
Provate a pensare ad un atleta di livello mondiale, un fenomeno nella sua disciplina, la prima parola che vi verrà in mente sarà la squadra in cui milita, oppure lo sport che pratica, ma se avete il cosidetto “eye of the Marketer” la seconda parola sarà sicuramente un Brand. Attenzione però, la corsa degli sponsor verso i migliori atleti può essere veloce, ma il loro retrofront può esserlo ancora di più.
7 marzo 2016, questa data non vi dice niente? Si tratta del giorno scelto dalla tennista russa Maria Sharapova per la sua conferenza stampa. In molti sospettavano che l’ex baby prodigio del tennis mondiale, vincitrice di Wimbledon a solo 17 anni, undici anni dopo volesse annunciare il suo ritiro. I recenti infortuni sommati all’egemonia di Serena Williams ne hanno frenato la carriera, ma un ritiro a 28 anni avrebbe avuto del clamoroso.
Ebbene la notizia che ha dato è stata ancora più clamorosa: uso di sostanze dopanti. Nel corso dell’ultimo controllo anti-doping la tennista è stata trovata positiva ad un farmaco: il Meldonium. Quest’ultimo è stato però dichiarato illegale dal circuito WTA (Women’s Tennis Association) dal 1° gennaio; utilizzato come anti-ischemico, in grado di prevenire problemi di cuore, cefalee e somministrato ai diabetici. Già monitorato da diverso tempo, questo farmaco, secondo la World Anti-Doping Association “aiuta a migliorare la resistenza, accelerare i tempi di recupero, attivare la risposta del sistema nervoso centrale e superare meglio lo stress”, alterando quindi le performance.
Con occhi lucidi e voce quasi rotta Masha (soprannome dell’atleta russa derivante dalle iniziali di nome e cogmone) ha ammesso di farne uso da 10 anni, sottolineando il fatto che questo farmaco solo di recente è entrato nella lista nera delle sostanze proibite, aggiungendo che quello da lei utilizzato riportava un altro nome.
L’atleta russa ha esordito assumendosi la piena responsabilità delle proprie azioni e dichiarando di “non voler finire la propria carriera in un hotel di Los Angeles con questo brutto tappeto”. Allo stato dei fatti Masha rischia una squalifica di oltre due anni, e viste le poche e deboli attenuanti l’ipotesi risulta più che concreta.
[Aggiornamento: oggi 8 giugno 2016, tre mesi dopo l’annucio shock dell’atleta il Tribunale della Federazione Internazionale del Tennis si è riunito e ha privato Masha di 430 punti nel ranking ed una ingente somma di denaro. A questo va aggiunta la squalifica dai campi di due anni. Le azioni sono state riconosciute come involontarie, ma la negligenza dell’atleta nel nascondere l’utilizzo del Meldonium ha fatto si che la pena fosse alquanto severa.]
La fuga di alcuni Sponsor…
Una notizia sconvolgente, che ha messo la Sharapova sotto un riflettore tanto scomodo quanto affollato, già, perché anche altri atleti sono stati trovati positivi al suddetto farmaco.
Lo scandalo ha seriamente minato la carriera della bella tennista non solo dal punto di vista sportivo, ma anche mediatico: tutti i main sponsor infatti, a seguito della notizia, hanno deciso di abbandonarla rescindendo i contratti vigenti. Primo su tutti Nike, che ha dichiarato “di voler sospendere i rapporti con l’atleta e di continuare a monitorare la vicenda”, in seguito l’azienda svizzera produttrice di orologi Tag Heuer ha rescisso il suo contratto e la casa automobilistica tedesca Porsche ha annullato tutti gli eventi in programma con la tennista sino alla chiusura delle indagini.
…il sostegno di altri
La casa olandese produttrice di attrezzatura sportiva Head, con Masha dal 2011, ha deciso di concedere all’atleta “il beneficio del dubbio” e rimanerle ancora accanto. A tal proposito sono state significative le parole del CEO Johan Eliasch: “L’onestà e il coraggio mostrati nell’annunciare il suo errore è ammirevole. La Head è orgogliosa di restarle accanto adesso ed abbiamo intenzione di rinnovarle il contratto”. Una mossa audace ed in controtendenza rispetto a Nike, famosa per non perdonare i passi falsi dei propri endorsed athletes.
In tutto ciò la famosissima acqua francese Evian, American Express ed Avon continuano a monitorare da vicino la vicenda.
Uno sguardo più ampio ai proventi dei migliori Atleti a livello mondiale
La maggior parte dei guadagni degli atleti d’elite deriva proprio dalla loro immagine, dai loro contratti di sponsor con aziende di cui diventano testimonial veri e propri. Nel 2015 la rivista Forbes ha stilato la classifica dei 100 atleti più pagati al mondo, come ben si nota molti atleti guadagnano cifre astronomiche grazie ai contratti di endorsement, cifre, in molti casi, ben più alte di quelle derivanti dagli introiti sportivi veri e propri. Aprono la classifica due pugili di caratura mondiale come l’Americano Floyd Mayweather ed il filippino Manny Pacquiao, i cui ricavi nel 2015 sono stati mostruosi proprio grazie a quello che è stato definito “l’incontro del secolo” tra i due. Curiosità: proprio l’americano, famoso per la continua ostentazione della propria ricchezza, non risulta avere in essere alcun contratto di sponsorizzazione degno di nota proprio a causa del suo atteggiamento “poco professionale” e per colpa di scandali riguardanti episodi di violenza domestica negli anni passati, per questi ultimi ha dovuto scontare anche alcuni mesi di carcere.
Ma come gestire gli scandali sportivi?
Cosa succede quando qualcosa non va come dovrebbe andare? Quando un evento imprevisto rischia di arrecare danno ad un brand? Come viene gestita questo tipo di crisi?
Chiaramente nessun brand vuole vedere sminuita la propria immagine percepita, né tanto meno il proprio valore. Per prima cosa viene analizzata la gravità della situazione, si cerca di capire se in qualche modo quest’ultima può ledere il brand e successivamente si agirà di conseguenza. Alcune aziende risultano più flessibili e comprensive, mentre altre adottano decisioni ferme e drastiche.
Il colosso di abbigliamento sportivo americano Nike è famoso per adottare soluzioni drastiche in situazioni che possono risultare scomode. Ecco alcuni dei più famosi scandali recenti che hanno scosso il mondo dello sport, con uno sguardo alle reazioni dei principali brand, più o meno direttamente, coinvolti.
Manny Pacquiao
Pugile #2 al mondo nel 2015 e personalità molto influente nel suo paese d’origine, le Filippine. Venerato al pari di una divinità nella sua terra, tanto da ricoprire anche un incarico da parlamentare è senz’altro l’atleta filippino più famoso al mondo. A seguito di frasi di stampo omofobo, rilasciate durante un dibattito televisivo, ha visto rescisso il suo contratto con Nike che non ha tollerato simili affermazioni su un tema così attuale ed allo stesso tempo delicato.
KO.
Lance Armstrong
Stiamo parlando di uno dei ciclisti più forti che questo sport abbia mai conosciuto, vincitore per ben 7 volte consecutive del Tour de France dal 1999 al 2005, persona in grado di sconfiggere nel 1998 un cancro ai testicoli. Un atleta formidabile, simbolo di tenacia e rinascita, caduto nell’oblio dello scandalo del doping. Famosissima è la sua intervista all’Oprah Winfrey Show nella quale confessò di aver utilizzato sostanze dopanti. A livello sportivo gran parte delle sue vittorie, tra cui i 7 Tour de France vinti di seguito, sono state revocate.
Costretto a dimettersi da presidente della sua stessa associazione, fondata per aiutare le persone malate di cancro, Livestrong Foundation, il giorno stesso delle dimissioni Nike ha rescisso il contratto con Lance. Molti altri brand, sportivi e non, a seguito della notizia hanno rescisso o deciso di non rinnovare il proprio contratto con il ciclista. Anheuser-Busch’ Michelob di cui Armostrong era testimonial per la birra Ultra Holiday, Trek Bicycles che lo ha accompagnato per tutta la sua carriera professionistica, Giro Helmets, la quale aveva anche dedicato un modello di casco al ciclista, Honey Nutritions, produttrice di beni alimentari ha rimosso l’immagine di Armstrong da tutte le sue confezioni, in ultimo la catena di palestre 24-Hour Fitness, addirittura sei di queste palestre erano co-branded con il suo nome.
Una CADUTA che ha inevitabilmente gettato nell’ombra del discredito la sua intera carriera.
Una lunga lista
La lista degli atleti dropped by sponsors è molto lunga e comprende atleti di fama mondiale tra cui possiamo annoverare:
Alex Schwazer
Orgoglio italiano ed oro olimpico a Pechino 2008, atleta di Vipiteno nel 2012 è stato trovato positivo all’EPO, sostanza dopante che migliora la resistenza. Ricorderete la sua celebre collaborazione con Ferrero, questa non è stata rinnovata alla sua scadenza, mentre Despar e Garmin hanno deciso di stare accanto all’atleta aiutandolo ad affrontare il periodo più buio della sua vita.
[Aggiornamento: sembrerebbe che l’atleta azzurro ci sia ricascato, le analisi svolte in un controllo il 1 gennaio 2016, evidenziano tracce di sostanze anabolizzanti nel sangue e nell’urina di Schwazer, che subito si è dichiarato scoinvolto e tramite il suo avvocato ha fatto sapere che avrebbe intrapreso un’azione legale. Gli ulteriori sviluppi della vicenda però sembrano confermare quanto emerso dalle analisi, il risultato è stata l’esclusione delle Olimpiadi di Rio 2016 alle quali l’atleta si era già qualificato.]
Oscar Pistorius
Il plurimedagliato atleta paraolimpico in seguito all’accusa di omicidio della fidanzata ed alla relativa condanna in primo grado a 5 anni è stato inevitabilmente abbandonato da tutti gli sponsor, primo fra tutti, ovviamente Nike.
Mike Tyson
L’ex campione del mondo di pugilato, categoria pesi massimi, durante la sua carriera piena di vittorie, ma anche di eccessi e condanne, ha perso milioni in termini di contratti rescissi, tra i più famosi Pepsi e Nintendo.
Wayne Rooney
Coca-Cola si è detta disgustata del comportamento dell’asso del Manchester United, scoperto nel tradire la moglie incinta con alcune prostitute, ed ha immediatamente rescisso il suo contratto. Curiosamente Nike ed EA Sports hanno mantenuto in essere i loro accordi.
Kobe Bryant
13 anni fa veniva accusato da una donna di aggressione sessuale e subito McDonald’s decise di non rinnovare il contratto con la star dell’NBA. Anche l’italianissima Ferrero decise di rescindere il proprio contratto con il cestista, ritenendo l’immagine dell’atleta troppo infangata per rappresentare i valori dell’azienda. Sprite e Nike non rescissero il proprio contratto, e dopo che la vicenda venne chiarita (Kobe trovò un accordo con la sua accusatrice), molti altri sponsor arrivarono, dopo tutto stiamo parlando di uno dei cestisti più vincenti e decisivi della storia di questo sport. Contratti con Nike, Lenovo, Turkish Airlanes consentono a Black Mamba di occupare la decima posizione della classifica di Forbes.
Michael Phelps
Sospensione dall’attività per tre mesi e contratto con Kellog’s “andato in fumo” per lo squalo di Baltimora, proprio a causa di foto che lo ritraggono fumare erba da un bong ad una festa. Altri sponsor come Speedo, Visa, Omega Watches e Subway invece decisero di rimanere accatto al campione, ad oggi uno dei top athletes di Under Armour.
Numerosi altri atleti della NFL (National Football League)
Molti di questi sono stati coinvolti in situazioni altamente scomode come violenze domestiche (Ray Rice i cui contratti con Vertimax, Nike ed EA Sports sono stati rescissi, tanto da arrivare all’esclusione del videogame prodotto da quest’ultima), abuso di minore (Adrian Peterson ha perso l’appoggio di Nike, Castrol Oil e Mylan), combattimento tra cani (Michael Vick non più supportato da Nike, Reebok, Rawlings, Donruss, Upper Deck ed AirTran Airways), tweet scomodi sull’epilogo della vicenda Osama Bin Laden (Rashard Mendenhall abbandonato da Champion).
Atleti militanti nella MLB (Major League Baseball)
La maggior parte di questi sono stati coinvolti in scandali riguardanti sostanze dopanti tra cui figurano Roger Clements, Mark McGuire e Barry Bonds, quest’ultimo ha visto immediatamente rescissi i propri contratti con Mastercard, KFC e Charles Schwab.
Un caso a parte: Tiger Woods
Al nome Tiger Woods vengono in mente due cose: golf e scandali sessuali. È il 2009, tutto iniziò con sospetto incidente d’auto alle 2 di notte, ma nei successivi quattro mesi la vicenda evolse in uno dei maggiori scandali sessuali che il mondo dello sport abbia mai conosciuto, complice una lista di amanti davvero lunga. Woods ammise tutte le proprie colpe e fece anche ammenda, compiendo un gesto forte come quello di ricoverarsi in una clinica per disintossicarsi dal sesso.
In quegli anni Tiger era il golfista #1 del circuito, freddo ed imbattibile. Uno sportivo del genere poteva mancare tra gli endorsed athletes di Nike? Certo che no. Ma come ha gestito stavolta la vicenda l’azienda, portatrice di valori così sani ed integerrimi? Il compenso di Tiger venne dimezzato, ma il contratto non venne annullato.
C’è di più, venne girato uno spot di 30 secondi in bianco e nero nel quale appare in primo piano un Tiger mesto e silenzioso, con in testa un cappellino con il classico swoosh.
Tiger ascolta una voce, è la voce di Earl Woods, padre del campione scomparso nel 2006. “I want to find out what your thinking was, I want to find out what your feelings are, and did you learn anything?” La voce, con tono severo, ma allo stesso tempo comprensivo, mette di fronte Tiger alla scomoda situazione rimproverando il protagonista proprio come un padre farebbe con un figlio.
Adv geniale oppure inquietante? Mossa giusta o sbagliata?
Lo stesso Tiger fu tacciato di poca umanità per aver utilizzato la voce del defunto padre per uno spot di “redenzione”, per ripulire la propria immagine dal fango che egli stesso aveva tirato su di sé compiendo certe azioni. Nike dal canto suo invece ha deciso di stare vicino all’atleta e alla sua famiglia, in una situazione molto delicata, dimostrando molta empatia in una questione molto spinosa, forse troppo? Fatto sta che lo spot ha generato un buzz enorme tanto che la query “Tiger Woods Nike Ad” è stato il primo argomento su Google Trends per diversi giorni, ed ha scatenato opinioni e giudizi contrastanti da parte degli esperti del settore.
PUTT in extremis per il PAR di Nike.
Empatia o convenienza? In molti hanno tacciato Nike di voler cavalcare a proprio vantaggio una vicenda di gossip. Certo non il tipico pugno duro caratteristico di Nike, quanto piuttosto un buffetto di ammonimento.
Chiaramente ogni situazione ha le sue sfaccettature e particolarità, ma una cosa è certa: se lo scandalo riguarderà uno dei principi fondamentali dello sport, il pugno di Nike sarà duro come quello di Mohammed Alì. Si prenda ad esempio il doping, questo non è altro che una scorciatoia, talvolta un’alternativa a quella quotidiana dose di sacrificio che essere un Atleta con la A maiuscola richiede.
Per questo, volendo effettuare un paragone, Maria Sharapova è stata scaricata da Nike, e Tiger Woods no. Perché il primo comportamento ha inciso direttamente sull’immagine della figura sportiva in quanto tale e sui suoi risultati sportivi. E’ venuto a mancare uno di quei valori che ogni sport dovrebbe insegnare, quindi uno degli ideali che permeano una cultura aziendale come quella di Nike.