
Esiste, al giorno d’oggi, un mercato più in fermentazione di quello della birra? Difficile da credere: in questo settore è in atto una rivoluzione non solo commerciale, ma gastronomica e culturale.
I dati sono unanimi nel confermare che siamo di fronte a un vero boom: secondo il rapporto Assobirra 2014, rispetto all’anno precedente la produzione nazionale è aumentata del 4.7%, e sono cresciuti tanto l’import (+1.4% rispetto al 2010, +11% al 2006) che soprattutto l’export (16.3% più del 2010, e di tre volte rispetto al 2006), consolidando il decimo posto dell’Italia tra i produttori europei, con una quota del 3.4% della birra prodotta nel Vecchio Continente.
Piccoli produttori, grande qualità
L’Italia è un caso emblematico per capire come si sta evolvendo il mercato birrario globale, essendo nel mondo il Paese in cui storicamente il settore vinicolo prevale più nettamente su quello brassicolo. Il dato che fa più riflettere è che proprio da noi l’espansione dei microbirrifici, cioè quei produttori di birra che per metodi e volumi sono a tutti gli effetti delle imprese artigianali, è stata più eclatante (+138% negli ultimi 5 anni), a riprova del radicale cambiamento nei gusti dei consumatori, che un po’ alla volta abbandonano il segmento mainstream per esplorare sapori più raffinati e conoscere brand nuovi e indipendenti.
Siamo quindi di fronte a una controtendenza rispetto alla concentrazione di brand che ha seguito la fusione lo scorso anno tra i due più grandi gruppi proprietari di brand birrari al mondo, SAB Miller e AB InBev. Non c’è da stupirsi quindi se si nota che lo scaffale della birra del proprio supermercato di fiducia è triplicato, merito del flusso di consumatori che dai segmenti Standard e Premium, quello delle birre “commerciali” di fascia media (-1.6% e -3.4% nel 2013 ), si è spostato sul segmento Specialty, quello delle birre speciali di produzione artigianale e di prezzo più alto (+8.7%). Sempre più affezionati del malto cercano nella loro birra più varieta e più identità.
La birra: un prodotto culturale e sempre più artigianale
Ed è esattamente questo il punto cruciale per spiegare l’ascesa della birra artigianale tra le preferenze del pubblico: bere una birra non è più solo gustare un alcolico leggero e fresco, percepito come meno complesso e “nobile” del vino, ma si è trasformato in un’esperienza dai risvolti culturali molto profondi. Si può affermare che il mondo della birra abbia raggiunto, oltre a un pubblico più vasto, una maturità in senso qualitativo: oggi infatti è sempre più larga la sezione dei bevitori abituali che non si accontenta cerca nuove varietà brassicole che riflettano una maggiore attenzione a ingredienti e procedimenti speciali.
Per la sottocultura hipster ad esempio, la birra artigianale è un caposaldo nelle scelte alimentari di ogni buon foodie, poiché incarna perfettamente lo spirito di indipendenza dal mainstream, ricercatezza da maker e specificità del territorio in cui viene prodotta; in sostanza, le qualità che solitamente sono tipiche di un’etichetta discografica indie, ma nondimeno di una buona cantina vinicola. È facile notare poi che questi brand puntano molto a instaurare una community forte e molto caratterizzante con i loro clienti, quattro esempi su tutti Birrone, Ofelia, 32 Via dei Birrai e il precursore Birra Baladin.
La birra, bevanda indie
Ma allora dove sta la differenza nel marketing tra vino e birra? È sufficiente dare un’occhiata allo splendido blog Oh! Beautiful Beer per capire che, grazie anche alla fantasia nella veste grafica del prodotto, la birra artigianale non può che far impazzire specialmente i giovani, che se prima avrebbero bevuto una “qualsiasi” birra commerciale, ora vengono attratti nel colorato e un po’ eccentrico mondo della birra indipendente.
Come hanno reagito i big?
Alla forte identità del mondo artigianale i colossi del mercato hanno reagito con diverse strategie di marketing: dal tradizionale impegno come sponsor dei maggiori eventi sportivi e musicali (Heineken e Beck’s) al caso che ormai ha fatto storia nel social media marketing, Ceres, che utilizzando un instant marketing intelligente e irriverente ha creato un engagement difficile da battere nel settore.
Ma non è solo con l’advertising che i grandi brand cercano di difendersi dai piccoli: marchi storici come Moretti, Castello, Peroni e Poretti hanno recentemente risegmentato la loro offerta puntando moltissimo su nuove varietà di birre arricchite di prodotti regionali tipici o formule con luppolature e fermentazioni speciali.
A gioire di questa super espansione dell’offerta sono naturalmente i consumatori, che possono così imbarcarsi in una scoperta di nuovi gusti legati ai marchi ma anche a materie prime e territorio, per la gioia di Slow Food.
Siamo insomma innegabilmente di fronte alla definitiva affermazione della birra tra gli alcolici nobili, e possiamo felicemente brindare al fatto che magari non berremo di più, ma sicuramente potremo bere meglio.