sfida complessa ma avvincente. E allora abbiamo visto alcune delle ultime campagne. #Loveville è stata lanciata nel 2013 e poi riproposta nel 2014 e nel 2015, un contest tra città italiane che ha ottenuto un grosso engagement a livello social ma ha anche portato ad un incremento nelle vendite.
Nel 2014, durante i mondiali di calcio, è stata lanciata la campagna #roccotieniduro, il voto di castità di Rocco Siffredi per tutta la permanenza dell’Italia nel torneo. Sebbene la campagna fosse dedicata solo all’Italia, la risonanza ha varcato i confini nazionali ed ha raggiunto ben 60 paesi con 3,5 milioni di interazioni su facebook e 110 milioni di impressions.
E non è finita, state pronti alla nuova dirompente comunicazione che a breve invaderà i social.
Contest #MKTRsBREAK
Tra le varie iniziative adottate per generare un maggiore coinvolgimento da parte dei partecipanti c’è stato il contest su Instagram, ormai diventato elemento imprescindibile di ciascun evento (di certo uno dei momenti più attesi e divertenti).
La difficile sfida, lanciata ufficialmente il 17 marzo 2016, prevedeva di realizzare un video della durata massima di 15 secondi nel quale stupire il responsabile HR ed entrare in azienda al posto di Paolo Bitta, l’irriverente personaggio interpretato da Paolo Kessisoglu in Camera Cafè.
L’hashtag utilizzato per partecipare è stato #MKTRsBREAK, a sottolineare la necessità di dover “rompere gli schemi” – in tema con l’evento – per poter vincere.
Una vera sfida anche per gli organizzatori, specie nella ricerca dei premi per i primi tre classificati: come superare il drone dell’anno precedente? La risposta arriva da Durex, ospite all’evento con la Senior Brand Manager Annovera Lamolinara, che mette in palio un misterioso kit del piacere dal valore commerciale superiore ai cento euro.
I partecipanti sono riusciti perfettamente a centrare l’obiettivo: chi come @elkroky facendo leva sulle doti da “sciabolatore” di bottiglie, chi come @eleocordella imprigionando la concorrenza, chi come @giacomo.ber affidandosi al nonsense, chi come @albi_tisa riuscendo contemporaneamente ad allenarsi e ad essere presente al colloquio. Insomma, di idee dirompenti ce ne sono state parecchie.
Ma ecco i vincitori finali:
- 3. @rizzomarco23, “l’uomo chiamato contatto”, che si aggiudica tre libri che ciascun MARKETERs dovrebbe leggere
- 2. @itsribe, per il quale
quel tragicomico ritardo al colloquio gli è valso due paia di occhiali X-IDE (l’azienda ormai amica del MARKETERs Club incontrata dai ragazzi del Cortinametraggio) - 1. @olga__03, che per sbaragliare la concorrenza simula sagacemente un 70% di sconto da Zara: questa trovata la porta a vincere il premio più chiacchierato di tutti!
La giornata prosegue poi con gli interventi di Andrea Menandro, Senior Digital Manager at The Coca-Cola Company, e di Alessandro Sciarpelletti, Head of Digital at BCUBE, che insieme hanno ispirato, divertito ed emozionato le 400 persone presenti all’evento MARKETERs più dirompente di sempre. Almeno fino al #MDay16, di cui già si comincia a parlare (e twittare).
L’articolo ormai comincia a farsi lungo: per la lettura dei loro interventi si rimanda alla prossima newsletter, dalla quale sarà possibile scaricare la versione in formato PDF per rivivere appieno la giornata. Cosa aspettate ad iscrivervi?