
«Son contento, domani vado a Roma in giornata! Mi fido di Dissapore e provo questa trattoria dietro Montecitorio, voglio vedere se i tonnarelli cacio e pepe meritano davvero come dicono»
«Ma vai a Roma per mangiare? Sei diventato un food blogger?»
«Ma va! Vado perché devo intervistare un prof super famoso di marketing per This MARKETERs Life, che viene a fare un ciclo di conferenze in Italia…»
«Come si chiama il prof?»
«Mah, Philip Kotler, non so se lo conosci…»
«Kotler!? Cioè quello de IL Kotler, il manuale di marketing?»
E fu in quel momento che mi resi conto, durante una pausa caffè in un tranquillo e temperato pomeriggio di inizio ottobre, della missione che mi aveva affidato This MARKETERs Life. Stavo chiacchierando con un caro amico e ottima penna di Contrasti, rivista sportiva un po’ fuori dagli schemi, di interviste. Come faceva lui, che studia giurisprudenza, a conoscere il padre fondatore del marketing? Il pezzo grosso in questione deve essere veramente grosso.
Ma cosa gli chiedo? A uno come Philip Kotler, per il quale davvero non basterebbe questo articolo ma forse nemmeno tutto questo magazine a fare una presentazione, uno vorrebbe chiedere di tutto. Cinquant’anni fa giusti usciva il suo Marketing Management, il testo che ha sistematizzato il marketing all’interno della scienza economica. Oggi Philip Kotler, classe 1931, gira ancora il mondo a parlare della sua visione, dei suoi studi, a confrontarsi con studenti, professionisti, aziende e governi.
E viene particolarmente volentieri in Italia, dove da qualche anno si organizza il Philip Kotler Marketing Forum, evento organizzato da Nexocorp e diventato subito di punta in Europa per tutto il settore, e del quale siamo fieri media partner.
Eccoci dunque, puntuali a Roma Termini alle 8 del 4 ottobre, in attesa del prof, che arriva puntuale al binario 1 per prendere il Frecciarossa Roma-Milano delle 9 scortato dai vertici di Trenitalia, partner del PKMF. Lo spazio per le interviste dovrebbe essere il viaggio di tre ore da Roma a Milano, ma tante sono testate e domande che vanno a colloquio con il prof, che il nostro turno viene dopo l’arrivo a Milano Centrale.
Kotler non sembra per nulla stanco, e appena comincia la conferenza stampa parla davanti ai giornalisti con un piglio e una carica invidiabili, risponde a domande e lancia anche qualche provocazione. La conferenza finisce, è il nostro momento. Mi avvicino al prof con la riverenza che si deve alle leggende, mentre lui sembra il professore giovane che ti accoglie a ricevimento senza problemi e ti ascolta, quel prof che sei contento di avere e che ascolti ancor più volentieri.
Buongiorno Professore, scrivo per This MARKETERs Life, che è il web magazine del MARKETERs club, la più vasta organizzazione studentesca di marketing e management in Italia.
Ah, ottimo! Posso avere il vostro biglietto da visita?
(E cominciamo bene!)
Professore, il suo Marketing Management è uscito nel 1967. Come sono cambiati i consumatori da allora ad oggi?
Era un mondo molto più semplice allora: tutti i consumatori avevano la loro marca preferita di sapone, la loro macchina, la loro Coca-Cola o Pepsi, mentre al giorno d’oggi ci sono così tanti prodotti, servizi ed idee che il consumatore dovrebbe essere più intelligente per operare decisioni più informate. Ma la domanda è: davvero al giorno d’oggi, con tutte le informazioni a loro disposizione, i consumatori operano delle decisioni veramente più intelligenti? Ormai qualsiasi tipo di prodotto e servizio è recensito e ha una sua reputazione, e usando internet ci sono tutti gli strumenti per compiere decisioni di acquisto consapevoli. In sostanza, i consumatori che approfittano di questa possibilità sono davvero evoluti, gli altri non sono molto diversi da quelli del 1967!
Ci consiglierebbe qualche lettura fondamentale, anche non sua, imperdibile per ogni marketer?
Mi vengono in mente moltissimi ottimi lavori sul branding, ma vi citerò quelli che credo siano stati più pionieristici, come per esempio quello del mio caro amico Ted Levitt, che ha raccolto nel libro “The Marketing Imagination” la serie di articoli scritti per la Harvard Business Review. Poi ritengo fondamentali i lavori di Al Ries e Jack Trout, che per primi introdussero l’importanza del posizionamento dei brand, a partire dal concetto di posizionare il prodotto nella mente del consumatore.
Viviamo in un’epoca in cui la sostenibilità non è più una scelta ma una necessità. Il marketing sarà in grado di comunicarlo al pubblico e riuscire a generare comunque profitti per le aziende?
Ben detto: il marketing, come ho sempre ribadito, ha l’obbligo di essere onesto e aiutare le persone a compiere le scelte più giuste per le proprie esigenze e in base alle proprie disponibilità, e il buon marketing non è quello che alimenta il consumismo e lo spreco. Voglio essere chiaro: l’etica paga (anche) nel marketing, e quei brand che parlano con onestà ai consumatori alla lunga sono quelli che si conquistano la loro fiducia e fanno i veri affari.
Il marketing oggi è sempre più automatizzato, e allo stesso momento sempre più inbound. Crede che questo lo renda più o meno umano?
La tecnologia che abbiamo a disposizione oggi permette di convogliare più messaggi alle persone, e di farlo in maniera più mirata possibile. I contenuti, dal canto loro, creano un ambiente più umano in cui il consumatore si trova a suo agio ed è stimolato. Devo dire che comunque il livello di monitoraggio dei consumatori un po’ mi spaventa, e bisogna stare attenti a non degenerare in una specie di Grande Fratello che ha il controllo delle nostre vite, perché lì si va oltre il segno.
I nostri due motti sono Learning by Doing e Never Stop Learning (motti rispettivamente del MARKETERs club e della MARKETERs Academy, ndr), e lei è un fulgido esempio di ciò che si dice life-long learning. Cosa consiglia di non dimenticare mai nel lavoro di marketer?
Ci sono due tipi di marketer, quelli che vogliono lavorare per grandi aziende e quelli che vogliono invece creare la propria impresa, gli imprenditori; a queste due carriere corrispondono stili di vita molto diversi. A tutti comunque consiglio di non smettere mai di studiare, che sia con un MBA o con una formazione continua fatta di lettura e aggiornamento, è imprescindibile non aver mai finito di imparare.