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Start with Why: le persone comprano il “perché”, non il “cosa”

da 9 Marzo 2016Maggio 17th, 2017Nessun commento
Perché avete scelto quella facoltà? Perché state con quella persona? Perché amate così tanto quella città? Perché vi piace così tanto il vostro cantante/gruppo preferito? La risposta ad ognuna di queste domande è difficile da formulare, ma risiede già nella domanda stessa: la risposta è il perché.

No, non siete sul blog di Gigi Marzullo né state leggendo il plot del sequel di Trainspotting. Dopo i consigli di Francesco Favaro sui 15 libri da regalare ad un Marketer e la straordinaria recensione di Riccardo Coni su “Existential Marketing” di Paolo Iabichino, ora è il turno di un altro articolo a tema letterario. Semplicemente Simon Sinek – scrittore e antropologo tra i più apprezzati nel panorama dell’advertising – ritiene che il perché sia “l’amor che move il sole e l’altre stelle” di dantesca memoria, ed attorno al concetto di “Start with Why” ha costruito la sua carriera, tanto che il suo intervento al TED in materia è il terzo video più visto sul sito TED.com

Nel 2009 ha formalizzato questo concetto nell’opera letteraria “Partire dal perché. Come i grandi leader sanno ispirare collaboratori e clienti”, ma state attenti a non farvi ingannare dalla presenza della parola “leader” nel titolo: questo non è il classico manuale su come costruire la propria leadership partendo da zero, né vi sentirete galvanizzati per aver creduto di essere diventati i migliori venditori di sempre.

Partire dal perché

Questo libro di Sinek non si limita a spiegare il concetto dello “Start with Why” nel mero contesto aziendale di marketing e business, bensì si spinge più a fondo (giustificando la laurea di Sinek in antropologia culturale) e tenta di spiegare come ogni singola azione umana sia ispirata da una motivazione profonda, quasi inconscia, difficile da spiegare a parole. E questo perché, sostanzialmente, nel processo decisionale entrano in gioco due sezioni ben distinte del cervello umano: la neo-corteccia ed il sistema limbico.

La neo-corteccia è la parte esterna, che circonda il nostro cervello, e che è responsabile del pensiero razionale ed analitico: questa sezione cerebrale ha anche proprietà di linguaggio per cui, ogni qualvolta vi trovate a prendere una decisione basata puramente sulla logica, siete perfettamente in grado di spiegare il processo di scelta svolto.

Il sistema limbico si trova invece al centro del cervello, ed è l’area responsabile dei nostri sentimenti; volendo semplificare la questione, è l’area più irrazionale del nostro cervello e, al contrario della neo-corteccia, non è dotata di proprietà di linguaggio.

Vi ricordate le domande poste all’inizio di questo articolo? Sapreste motivare perché amate quella determinata persona? Spoiler: “é bella, mi fa ridere” non è una motivazione sufficiente, il mondo è pieno di persone di bell’aspetto che saprebbero farvi anche ridere.
Spoiler n° 2: no, non riuscite davvero a trovare le parole per spiegare quel sentimento, e questo perché è una sensazione che parte proprio dal sistema limbico.

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Il “Cerchio d’Oro”

Assimilata questa nozione di carattere biologico, Simon Sinek l’ha fatta propria e l’ha evoluta, arrivando ad enunciare il concetto di “Cerchio d’Oro”: come potete vedere nell’immagine, quei cerchi concentrici ricalcano in modo stilizzato la forma del cervello umano, e infatti la neo-corteccia (cerchio più esterno) è quella che ci permette di “fare cose”, ma è il sistema limbico (il centro) che offre la reale motivazione a tali azioni. Nel mezzo tra “cosa” e “perché”, il “come”, ossia le modalità realizzative.

Questo concetto è tanto semplice quanto illuminante, poiché la sua forza principale è che può essere applicato a qualsiasi realtà e qualsiasi condizione umana. Tuttavia è altrettanto semplice travisarlo e farne una traduzione inesatta, che può portare a superare agilmente i cerchi del “che cosa” e del “come”, senza però giungere al “perché”.

Un esempio di travisazione del “Cerchio d’Oro”, in termini di marketing, sono le cosiddette “manipolazioni”: quante aziende, per assicurarsi un aumento di fatturato lieve ma veloce, ricorrono a offerte, promozioni e sconti? Queste tattiche che agiscono sul prezzo sono sicuramente efficaci e aiutano i manager a portare a casa un discreto risultato, ma solo sul breve termine. Per citare lo stesso Sinek: Per chi vende, la leva del prezzo è come l’eroina. L’effetto a breve termine è fantastico, ma più la si usa più diventa difficile liberarsi dal vizio. Una volta che gli acquirenti si sono abituati a comprare un prodotto o un servizio a un prezzo più basso rispetto alla media, è molto difficile portarli a pagare di più”.

Con un messaggio aspirazionale si può convincere qualcuno a iscriversi a una palestra, ma portarcelo tre volte alla settimana richiede un po’ di ispirazione.

Le aziende che ricorrono a questi escamotage colpiscono solo la neo-corteccia, ma non riescono ad arrivare al sistema limbico: per farlo è necessario “ispirare”. Se un brand è in grado di ispirare i propri clienti, non solo potrà evitare di ricorrere a “manipolazioni” di prezzo, ma anzi riuscirà a costruire una base di clienti fedeli e (nei casi migliori) clienti-apostoli – completamente disinteressati al prezzo perché letteralmente “innamorati” del brand – che a sua volta permetterà di garantire all’azienda una redditività maggiore e più duratura.

“Prezzo e caratteristiche tecniche sono elementi importanti, che contano, in quanto sono fattori tangibili che ci permettono di razionalizzare il nostro processo decisionale, ma non ne determinano il corso e non ispirano il comportamento.”  

Allo stesso modo, un leader (in termini di posizione gerarchica nell’organigramma aziendale) non può definirsi tale solo perché affida determinate mansioni ai propri collaboratori auspicando che vengano adempiute nel più breve tempo possibile e che, per garantirsi la fedeltà dei propri subordinati, elargisce benefit e vantaggi di carattere economico. No, un leader per essere definito tale deve ispirare.

“I grandi leader sanno ispirare le persone all’azione. Essere capaci di ispirare significa dare agli altri uno scopo o un senso di appartenenza che non ha nulla a che fare con incentivi esterni o vantaggi da conquistare.”

I leader che provano ad ispirare riusciranno a circondarsi di collaboratori e dipendenti che saranno disposti a svolgere il proprio lavoro nel miglior modo possibile, anche senza incentivi “esterni”, e questo perché la passione e l’ispirazione trasmessa dal proprio leader è sufficiente a motivarli ad alzarsi la mattina e recarsi in ufficio. Le aziende ed i leader che riescono a raggiungere questo traguardo senza ricorrere a manipolazioni ed escamotage (di natura prettamente economica) avranno più successo, diventeranno più redditizi e tutto questo perché saranno stati in grado di comunicare il loro “perché”, ossia la forza e la passione che muovono le loro azioni.

jobs

Steve Jobs, l’uomo del “perché”

Sinek, per spiegare meglio ciò, ricorre ad un esempio che spesso viene citato nei libri di marketing e management: Apple e Steve Jobs. Apple non ha semplici clienti, ha dei veri e propri fan, irrazionalmente innamorati del brand. Sicuramente avrete anche voi un amico appassionato di tutti i prodotti dell’azienda di Cupertino: avete mai provato a chiedergli il perché di tanta passione? Beh, lui non sarà razionalmente in grado di spiegarvelo, e tenterà di rispondervi citando il design dei device Apple, la qualità grafica superiore e altre caratteristiche che, per il business della mela, sono secondarie. Il vero perché è da ricercarsi ben più al di là delle semplici features tecniche, in quanto risiede nel messaggio che Apple ha sempre comunicato (Think Different) e che l’ha resa una mosca bianca nel panorama delle aziende di ICT. Come disse lo stesso Steve Jobs, acquistare e possedere prodotti Apple è uno statement, al pari quasi di quanto fatto dai prodotti del luxury fashion, una dichiarazione d’intenti del proprio carattere e della propria volontà di differenziarsi: avete mai notato che, prima dell’avvento dell’iPod, le cuffiette erano esclusivamente nere?

E Steve Jobs stesso è il più grande esempio di inspiring leader, tanto che definirlo meramente un manager è quasi offensivo, oltre che riduttivo. E per osservare la sua capacità di ispirare basta guardare il video della presentazione mondiale del primo modello di iPhone: non nomina caratteristiche tecniche quali RAM, pixel, dimensioni, peso e altri aspetti in grado di spiegare il “cosa”; lui spiega il perché ha pensato a quel prodotto, il perché lo ritiene così importante per l’umanità, ed è lo stesso perché che in Jobs risiedeva negli anni ‘70, quando fondò Apple per contrastare lo strapotere di Microsoft e IBM. Se non siete convinti della grandezza ispiratrice di Apple e Steve Jobs, pensate a questo: avete mai visto un Mac o un iPhone scontati?

Perché partire dal perché

Avviandoci alla conclusione, riporto uno degli esempi più lampanti che Sinek cita per spiegare la differenza che si crea tra chi punta solo al “cosa” e chi invece comincia ad agire mosso da un “perché” chiaro e preciso.

Nel 1903 Samuel P. Langley, alto dirigente della Smithsonian Institution e professore di matematica (lavorò anche ad Harvard), aveva un desiderio: essere ricordato come il primo uomo ad aver pilotato un aeroplano. Grazie a numerose e potenti amicizie nell’economia e nella pubblica amministrazione degli Stati Uniti, riuscì ad ottenere dal Dipartimento della Guerra un finanziamento da 50.000 dollari (più altri 20.000 dal suo istituto): usò queste ingenti risorse per costruire un dream team di esperti considerati tra i migliori dell’epoca per talento e professionismo; acquistò i materiali migliori e sfruttò la sua posizione per far seguire la titanica impresa dalla stampa. 

Non molto distante, due fratelli erano concentrati sullo stesso obiettivo, ma con un diverso fine: la loro sconfinata passione per il volo e l’aerodinamica li spingeva a non accontentarsi mai, e così – in un modesto negozio di biciclette – misero insieme uno sparuto gruppo di amici che li aiutassero ad alzare in volo un aeroplano. Privi di titoli accademici, privi di finanziamenti pubblici, privi di attenzione da parte della stampa. Loro non volevano essere ricordati come i primi uomini ad aver volato, loro volevano solamente volare. Dimenticavo un particolare: i fratelli in questione erano Wilbur e Orville Wright, e sappiamo tutti come andò a finire.

In breve, come lo stesso autore dichiara alla fine, il “perché” è una condizione assolutamente necessaria se volete avere successo, come persone, come aziende, come brand. Se sarete in grado di ispirare il prossimo, a credere in voi così come ad acquistare i vostri prodotti; se sarete in grado di ispirarlo comunicando il perché che vi anima; se sarete in grado di far leva più sui suoi sentimenti che sulla sua ragione, beh, in questo caso avrete fatto un ottimo lavoro perché non avrete bisogno di manipolazioni e altre subdole strategie per garantirvi la sua fedeltà. Ricordate, come dice lo stesso Simon Sinek:  “People don’t buy WHAT you do, they buy WHY you do it.”

Riccardo Buson

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