
Siamo sopravvissuti e ci siamo evoluti come specie grazie alla nostra capacità di adattamento. Applichiamo questo concetto al mondo del business e andiamo a scoprire le sue potenzialità là dove tutto, o meglio, noi, abbiamo avuto inizio: voliamo in Africa.
Un pizzico di tecnologia, una spruzzatina di inventiva, unite il tutto ad un team efficiente e preparato, et voilà, eccovi servita una promettente start up.
Questi sono senza dubbio alcuni degli ingredienti principali delle start up di oggi, ma qual è quel componente che amalgama perfettamente i precedenti e che rende la vostra idea appetibile e perfettamente funzionante?
A mio avviso la risposta al quesito è: un buon business model.
Ma come si definisce la bontà di un modello di business?
Certo, deve rendere remunerativa la vostra idea e fare in modo che essa continui ad esserlo nel tempo.
Ma andando ancora più in profondità, credo che un buon business model si riconosca anche grazie alla capacità di dare una risposta efficiente alle problematiche che la vostra idea imprenditoriale si trova ad affrontare.
Non solo numeri dunque, ma capacità di adattamento.
Un esempio più che soddisfacente di quanto appena detto ce lo offre Jumia: l’e-commerce numero uno della Nigeria.
Nato nel 2012 ad opera di Tunde Kehinde e Raphael Afaedor, esso si è esteso fino ad essere presente oggi in Stati quali l’Egitto, il Marocco, la Tanzania, il Kenya, la Costa d’Avorio, l’Uganda, il Ghana, e il Camerun, e conta tra i suoi dipendenti quasi millecinquecento giovani nigeriani desiderosi di mettersi alla prova nel mondo del business.
Di primo acchito, forse ci viene difficile associare i concetti di “Africa” ed “e-commerce”. Probabilmente siamo abituati a vedere l’Africa come un Paese estremamente arretrato con poche tecnologie, ed infrastrutture decisamente scadenti.
Com’è stato possibile allora per Jumia, estendersi così tanto nel giro di pochi anni, e arrivare a collaborare con brand internazionali? Pensiamo per esempio a Samsung, LG, Apple, Disney e Bulgari, solo per citarne alcuni?
La risposta sta proprio nel corretto uso di quell’ingrediente di cui si accennava poco fa; i due imprenditori sono infatti riusciti a raggiungere questi risultati proprio perché hanno saputo elaborare un modello di business adatto alle esigenze del luogo, ottenendo così un vantaggio competitivo che ha permesso loro di crescere a ritmi sostenuti nel giro di soli 4 anni.
Ma vediamo più nello specifico cosa sono riusciti a realizzare.
L’obiettivo era davvero ambizioso: diventare il primo one stop shop per il retail in Nigeria, attraverso l’implementazione delle best practices sia online che offline.
Vediamo nel dettaglio ogni fase di questo progetto.
La situazione di partenza
Le opportunità intraviste da Kehinde e Afaedor al momento della nascita dell’e-commerce hanno riguardato da un lato, il fatto che il potere d’acquisto dei nigeriani fosse (e sia) in costante aumento; dall’altro, il continuo miglioramento delle infrastrutture, il crescente fenomeno dell’urbanizzazione, e un sempre maggiore utilizzo di smartphone. Tutto questo unito alla presenza di pochi competitor.
D’altro canto però, Jumia si è trovata di fronte a delle problematiche di non poco conto, come il fatto che molti non avessero l’accesso ad Internet, non possedessero carte di credito, la generale sfiducia nei metodi di pagamento online, l’inefficienza del sistema postale, e udite udite, il fatto che molte strade in Nigeria siano senza nome.
La ricerca di una soluzione
Questo lo scenario di partenza: senza dubbio una bella sfida, ma non si può non sottolineare quanto questa sia stata vinta con successo. Infatti i founder si sono principalmente concentrati su:
- Pagamento alla consegna
- Servizio clienti di alto livello via mail (dove possibile) e call center
- Resi gratuiti
- Assistenza tecnica su installazione e uso prodotti al momento della consegna
- Informative ai clienti su come effettuare transazioni sicure
- Una “flotta” di circa 500 veicoli di proprietà della società
Riassumiamo il modello di Jumia utilizzando il Canvas: uno schema utile ad ottimizzare nuovi modelli di business oppure per perfezionare quelli esistenti; uno strumento ideale per avere una visuale chiara e schematica di qualsiasi progetto.
Nello specifico, analizzeremo, punto per punto, ogni elemento del modello così da avere un’idea immediata e ordinata dei punti di forza di Jumia.
Fonte: http://bit.ly/2bLzkCU
Key Partners: i partner chiave con cui l’azienda intende allinearsi
Le compagnie di telecomunicazione Millicom e Mobinil che hanno apportato capitali e competenze manageriali.
Key Activities: le attività da svolgere per rendere effettivo il modello di business
Marketing e servizi: velocità di consegna, un servizio clienti per agevolare le transazioni on line e l’assistenza tecnica alla consegna.
Key Resources: le risorse chiave dell’azienda
Le risorse utilizzate sono state di due tipologie:
Umane: i dipendenti di Jumia, fondata da due laureati presso la Harvard Business School.
Fisiche: magazzini,veicoli, rete distributiva.
Value Proposition: il valore dei servizi o dei prodotti offerti
Il desiderio di fornire un valido servizio di on line shopping in un Paese dove le strade sono senza nome, c’è scetticismo rispetto ai metodi di pagamento on line e un sistema e-mail sottosviluppato.
Customer Relationships: le relazioni che si instaurano con il cliente
Jumia ha previsto un servizio di customer care estremamente efficiente, arricchito dalla possibilità di un supporto al cliente attraverso servizi di posta elettronica e call center.
Questo ha quindi permesso di seguire il cliente passo dopo passo nella sua esperienza di acquisto, rassicurandolo sulle procedure e la sicurezza delle transazioni online.
Customer Segments: i segmenti di clientela
Il segmento di clientela è riconducibile nel mercato di massa africano.
Channels: i canali attraverso i quali si intende raggiungere il cliente
La quantità di veicoli di proprietà di Jumia (circa cinquecento).
Cost Structure: la struttura dei vari costi da sostenere
Tra i costi fissi, possiamo individuare: sviluppo software, sviluppo e progettazione della piattaforma online e forza vendita.
Revenue Streams: i ricavi generati
I margini sulle singole vendite.
Un’ulteriore considerazione, che sicuramente avranno fatto molti di voi, riguarda la somiglianza con il famoso Amazon.
Ed in effetti la tipologia di business ha molti punti in comune, tanto che verrebbe quasi da utilizzare il termine “imitazione”.
Ma nonostante entrambe le imprese siano e-commerce con ampia scelta di prodotti e consegna in tempi rapidi, non dobbiamo dimenticare le condizioni da cui è partito Jumia.
E la sua forza è stata proprio il saper trovare delle soluzioni, che poi si sono dimostrate vincenti, ad una situazione in cui sarebbe sembrato impensabile ottenere dei risultati del genere.
L’arrivo (per ora)
E sempre a proposito di risultati, ci tengo a citare alcuni dei premi più importanti che la start up Africana ha vinto.
Nel 2013, a solo un anno dalla partenza, è stata la prima compagnia africana a vincere i World Retail Awards; e tra gli altri spiccano: la nomina a miglior sito e-commerce dell’anno (Beacon of ICT Award) e a miglior retail brand agli BJAN Awards.
Per la massima efficienza, naturalmente non poteva mancare l’app dedicata. E anche in questo caso Jumia si è aggiudicata un premio come Best use of Mobile App ai Rima Awards.
Che dire, forse l’originalità non è sempre la sola carta vincente e Charles Darwin lo aveva capito già più cent’anni fa.
non è l’individuo più forte che riesce a sopravvivere, e neppure quello più intelligente, bensì quello che maggiormente è in grado di adattarsi al mutamento.
Una buona analisi e una grande capacità di problem solving sono degli ingredienti essenziali per il successo di una start up; ma quello che fa la differenza è un fattore soltanto: la capacità di adattamento, e la sua concretizzazione in un buon modello di business.
Qui il nostro viaggio si conclude, torniamo in Europa.
Ma chi l’avrebbe detto che il Terzo Mondo avrebbe avuto qualcosa da insegnarci?
L’articolo è stato realizzato grazie al materiale didattico prodotto dal Prof. Claudio Giachetti (Università Ca’ Foscari Venezia, 2015).