
La salvaguardia del pianeta sta entrando in maniera sempre più importante anche nell’agenda sociale dei club di calcio, impegnati nella realizzazione di numerose iniziative sul tema. E il fattore “creatività”, in molti casi, la fa davvero da padrone…
Problema e soluzione. L’interesse del calcio nella partita per il clima parte da questi due presupposti. L’impatto negativo di questo sport sull’ambiente è oramai largamente assodato, con molte delle sue operazioni a rappresentare le cause inquinanti. Sotto forma di consumi energetici degli impianti, ad esempio, così come nella produzione di rifiuti o (soprattutto) nelle scelte di trasporto dei fan in occasione delle partite.
Di questa impronta club e federazioni sono sempre più consapevoli, per cui intenzionati ad assumersi la responsabilità delle loro azioni. Anche perché, oltre ai vantaggi economici e reputazionali che questo impegno può comportare, il calcio può seriamente contribuire a dare un’accelerata decisiva nella transizione green a livello globale. Per la sua capacità di essere elemento riconosciuto universalmente, muovendo masse e riuscendo a diffondere messaggi come nessun’altra piattaforma.
Facendo propri tutti questi fattori, numerosi esponenti della football industry – in Italia e all’estero – si stanno attrezzando per sviluppare iniziative di sostenibilità ambientale che possano contribuire in maniera significativa alla partita per il clima. Spesso, tra l’altro, non disdegnando affatto in originalità, nota che a volte aiuta a dare quel qualcosa in più anche in termini di viralità. Sotto riportata, una panoramica delle “migliori” in circolazione.
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ALBERI
La piantumazione di alberi sta diventando una soluzione sempre più comune anche tra le organizzazioni calcistiche, che in questa pratica possono trovare l’opportunità di compensare le emissioni ad oggi complicate da ridurre con azioni dirette. Pur diffusa tra molti, sul podio di questa speciale classifica mettiamo la Juventus, da tempo impegnata a piantumare cento alberi per ogni rete segnata dalle sue prime squadre maschile e femminile. C’è poi il Southampton, club inglese che ha promesso 250 alberi per ogni calciatore o calciatrice che dalle giovanili fa il debutto in prima squadra. E sempre in Premier curioso il caso di Ben Mee, difensore del Brentford FC che, in occasione del suo ultimo trasferimento (la scorsa estate dal Burnley) ha deciso di calcolare le emissioni di CO2 relative, compensando con programmi specifici e riconosciuti.
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UN BIGLIETTO PER IL CLIMA
Ogni soluzione, anche la meno battuta, può essere valida per coinvolgere la propria fan base nella sfida per l’ambiente. Lo ha capito da tempo il TSG Hoffenheim, squadra della massima divisione tedesca di calcio. Una delle azioni del già vasto programma per la sostenibilità ambientale del club biancoblù – che prevede addirittura la compensazione degli spostamenti della squadra ospite e di quella arbitrale per ogni partita casalinga – riguarda il cosiddetto “Climate Ticket”. In sostanza, all’acquisto di un biglietto per un match della squadra, i tifosi hanno la possibilità di aggiungere uno (o più) euro da destinare a progetti di riforestazione in Africa promossi insieme ad un’associazione del territorio. Una bella iniziativa, relativamente semplice nella sua attuazione, e percepita peraltro in maniera positiva dai tifosi, visto che grazie ad una sola partita sono stati quasi 25,000 gli alberi finanziati (con il 100% del pubblico che ha sostenuto l’iniziativa).
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MAGLIE “CIRCOLARI”
Un altro dei grandi temi che la football industry sta cercando di affrontare è quello che riguarda le divise da gioco, elementi potenzialmente inquinanti lungo tutta la catena di produzione, vendita e smaltimento. Dunque, quale soluzione adottare? Tanti club hanno iniziato ad attrezzarsi – anche grazie ai rispettivi sponsor tecnici – per realizzare maglie composte quasi interamente da materiale riciclato. C’è chi ha addirittura voluto “strafare”: il Forest Green Rovers – squadra di terza divisione inglese già nota agli addetti ai lavori – ha optato per una miscela di scarti del caffè e plastica riciclata (che ha sostituito la precedente ricavata dal bamboo, poco funzionale per le prestazioni dei calciatori). Ci sembra invece molto più bilanciata la soluzione dei francesi del Nantes, il cui kit è un esempio potenzialmente perfetto di economia circolare: maglia fatta di materiale riciclato certificato, possibilità di restituirla al termine della stagione (con in cambio un voucher spendibile nei negozi del club), con il tessuto ricavato utilizzato per produrre nuovi capi d’abbigliamento.
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CUPS 100% SOSTENIBILI
E come fare per rendere ecocompatibili anche tutte le attività legate ai servizi food & beverage degli stadi? Una buona fonte di entrate per i club, ma anche causa di inquinamento sia per l’approvvigionamento delle risorse che nella scelta dei materiali. Una soluzione ormai abbastanza in voga in parecchi impianti è quella dei bicchieri riutilizzabili. Funziona così: a fronte di una minima quota di deposito, i fan possono ricevere un bicchiere da usare più e più volte, che alla fine della partita può essere restituito per essere lavato e riproposto la partita seguente. Tra i tanti club che l’hanno implementato abbiamo scelto di “premiare” gli inglesi del Northampton Town FC. Innanzitutto, per l’idea di offrire la possibilità di rinunciare alla propria sterlina di deposito, che può essere invece donata in beneficenza per finanziare le attività della sua fondazione. E poi per essere un club di quarta serie, dimostrazione che l’impegno ambientale non è legato in nessun modo al blasone.
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LE FATTORIE ‘SPURS’ E ‘AJAX’
Per chiudere, rimaniamo in tema di food & beverage. Abbiamo accennato alla necessità di curare ogni aspetto dell’approvvigionamento di cibo e bevande per ridurre anche questa quota di emissioni. Ebbene, soluzioni alquanto originali sono già ampiamente adottate. E no, non stiamo parlando del miele del Paris St. Germain prodotto dai propri alveari installati sul tetto del proprio impianto. Né tanto meno della birra del Manchester City fatta con acqua piovana. Tottenham e Ajax, rispettivamente squadra londinese e olandese, hanno saputo fare ancora di più. I primi inviano gli scarti del proprio microbirrificio (installato all’interno del nuovo White Hart Lane) ad una fattoria locale, dove diventano mangime animali per foraggiare la produzione di generi alimentari (soprattutto carne di maiale) usati nelle cucine dello stadio. Per i secondi si tratta di un processo praticamente uguale, con una leggera differenza nei prodotti iniziale e finale. In questo caso, l’erba tagliata diventa cibo per le pecore da cui poi viene ricavato un formaggio poi venduto e usato alla Cruijff Arena.
Articolo realizzato da Community Soccer Report