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L’Umana ripartenza in un “Tempo Nuovo”: intervista a Francesco Bottigliero

‘You can define an era by the clothes’. A dirlo Anna Sui, eccentrica stilista americana, che parla del futuro della moda ai microfoni del BoF Podcast. L’era che stiamo vivendo ci ha insegnato che è il momento di reagire, spetta ai brand sviluppare nuove soluzioni adatte alle caratteristiche di un mercato fluido e sfaccettato. Per il fashion business e in particolare per il mercato del lusso, lo avevamo già messo in evidenza in questo articolo

Cosa porterà con sé il “Tempo Nuovo”? Una ripartenza fondata su un rapporto virtuoso tra umanesimo e tecnologia, tra spirito e armonia, tra profitto e dono, scrive in una lettera aperta Brunello Cucinelli, founder dell’omonima azienda del lusso che ha il suo quartier generale in Umbria, presso il Borgo di Solomeo. La società contactless di questi mesi è stata di ostacolo ai trend di personalizzazione ed empatia che i brand stavano perseguendo per allinearsi alle esigenze dei consumatori. I consumi evolvono e con essi le strategie che imprese e aziende attuano per inseguire i nuovi trend. Quali sono le nuove modalità di business per un’impresa del fashion luxury che fonda le radici della propria filosofia attorno ai temi di umanità, bene comune e bellezza?

tempo nuovo Brunello Cucinelli

La vostra azienda Brunello Cucinelli è una società quotata in borsa, esporta in tutto il mondo,  è punto di fusione tra industria e artigianato attorno alla quale pervade una filosofia d’impresa che trae la propria linfa vitale dalla cultura umanistica, dove il benessere sociale, l’etica e i valori di bellezza e umanità vanno di pari passo con la crescita dell’impresa. Molti altri brand sono ricorsi negli scorsi mesi, alla ripresa delle attività, a concetti inerenti l’umanesimo; qual è tuttavia la chiave della ripartenza per un brand che per primo, già molto tempo fa, ha consacrato l’idea di un capitalismo umanistico?

La domanda delle domande! Quello che ci ripete il nostro Presidente e Fondatore (Brunello Cucinelli) è che dobbiamo essere ancora più speciali. Sappiamo che in questo momento incontreremo clienti, colleghi, partner e fornitori che probabilmente in giro per il mondo stanno vivendo un momento difficile, magari avranno avuto loro stessi problemi di salute. In un contesto del genere Brunello ci ricorda sempre che le persone sono meno disposte a tollerare arroganza, presunzione, maleducazione, mentre un tocco umano, una parola di vicinanza, una carezza anche solo virtuale può essere il passo giusto da fare nei confronti di chi ci circonda e anche nei confronti delle persone con cui lavoriamo. Applicato al business, rimaniamo tutti un po’ sorpresi nel leggere della rapidità con cui tante aziende tagliano il personale e rivedono i contratti. Brunello in privato e in pubblico ci ha sempre detto “noi cerchiamo di essere quelli che siamo sempre stati, e anzi rinforziamo l’attenzione nei confronti del prossimo”. 

Pubblicità tempo nuovo Brunello Cucinelli

Abbiamo vissuto «il primo grande momento di discontinuità degli ultimi 75 anni di storia», ha dichiarato lei stesso in un’ intervista a #intervallolungo di Fabio Lalli, nello scorso mese di aprile. Quali nuovi passi sta percorrendo l’azienda, per parafrasare il concetto di “Tempo Nuovo” divulgato nei vostri canali, per evitare di trovarsi nella situazione di chi, come di sovente ripete Cucinelli citando Voltaire, «non accetta i cambiamenti e insieme a essi perde anche ogni beneficio che ne potrebbe derivare»?

Siamo di fronte a uno scenario nuovo in cui il mondo del retail è attraversato da due importantissime correnti perturbanti. La prima perturbazione è che le persone viaggiano e si muovono meno e inevitabilmente entrano meno nei negozi. Anche Google Trends nel corso degli ultimi mesi ha rivelato un rimescolamento delle priorità. Google Trends è uno dei tanti termometri su ciò che cerca, ciò che desidera, ciò che manca all’umanità. Un esempio singolare è che in Alaska – non si tratta della Romagna o della pianeggiante Danimarca – nel periodo del lockdown, durante la scorsa primavera, c’è stata un’inversione di importanza in termini di ricerca, misurata da Google, tra il termine fuoristrada e il termine bicicletta. Andare in bicicletta in Alaska è una sfida tecnologica, sportiva e anche nei confronti della natura. Eppure, se guardiamo su Google Trends, durante il lockdown la ricerca di biciclette in Alaska è decollata, mentre la ricerca di fuoristrada o SUV è diminuita. La seconda perturbazione è legata alla traccia, importante, che il digitale sta lasciando. Dobbiamo consolidare il rapporto tra fisico e digitale perché si tratta di due mondi che sono tra loro integrati: il cliente quando vede l’insegna Brunello Cucinelli in negozio o visita il sito web ha le stesse aspettative e richiede di essere trattato e seguito esattamente nello stesso modo. 

Alberto Maestri nel suo blog, citando Alessandro Giaume, nel webinar di 24ORE Business School su “Esperienze e Nuovi Touchpoint di Vendita per i Consumatori Connessi” scrive: «La customer experience del futuro è quella capace di bilanciare a dovere un’imprescindibile esperienza fisica con l’arricchimento offerto dalla leva digitale». È d’accordo?

Sono d’accordo con questo pensiero perché penso che il digitale non prenderà tutto. In alcuni business il digitale ha rivoluzionato il modo di procedere, fare e pensare e profondamente cambiato il modo in cui l’umanità aveva condotto alcune operazioni fino a qualche decennio fa; il digitale, però, anche se ci potrà aiutare a rendere alcune operazioni più efficaci non potrà sostituire alcuni momenti, come fare una passeggiata in centro con il proprio partner o mangiare una pizza con gli amici. Se pensiamo al retail sappiamo che il concetto di durata e i valori del prodotto che il cliente compra – e noi ci aggiungiamo anche l’aiutare i nostri clienti a custodire i capi che produciamo per far sì che possano durare, speriamo per decenni – questi valori vanno perseguiti nel fisico e nel digitale. Mi pare di poter dire che il digitale deve prestare strumenti tecnici al fisico per far sì che il rimescolamento possa continuare ad essere affascinante e funzionale. Il nostro team ha gestito recentemente decine di progetti, moltissimi dei quali omnichannel: permettere alle nostre boutique di raccogliere i pagamenti da remoto in modo sicuro, offrire un’esperienza che sia il più possibile umana e personalizzata e creare dei processi che valorizzino l’omnistock. Anni fa prendemmo la scelta di adottare un enterprise service bus (ESB), cioè una tecnologia che serve per mettere a fattor comune gli sforzi fatti nelle varie aree e creare una sorta di broker interno che gestisce informazioni e processi. Oggi beneficiamo di quella scelta perché, se in questo contesto ci fossimo trovati senza questo tipo di infrastruttura, i progetti che stiamo realizzando avrebbero richiesto mesi o forse anni.

cashmere - Brunello Cucinelli - Origins

Parliamo di etica e digitale. È un tema caldo e discusso quello del marketing etico e quello di un digitale che viene sempre più ‘umanizzato’ assecondando le esigenze degli utenti e dei ‘nuovi arrivati’, ovvero quelle persone storicamente lontane dal mondo digitale che per la prima volta, in questi ultimi mesi, si sono avvicinate tramite videochiamate e webinar. Cosa può trarre Brunello Cucinelli, un brand promotore di valori come etica e bene comune, dall’accelerazione e dalla propulsione verso l’ICT, in termini di strategie e nuovi metodi?

È vero che il digitale ha forzato una serie di persone che guardavano con diffidenza questi strumenti a doverli utilizzare. Da una parte dobbiamo predisporre forme di contatto sempre diverse che aiutino in un modo il più semplice possibile le persone a interagire con noi. La videochat, ad esempio, potrebbe essere un modo immediato per aiutare un cliente che si trova di fronte ad un catalogo online vastissimo nell’identificare il miglior prodotto. Noi abbiamo attivato la chat dalla primavera. I nostri clienti l’hanno trovata utile, reattiva e immediata perché riescono ad avere informazioni in tempi molto contenuti. Questo accadeva in particolare con clienti nuovi per i canali digitali, ovvero clienti che non avevano mai acquistato prima online e con la livechat hanno chiesto le prime informazioni. Posso pensare che queste persone siano tipicamente quelle meno avvezze all’uso dello strumento digitale. 

Nel contempo cerco nel mio quotidiano di fronteggiare il tema della bulimia digitale. Steve Jobs, persona non facile ma probabilmente il genio dei nostri tempi, aveva adottato la regola del 30%. L’intuizione era che se si hanno in programma 100 progetti, se ne può escludere il 70%: alcuni possono essere posticipati, altri troppo simili a un vezzo creativo, annullati e altri ancora, forse non estremamente utili, ripensati e accorpati. Fatta una selezione simile occorrerebbe non cambiare di una virgola il team previsto. Lasciamo le stesse persone e concentriamo tutti i nostri sforzi ed energie sui quei 30 che abbiamo deciso di portare avanti perché quei 30 devono essere perfetti. Questa è una regola che cerco nel mio microscopico di applicare: cerchiamo di fare il 30% di cose che veramente possiamo far bene. 

Tra i nuovi passi che l’azienda sta muovendo in questo periodo di rinascita, è di qualche mese fa la notizia della donazione ai più bisognosi dei capi prodotti e poi invenduti durante il periodo del lockdown. Quale messaggio veicola il brand?

L’azienda è andata in lockdown dalla metà di marzo e abbiamo mantenuto operative, da remoto, tutte le persone che potevano lavorare da casa. Prima di tornare in ufficio abbiamo fatto il tampone a tutti e poi ogni due settimane facciamo dei test sierologici alla ricerca dei positivi asintomatici; chiaramente se fossero sintomatici lo scopriremmo molto prima perché abbiamo il controllo della temperatura all’ingresso. Questo ci ha permesso di mettere in sicurezza l’azienda, le persone e anche le famiglie. La Fondazione e Brunello stesso si sono molto impegnati per aiutare il territorio. Abbiamo sempre un po’ di remore a raccontare il bene che si fa, perché il bene si fa e basta. Devo dire che sono orgoglioso di avere a che fare con questa famiglia, perchè ha fatto tanto. 

La donazione ruota attorno al progetto Brunello Cucinelli for Humanity. Brunello si è sempre mostrato contrario a distruggere i capi dell’invenduto e ciò non è mai accaduto. Da settembre saremo in grado di mettere a disposizione di chi fa del bene questi capi, per un equivalente in valore industriale di 30 milioni di euro; quindi invitiamo piccole onlus o piccoli gruppi di lavoro che cercano di aiutare persone in difficoltà in Italia e anche all’estero a fare le loro richieste. Per ora abbiamo ricevuto ottimi riscontri, perché nel giro di poche ore sono arrivate centinaia di richieste. Un esempio che scalda il cuore è quando il singolo ci scrive per aver perso il lavoro, di dover sostenere un colloquio, e dice che una nostra giacca gli farebbe fare più bella figura. Questi capi saranno etichettati con un’etichetta speciale, Brunello Cucinelli for Humanity.

capitalismo-umanistico-frase-umanità

Torniamo alla società attuale, soprattutto in questi mesi definita come contactless e le precauzioni necessarie che vengono prese lo fanno notare ancora di più. Non è che quest’ultima è di ostacolo ai trend di personalizzazione ed empatia che i brand stavano perseguendo per allinearsi alle esigenze dei consumatori? I consumi evolvono e con essi le strategie che imprese e aziende attuano per inseguire i nuovi trend. Quali sono le nuove modalità di business di un’impresa del fashion luxury che si deve allineare a cambiamenti sostanziali e repentini?

Abbiamo sempre cercato di puntare sulla personalizzazione e sull’umanizzazione dell’interazione digitale. Per noi il customer care non è un costo, è un investimento, una sorgente continua e costante di formazione, insight, feedback, commenti perché si ha solo un grado di separazione rispetto al cliente finale. Pre-covid in tutti i nostri pacchi scrivevamo al cliente un messaggio di ringraziamento a mano. Un lavoro un po’ folle che ci ha portato a scrivere a mano decine di migliaia di messaggi. Emozionante è stata poi la sorpresa quando abbiamo iniziato a ricevere messaggi di risposta dei clienti scritti a loro volta a mano, come si usava una volta. Noi abbiamo sempre cercato di personalizzare e di dare un volto umano, possibilmente nome e cognome, alla relazione che avviene tramite i mezzi digitali. Durante il lockdown abbiamo continuato a mantenere aperto il customer care e per qualche settimana abbiamo sospeso le spedizioni dell’e-commerce in attesa di capire quello che potevamo fare e di garantire la sicurezza del magazzino e dei nostri team. Nel frattempo abbiamo inviato la newsletter di primavera a metà marzo. I nostri clienti, con i quali abbiamo tessuto delle relazioni negli anni, un po’ rispondendo alle nostre newsletter, un po’ di loro sponte, un po’ a seguito delle interazioni con il nostro customer care, ci hanno scritto centinaia di messaggi di vicinanza e apprezzamento. Era il momento in cui l’Italia era vista come il posto maggiormente in difficoltà sulla faccia della Terra e i nostri clienti, che sono prevalentemente stranieri, hanno scritto messaggi bellissimi, a volte di poche righe, altre lunghi anche due pagine. Ne abbiamo fatto una selezione, scritto e stampato un libricino che è stato consegnato a Brunello e a tutto il team. Per noi è stata un’altra piccola prova del fatto che forse avevamo lavorato bene negli anni precedenti, nella personalizzazione della relazione online con il cliente.

L’ultima domanda non poteva che trattare del “Tempo Nuovo”, una lettera del Fondatore pubblicata all’interno del sito aziendale, che trasmette una profonda sacralità. Da questa, citiamo:

“Il sorgere di un tempo nuovo è già iniziato dalle ombre di una notte dolorosa; questo tempo nuovo, io lo vedo come pieno di opportunità favolose, come portatore di linfa nuova, come creatore di idee, tutto intorno ad una rinnovata voglia di vivere. Sono convinto che il tempo nuovo sarà per noi l’occasione affascinante per rimettere insieme un rapporto virtuoso tra umanesimo e tecnologia, tra spirito e armonia, tra profitto e dono.” 

Abbiamo visto esempi di degustazione vinicola, di tasting online, di networking attraverso lo schermo. Dal punto di vista di un professionista come lei del marketing digitale, cosa possiamo imparare da questa esperienza? Siamo pronti sul fronte della digital strategy o dobbiamo ancora maturare l’expertise necessario al nuovo Tempo?

Le nostre agende sono ormai fatte di videocall. Una volta risolta la situazione di emergenza, probabilmente queste non spariranno. Il problema di questi strumenti è che spesso manca un po’ di empatia. Sono convinto che l’essere umano sia un essere sociale ed esploratore. Come esperti di digitale non dobbiamo puntare solo ad offrire l’esperienza succedanea, ma puntare invece a costruire un mondo complementare. Wall-e, del 2008, è il mio cartone animato preferito. La digitalizzazione del nostro quotidiano – e possiamo dire che lo smartphone è stato l’elemento scatenante – era solo agli inizi e quel film è visionario. Avevano rappresentato un’umanità che viveva solo di fronte allo schermo. Erano sedentari, diventati sovrappeso, le loro ossa non potevano più permettere loro di camminare, vivevano e si muovevano grazie ad una sorta di poltroncine tuttofare, il cibo lo ricevevano stando seduti e mangiavano guardando lo schermo. Poi alla fine qualcosa di inaspettato accade. Ecco noi dobbiamo cercare un modo per rendere il mondo digitale solo complementare a un buon modo di vivere esterno, fisico, sociale.

Grazie dott. Bottigliero per il tempo che ci ha dedicato!

Francesca Marchese

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