Skip to main content
search
BrandingMarketing

Telefonia mobile e marketing tribale: cosa è stato, e cosa sarà

da 21 Aprile 2016Maggio 3rd, 2016Un commento
sim colorate operatori

Tim, Vodafone, Wind e 3 sono le quattro principali compagnie telefoniche italiane. Nel tempo, il ruolo che hanno assunto nei confronti degli utenti è cambiato: da brand di riferimento e di identificazione sono diventate semplici provider di connessione a internet mobile. Il futuro saranno le sim bianche?

In principio fu la SIP. La compagnia telefonica italiana, da vera pioniera del settore, nel 1973 lancia il primo servizio di telefonia radiomobile in Italia, destinato agli apparecchi “veicolari”, vale a dire montati sulle automobili e alimentati con le batterie delle auto stesse. Sfruttando il proprio ruolo di first mover e di sostanziale monopolista per 20 anni, la società piemontese cavalca l’onda della telefonia mobile fin dai suoi albori e nel 1990, quando il telefono cellulare portatile è un prodotto già conosciuto dal mercato, diventa il primo operatore cellulare europeo per numero di abbonati.

Gli anni d’oro della Christmas Card

In linea con il resto d’Europa, gli anni ’90 sono stati l’età dell’oro dello sviluppo della tecnologia mobile in Italia. A distanza di pochi anni l’una dall’altra nascono le principali compagnie telefoniche italiane, e il mercato letteralmente esplode: la SIP diventa Telecom Italia Mobile (TIM), e nascono Omnitel Italia, Wind, Blu (che durerà solo 3 anni) e H3G Italia (anche conosciuta come 3).

christmas card megan gale

I giovani degli anni ’90 sono stati dunque partecipi e protagonisti di una rivoluzione senza eguali, un ’68 della comunicazione che avrebbe letteralmente sconvolto l’ordine precedente:

  • cambia la modalità e la frequenza dei contatti tra le persone, che improvvisamente si ritrovano molto più vicine di quanto non lo fossero mai state;
  • si crea un lessico specifico, un registro linguistico fatto di acronimi che molti dominano o fingono di dominare (gsm, gprs, wap, e sfido chiunque a non aver mai finto di conoscerne la differenza);
  • chiamarsi non è più l’unica alternativa, ora ci si può scrivere brevi messaggi di testo in tempo (quasi) reale, senza avere una connessione a internet o senza attendere i tempi infiniti delle poste.

A questo punto, l’utente medio viene circondato da offerte e tempestato di promozioni, avendo conoscenza minima della materia e basandosi principalmente sul sentito dire, sul word of mouth, sul “mio zio che c’ha l’Omnitel non prende da nessuna parte”. Di più: ogni compagnia tende a offrire fin da subito, prima stagionalmente e poi (quando il mercato diventa maturo) con regolarità, promozioni per chiamate e messaggi a prezzi mai così bassi, ma solo verso utenze appartenenti allo stesso operatore (fatta eccezione per Tim, come vedremo successivamente).

Community e tribù, il mercato si spacca

Word of mouth e promozioni chiuse danno vita al fenomeno che ha caratterizzato l’adolescenza tecnologica di milioni di ragazzi italiani: la nascita di vere e proprie community basate sull’operatore telefonico di appartenenza. Il termine “community” risulta in questo caso persino riduttivo: di fatto si crearono delle vere e proprie bolle completamente impermeabili all’esterno, che includevano solo persone con lo stesso operatore telefonico, ed escludevano categoricamente gli altri, poiché con costoro non si poteva comunicare senza pagare.

Non si contano, pertanto, le amicizie mai nate e gli amori mai sbocciati per colpa di una distanza telefonica incolmabile, di un “sei Vodafone?” con risposta negativa, che significava nessuna possibilità di “messaggiare” gratuitamente con l’altra persona.

Se negli anni ’80 il battesimo del fuoco per entrare nel gruppo era fumare una sigaretta per omologarsi al branco, nei tardi anni ’90 era diventato cambiare operatore e spendere i soldi della carta servizi per avere la stessa promozione del resto degli amici.

È interessante, in questo scenario, notare come geograficamente l’Italia fosse più o meno spaccata in due: se al Nord prevaleva Omnitel (poi Vodafone), con le promozioni stagionali che garantivano 100 sms gratuiti giornalieri, al Sud faceva voce grossa Wind, che oltre a sms gratuiti (a soglia mensile, però) garantiva anche minuti di conversazione inclusi nella promozione.

Gli altri due operatori, Tim e H3G, fanno storia a sé per motivi diversi.

logo tim tribù

Tim, infatti, offriva messaggi e chiamate verso tutti gli altri operatori, cercando di aprirsi dunque e di rendere meno stagna la barriera tra operatori; ne consegue che nel panorama regionale monocolore monopolizzato da Vodafone al Nord e Wind al Sud, Tim ha sempre visto una distribuzione piuttosto omogenea nel territorio (detenendo tra l’altro sempre la maggiore delle quote di mercato, data anche dalle sempre interessanti offerte per gli utenti business). Solo nel 2005, Tim fece un tentativo molto forte di chiusura lanciando il piano “Tim Tribù”, puntando come target il pubblico dei giovani: i vantaggi non erano riservati alle telefonate e ai messaggi verso utenti Tim, ma esclusivamente verso altri utenti Tim Tribù.

H3G, invece, fa il suo ingresso sul mercato dopo gli altri, nel momento in cui viene installata in Italia la rete UMTS ad alta velocità. La compagnia sceglie la strada della chiusura totale: le promozioni sono solo verso altri utenti omologhi, e addirittura i dispositivi marchiati 3 sono programmati per funzionare esclusivamente con le sim proprietarie.

La situazione che si delinea tra il 1999 e (circa) il 2010 è dunque la seguente: quattro compagnie telefoniche si spartiscono le utenze di tutta Italia, con l’elemento fidelizzazione che fa da padrone e che rende i costi di transazione da una compagnia all’altra altissimi, per di più acuiti da una lotta territoriale tra operatori, un “Risiko!” nella vita reale che mira a conquistare il territorio di una o dell’altra compagnia facendo leva sui nuovi utenti, cercando (spesso senza riuscirci) di spodestare il monopolista di quella zona.

La tribù è morta, viva la tribù

Nel 2009, però, qualcosa accade. Da qualche anno, il mercato degli smartphone è in evoluzione e inizia a saturarsi di telefoni in cui la parte telefonica passa in secondo piano, pieni di funzioni e, soprattutto, rivoluzionati nella connettività: il Wi-Fi è ormai in ogni casa, e la connessione direttamente da smartphone diventa una commodity e non più un’eccezione o un lusso.

Il 2009 è l’anno di nascita di Whatsapp, celebre applicazione di messaggistica istantanea ora di proprietà di Facebook. Whatsapp (e con lei le app simili che nascono negli stessi anni, Line, WeChat, Telegram, ecc), al contrario degli sms con cui si era sempre comunicato fino a quel momento, ha una caratteristica peculiare: è un sistema profondamente democratico.

whatsapp telegram messenger

Cercando di scendere il meno possibile in dettagli poco da marketer e molto da nerd, il punto focale è che le compagnie telefoniche possono far pagare il singolo sms discriminando il prezzo a seconda del destinatario (se dello stesso operatore o meno); non possono, al contrario, far pagare i singoli messaggi che partono da questo tipo di app, né tantomeno fare dei distinguo impostati sugli operatori, in quanto alla base del funzionamento delle applicazioni c’è una “generica” connessione a internet.

Agli operatori telefonici non resta dunque che offrire tariffe “flat”, abbonamenti mensili che garantiscano un certo numero di gigabyte di dati da poter utilizzare per comunicare con il mondo esterno.

Da questo momento in avanti, l’unica discriminante per far parte del branco è avere accesso a una connessione a internet, non ha più importanza di quale colore. Per gli utenti e per il mercato, questo significa la decadenza dell’elemento della fedeltà alla marca, diventando ora il prezzo l’unico vero driver di domanda.

È la morte della community, il funerale della tribù.

Anche geograficamente la situazione cambia: la partita a “Risiko!” si accende, Nord e Sud non sono più monocromatici, poiché le compagnie cercano di sfruttare gli errori dei competitors proponendo tariffe a prezzi scontati per conquistare aree dove prima erano decisamente lacunose (emblematico il lavoro fatto da Tim in Veneto, da sempre feudo Vodafone, nel 2013: approfittando di un aumento delle tariffe Vodafone, Tim propose promozioni vantaggiose a prezzi più bassi della media, e riservati agli utenti veneti. Come risultato, una grandissima fetta di utenti Vodafone passò a Tim, mettendo di fatto la parola fine all’egemonia della compagnia che finora aveva quasi monopolizzato il Nord-Est italiano).

Le nuove tribù: le sim alzano bandiera bianca

Messa una pietra tombale sulle community basate sui provider, agli utenti servivano altri punti di riferimento. Contestualmente con questo cambiamento, pertanto, si è potuto osservare lo spostamento del focus dall’operatore al software: non più Vodafone contro Tim, ma Apple contro Android.

Questo cambiamento dell’attenzione può essere letto sotto due punti di vista differenti e complementari: da un lato, la ricerca da parte dei consumatori di aziende in cui identificarsi, una volta che gli idoli del passato erano stati abbattuti; dall’altro, il già citato sviluppo esponenziale del mercato degli smartphone, che ha posto in secondo piano la parte meramente telefonica dei dispositivi.

Già prima del 2009 infatti gli utenti si identificavano nelle marche di telefoni, ma con poca convinzione e soprattutto avendo un punto di riferimento, Nokia, che deteneva una quota di mercato talmente preponderante da far sembrare “strano” chiunque possedesse dispositivi di marche diverse (e il cui decadimento merita senz’altro un approfondimento a sè stante).

E il futuro? Secondo qualcuno, il futuro è bianco. L’Olanda, infatti, è la prima nazione europea in cui sono state legalizzate le cosiddette “sim bianche”, schede non appartenenti a nessun operatore in particolare, con cui sia semplicissimo lo switch da una rete all’altra, a seconda delle esigenze dell’utente; anche Apple, che di recente ha festeggiato il suo quarantesimo compleanno, sta lavorando alle Apple sim per iPad, per consentire a chi viaggia di poter usufruire delle migliori condizioni di rete senza essere vincolati a un singolo operatore. Se le previsioni si dovessero confermare veritiere, verrebbe definitivamente snaturato il concetto di operatore telefonico come lo conoscevamo 10 anni fa, a favore di una svolta open source del lato telefonico della comunicazione mobile.

Chi vince e chi perde?

In tutto ciò, indiscutibilmente, l’utente ci guadagna: i costi di transazione si abbassano drasticamente, la tecnologia avanza, le compagnie telefoniche concorrono solo sul prezzo, e la gamma di scelte possibili si amplia di molto. Quello che tuttavia viene a mancare, in questo universo popolato da gigabyte, note vocali e notifiche silenziate, è il lato romantico del meccanismo tribale, fatto di sms limitati e risparmiati attraverso abbreviazioni imbarazzanti, di ecosistemi chiusi e, in un certo senso, di profondo senso di appartenenza a questi ecosistemi, di identificazione con la marca, che veniva difesa a spada tratta contro ogni detrattore.

Per i ragazzi che si approcciano oggi al mondo della telefonia mobile per la prima volta, i colori e le bandiere sono stati rimpiazzati dal grigio del prezzo, unica condizione nella scelta dell’operatore; i messaggi sono illimitati, sia nel numero che nella lunghezza; le abbreviazioni diventano quindi uno sforzo inutile e stilisticamente discutibile, retaggio di quando i caratteri erano contati e ogni spazio andava pesato. “Ah, come Twitter!”, mi sono sentito dire. Ma che ne sanno…

Andrea Sartorello

Un commento

  • il miglior pub ha detto:

    Ϲiao un miօ collega mi ha twittato l’indirіzzo di questo
    blog e sono venutoo a vedere se veramente merita. Mi piace ampiɑmente.
    Subito aggіunto tra i preferiti. Bellissimօ blog e grafica splendido

Lascia una risposta

Close Menu