
Vendere fuffa dovrebbe essere più difficile oggi, grazie a internet e alla scienza. Giusto? Purtroppo non sempre: lo dimostrano alcune aziende che ricorrono a un marketing terribilmente antiscientifico ma efficace per promuovere prodotti a dir poco assurdi, come bombolette contenenti null’altro che aria o bottiglioni con acqua di sorgente non controllata. Ecco come ci riescono e cosa fare per fermarli.
“È tutto marketing”
Quante volte vi è capitato di sentir usare quest’espressione in senso spregiativo, come sinonimo di “tutto fumo e niente arrosto”? A me moltissime.
Ed effettivamente il marketing, per quanto affascinante, nel pensiero comune non brilla certo per affidabilità: viene visto come un imballaggio scintillante e appariscente privo però di un valido contenuto all’interno.
Dietro una reputazione così compromessa chiaramente c’è un motivo: per troppo tempo i professionisti del settore hanno avuto un unico obiettivo, vendere, mentre hanno bellamente trascurato tutto il resto, verità scientifiche in primis. Un esempio su tutti? Le iconiche pubblicità di sigarette degli anni ’50, con tanto di medici come testimonial e studi scientifici manipolati a proprio favore.
Col tempo questo annoso vizio pubblicitario è stato corretto, anche grazie a una legislazione sempre più stringente in materia di pubblicità ingannevole. Ogni tanto però persino al giorno d’oggi rispuntano aziende che, attraverso un marketing disonesto e antiscientifico, tentano di promuovere prodotti privi di benefici dimostrati o addirittura potenzialmente nocivi per il consumatore. Insomma, la classica fuffa, che però viene puntualmente imbellettata e presentata come miracolosa grazie al potere di immagini poetiche e parole suadenti.
Ultimamente hanno destato scalpore due casi in particolare, sia per il prodotto venduto (davvero assurdo, in entrambi i casi) sia per il marketing che ne deriva (terribilmente incurante di qualsiasi verità scientifica). Reggetevi forte: ecco a voi la mitica “fuffa for sale”.
Bombolette di “aria pura”
Vitality Air è un’azienda canadese che opera nel business delle bombolette contenenti “aria pura”. I due fondatori dell’azienda, Moses Lam e Troy Paquette, hanno iniziato tutto per gioco, vendendo qualche busta di plastica con aria canadese su Ebay e riuscendo a guadagnarci fino a 168 dollari. Visti i risultati, i due si sono convinti di aver trovato una nicchia di mercato in cui inserirsi: così hanno cominciato a vendere bombolette di alluminio contenenti semplicemente aria, aspirata con appositi macchinari da alcune montagne del Canada e destinata a città americane molto inquinate come Los Angeles.
Dopo aver ricevuto massicci ordini dalla Cina, però, la loro attenzione si è focalizzata sui mercati asiatici, specialmente nelle metropoli cinesi, indiane e coreane, dove il livello d’inquinamento è elevatissimo. E gli affari sembrano andare bene: in un mese Vitality Air può arrivare a spedire anche 200mila bombolette in tutto il mondo, come ha fatto lo scorso novembre.
Vitality Air è solo la più affermata fra le aziende che operano nel settore delle bombolette di aria pura. Sulla scia del suo successo infatti sono nate altre start-up simili, ad esempio Swissbreeze, fondata in Svizzera da un giovane 25enne con un ottimo fiuto (è il caso di dirlo) per gli affari.
Ciò che accomuna queste aziende è il loro posizionamento di marketing, incentrato sulla presunta purezza dell’aria in bomboletta. E fin qua nulla di strano. Nei siti web delle aziende però si afferma anche che è sufficiente inspirare per un numero variabile di volte al giorno (da 10 a 900) l’aria della bomboletta per ricevere benefici a livello fisico e psichico. Swissbreeze ad esempio usa frasi come “rianimazione dello spirito” e “snebbiamento della mente”; Vitality Air invece parla di “incremento fisico ed emotivo”, “efficacia rivitalizzante” e “raggiungimento di performance eccellenti”.
Non ci sono studi scientifici a supporto di queste affermazioni. Sono state fatte ricerche che dimostrano che, ovviamente, l’aria pulita fa bene all’organismo e quella inquinata fa male, ma si parla di esposizioni costanti e prolungate, non certo di inalazioni sporadiche e ridotte.
L’aria venduta infatti probabilmente non fornisce alcun beneficio: basta considerare che un adulto respira in media 8 litri di aria al minuto, mentre in una bomboletta di Vitality Air o Swissbreeze sono contenuti fino a 8 litri d’aria da diluire come minimo in una giornata. È chiaro che l’effetto salutare è irrilevante, se non totalmente assente.
Eppure quest’aria, secondo Vitality Air, può essere utile per chiunque: sul sito dell’azienda sono elencate varie categorie di persone che possono beneficiarne, dallo studente sotto stress per gli esami alla mamma in gravidanza, dal lavoratore esausto al pensionato indebolito dall’età. E a quanto pare a qualcuno di questi riescono a venderla.
“Acqua grezza” venduta come non contaminata
Negli Stati Uniti alcune start-up, fra cui Live Spring Water e Tourmaline Spring, di recente hanno iniziato a commercializzare acqua “grezza”, cioè di sorgente, non trattata, sostenendo che sia più sana da bere rispetto alle acque in bottiglia e di rubinetto.
Il fondatore di Live Spring Water è Mukhande Singh, al secolo Christopher Sandborn, un personaggio che per molti aspetti rientra nello stereotipo del guru americano: capelli lunghi, casa alle Hawaii, credenze controverse (per non dire complottiste) e foto che lo ritraggono mentre medita nudo su una roccia o mentre guarda l’orizzonte appollaiato su un tronco.
Sandborn ha detto di essere sicuro che l’acqua pubblica sia “acqua del gabinetto” avvelenata, che controlli la mente, che sia dannosa per i denti e che contenga “farmaci per il controllo delle nascite”. Altri sostenitori dell’acqua grezza non arrivano a tali affermazioni, ma ritengono comunque che l’acqua trattata degli acquedotti abbia al suo interno sostanze dannose per la salute (in particolare i fluoruri) e, allo stesso tempo, sia priva di altri elementi benefici (i cosiddetti probiotici) presenti invece nell’acqua di sorgente.
Queste credenze vengono diffuse sui canali social e sui siti web delle aziende attraverso contenuti che esaltano l’efficacia dell’acqua di sorgente non controllata per l’incremento delle prestazioni fisiche e psichiche e le sue proprietà medicinali.
Tutto ciò è categoricamente smentito da qualsiasi ricerca scientifica. Le acque di rubinetto e in bottiglia sono costantemente sottoposte a decine di filtraggi, trattamenti e verifiche che ne accertano la qualità e che evitano la presenza di virus, batteri potenzialmente mortali e minerali come l’arsenico che possono trovarsi nell’acqua di sorgente. Non ci sono prove che l’acqua filtrata controlli la mente o le nascite, mentre ci sono molte prove che essa abbia effetti positivi sulla salute dei denti. Oltretutto non risulta alcun beneficio dall’ingerimento di acqua di sorgente, che semmai può esporre l’organismo a pericolose malattie.
Nonostante l’infinito elenco di inesattezze scientifiche alternate a vere e proprie bugie, però, la promozione dell’acqua grezza funziona: il business si sta espandendo e sta uscendo dalla nicchia in cui era confinato. Sempre più imprenditori (talvolta poco raccomandabili) si stanno interessando alla cosa, e vengono organizzate vere e proprie “cacce alle sorgenti” sostenute da associazioni come FindASpring, che ha realizzato un video promozionale, indovinate, anch’esso pieno di falsità e imprecisioni.
I danni della fuffa
Gli esempi di “fuffa for sale” citati possono risultare ridicoli, ma i danni che causano purtroppo non sono affatto uno scherzo. In particolare due soggetti vengono danneggiati pesantemente dal marketing scorretto e ascientifico di queste aziende:
- Il consumatore, truffato da una pubblicità ingannevole che, facendo leva sui trend della purezza e della naturalità, promuove prodotti con effetti irrisori, come nel caso delle bombolette d’aria, o addirittura nocivi, come l’acqua grezza;
- Il marketer serio, che esercita correttamente la propria professione ma vede il settore screditato da un utilizzo scorretto del marketing come quello dei professionisti della fuffa.
Ma allora in che modo si riescono a vendere prodotti simili? In gran parte sfruttando la disinformazione del consumatore stesso. Questo tipo di marketing, infatti, si inserisce subdolamente in un più ampio e recente filone di diffidenza generale nei confronti della scienza da parte di un’ampia fetta della società. Il fenomeno cavalca alcune tendenze specifiche, fra cui quelle della naturalità e del “fatto in casa”: si va dalla vecchia ma intramontabile “cura contro il cancro con limone e bicarbonato” a falsità più attuali come le fake news sul tema vaccini.
Una piaga del genere, proprio come il marketing disonesto, provoca danni evidenti e difficilmente riparabili. E lo fa in particolare nei confronti di medici, scienziati e (di conseguenza, verrebbe da dire) della società stessa: la recente questione dell’immunità di gregge è solo uno degli esempi più eclatanti. Insomma: non ne trae vantaggio nessuno, se non qualche sito che ci monetizza sopra e qualche politico che ne ricava consenso.
Combattere contro il marketing delle falsità scientifiche, quindi, non significa solo difendere la reputazione del marketing stesso, ma anche contrastare il discredito addossato alla scienza. Una ragione in più per impegnarsi in prima persona, anche se magari al marketing siete allergici.
Dunque cosa si può fare concretamente per arginare il fenomeno? Senza dubbio parlarne il più possibile, come peraltro è nelle intenzioni di questo articolo. Perché discutendone non si sta facendo il loro gioco – non è vero che “basta che se ne parli”. Anzi: li si sta smascherando per esporre il loro operato al pubblico, costruendo la necessaria consapevolezza sul tema che è alla base della sensibilizzazione collettiva.
E infine non rimane che prendere i popcorn e attendere che la giustizia faccia il suo corso, punendo chi promuove prodotti attraverso assolute falsità.