
In questi giorni si è tornati a parlare di Tidal, anche se, come spesso è successo, non per via dei risultati raggiunti dal servizio di streaming musicale di Jay Z. Qualche giorno fa infatti il Wall Street Journal se ne è uscito affermando che Apple sarebbe in trattativa per acquisire il servizio, dopo aver fatto lo stesso con Beats Music nel 2014.
Tidal è un servizio di streaming musicale ad alta qualità, lanciato dalla svedese Aspiro nel 2014, ma che ha iniziato a far parlare di sé a inizio 2015 quando venne acquisita da Jay Z per 56 milioni di dollari.
I punti su cui il servizio punta forte sono l’altissima qualità dello streaming, la giusta remunerazione degli artisti che da anni criticano le bassissime royalties derivanti dai servizi di musica in streaming come Spotify o Apple Music, e una serie di interessanti esclusive dei più grandi artisti della scena americana e mondiale.
La campagna di rilancio del servizio fu davvero mastodontica, Tidal si proponeva come “il servizio di streaming di proprietà degli artisti” che al momento del lancio godeva dell’endorsment di colossi della musica come lo stesso Jay Z, Kanye West, Madonna, Beyoncè, Rihanna, Daft Punk, Coldplay e molti altri.
Questo lo spot che in grande stile rilanciava Tidal a marzo 2015:
Scelte di business sbagliate?
La campagna di lancio del servizio però subì pesantissime critiche, e quella che doveva essere una rivoluzione musicale si tramutò in un grandissimo flop.
Fondamentalmente, al pubblico non interessava uno streaming musicale ad altissima qualità, ma gli è sufficiente avere un catalogo il più vasto possibile con la minima spesa. Inoltre, spesso e volentieri le persone ascoltano musica con cuffie o auricolari di qualità medio-bassa, il che rende impossibile distinguere la qualità del suono.
All’utente medio non interessa nemmeno far arricchire gli artisti, anche se più che un “arricchimento” sarebbe un “giusto guadagno”, frase che comunque lascia il tempo che trova nel momento in cui a pronunciarla sono dei rapper miliardari come Jay Z o Kanye West.
Poi, l’hashtag di lancio del servizio, #TIDALforALL. “For All” significa “per tutti”, se non fosse che il servizio ha un costo di 20$ al mese. Quindi non proprio per tutti, ma solo per chi ha 240$ all’anno da spendere in musica in streaming.
Il tweet di Jay Z per il suo rilancio di Tidal
Per assurdo, il prezzo elevato e i contenuti in esclusiva rischiavano di riportare la pirateria musicale a livelli che, fortunatamente, non si vedevano da anni. L’ultimo album di Kanye, The Life Of Pablo, rilasciato in esclusiva su Tidal, fu scaricato illegalmente da oltre mezzo milione di utenti nel solo giorno di lancio.
L’app Tidal per smartphone uscì presto da quelle maggiormente scaricate (in App Store fu addirittura fuori dalla top 700 poche settimane dopo il lancio), e molti degli artisti che avevano inizialmente sponsorizzato il progetto fecero un passo indietro, togliendo dalle loro pagine social qualsiasi riferimento a Tidal.
Sembrava quasi di rivivere la storia di Pono, il lettore musicale lanciato da Neil Young su Kickstarter che si proponeva di combattere gli mp3 in favore di una qualità del suono migliore, fallito in breve nonostante i buoni risultati della campagna perché, fondamentalmente, siamo tutti comunque soddisfatti dalla qualità della musica che ascoltiamo su Spotify o scarichiamo da iTunes.
Megaflop? Forse no
Dopo il flop iniziale, nessuno si era più preoccupato di Tidal, avevano iniziato a girare voci di mancati pagamenti agli artisti e si erano succeduti ben tre CEO in pochissimi mesi. Si parlava di una possibile svendita del servizio verso Google o Samsung, e lo stesso Jay Z non aveva nascosto il suo disappunto verso chi aveva collaborato ad affossare il servizio con una serie di recensioni negative.
Poi pian piano la risalita ed il boost di sottoscrizioni che gli ha permesso, un po’ a sorpresa, di superare i 3 milioni di iscritti ad un anno dal lancio, e a contare 4,2 milioni oggi (Spotify conta però 30 milioni di utenti Premium, per fare una comparazione). Complici alcune scelte azzeccate, come la scelta di fornire anche un servizio intermedio da 10$, allineandosi quindi ai prezzi dei principali competitor, l’ampliamento del catalogo che ora conta oltre 40 milioni di brani, e il supporto di nuovi artisti che ora porta a 20 il numero di “proprietari” di Tidal.
Perché Apple?
Ora, come dicevamo all’inizio, secondo le indiscrezioni Apple sembra seriamente interessata a Tidal. Il colosso di Cupertino ha già acquisito Beats Music nel 2014, sfruttandone la tecnologia per lanciare il suo servizio di streaming, Apple Music. Beats ha portato con sé in Apple anche un genio dell’industria musicale come Dr. Dre, inglobare ora anche Jay Z e compagnia sarebbe una mossa quasi da fantacalcio che permetterebbe a Apple di rilanciarsi completamente nel mondo musicale come non succedeva dai tempi in cui dettava legge con il connubio iPod-iTunes. L’influenza a livello discografico degli artisti che compongono le fondamenta di Tidal, unita al potere di iTunes, potrebbero davvero cambiare (di nuovo) l’intero scenario mondiale di fruizione musicale.
Il nuovo interesse di Apple nel non voler perdere quote nel mercato dello streaming musicale si era già palesato qualche settimana fa, quando aveva bloccato l’ultimo aggiornamento dell’app di Spotify per evitare che i clienti sottoscrivessero gli abbonamenti Premium al di fuori dall’app (dove Apple non ha potere) ma insistendo affinché questi venissero attivati come acquisto in-app, su cui Apple incassa il 30% in royalties.
La ricerca del valore aggiunto
Ora, ammesso che queste indiscrezioni siano fondate, resta da capire come Apple Music possa rilanciarsi e cercare di contrastare l’egemonia di Spotify. Ad oggi, infatti, molti utenti Apple che utilizzano Spotify da anni non sono intenzionati ad abbandonare la piattaforma svedese in favore di Apple Music, semplicemente perchè non ne vedono un valore aggiunto (ricordiamo che Apple Music è disponibile anche per dispositivi Android, ma con tassi di utilizzo molto bassi).
Ecco allora che Tidal può dare quel valore aggiunto in grado di far spostare l’ago della bilancia verso il servizio di Cupertino, mettendo insieme caratteristiche uniche come la qualità del suono e le esclusive, unite alla base di utenti Apple e alla sua capacità di promuovere nuovi servizi al mondo intero.
Teniamo quindi gli occhi aperti perché potremmo essere di fronte ad una nuova (l’ennesima?) rivoluzione del mondo della musica nei prossimi mesi.