
Riparte il futuro ha una mission chiara: sconfiggere la corruzione in Italia sfruttando al meglio gli strumenti del digital marketing. E ci sta riuscendo.
Quasi sempre sui libri di Management troviamo citati casi di successo o insuccesso di brand di fama internazionale che spesso finiscono col diventare nell’immaginario collettivo il punto di arrivo delle nostre carriere da markettari. Cresciamo con i grandi miti come P&G o Unilever o le grandi battaglie come quella tra Coca Cola e Pepsi, tra Samsung e Apple, tra Facebook e Google.
E se nel brick and mortar queste battaglie si combattono a suon di fatturati e quote di mercato sottratte alla concorrenza, nel mondo del digital capita sempre più spesso che i vincitori siano quelli con maggior numero di utenti (in assoluto o quelli attivi su base giornaliera o mensile, ad esempio), dato che i guadagni provengono da fonti indirette. Questo perché più i modelli di business si fanno complessi e più servono altri indicatori a decretare chi vince o chi perde, rendendo più difficile determinare correttamente l’esito delle competizioni (è il caso di Uber che nel 2016 ha perso 3 miliardi di dollari ma viene comunque citata tra le aziende più innovative del momento).
E se per una volta mettessimo da parte il profitto? Se provassimo a prendere i metodi e gli strumenti del marketing e metterli al servizio di una nobile causa?
Ne parliamo con Giovanni Bonometto, ex studente di Marketing alla Ca’ Foscari, oggi si occupa di comunicazione presso Riparte il futuro, organizzazione che utilizza un approccio digital first per combattere la corruzione in Italia, una delle principali piaghe del nostro Paese.
Ciao Giovanni, puoi spiegarci che cos’è Riparte il futuro?
Ciao MARKETERs! In poche parole: Riparte il futuro è un’organizzazione non-profit composta da un team di giovani professionisti di campaigning digitale e comunicazione che si batte in modo apartitico contro la corruzione. Lanciata nel 2013 con la collaborazione di Libera Contro le Mafie e l’agenzia di comunicazione Latte Creative, in soli tre anni Riparte il futuro è diventata lo strumento attraverso il quale più di un milione di cittadini si è schierato contro la corruzione.
L’idea alla base del progetto è cambiare l’Italia una campagna alla volta, attraverso una duplice attività: da una parte sensibilizzare i cittadini sull’entità del problema, dall’altra fare attività di advocacy e lobbying sui decisori pubblici.
Perché è nata?
Che l’Italia sia uno dei Paesi più corrotti d’Europa lo sanno tutti. Ma solo pochi si interrogano sui danni indiretti e le distorsioni economiche che la corruzione reca al nostro Paese.
Non per niente i primi finanziatori della campagna sono stati spinti proprio dalle conseguenze della corruzione sul nostro sistema:
– Il basso livello di investimenti, soprattutto esteri. Nel 2015 l’Italia ha ottenuto circa la metà degli investimenti ricevuti dalla Germania e quasi un quarto di quelli ricevuti dal Regno Unito.
– Il livello assurdo di disoccupazione giovanile, che in Italia è ai massimi storici.
Risolvere questa situazione dovrebbe essere compito della politica, che però, se non incalzata a sufficienza, decide di non occuparsene.
Qual è il tuo ruolo?
Noi membri dell’organizzazione svolgiamo diverse mansioni sovrapposte, dalla ricerca legislativa alla comunicazione online, dall’organizzazione di eventi alla realizzazione di video e molto altro. Attualmente mi occupo di comunicazione insieme a una collega, principalmente gestisco la pagina Facebook e le inserzioni online e quindi mi occupo di molte mansioni correlate come la creazione di video o grafiche per i social, la gestione editoriale del blog, ecc…
Come vi finanziate?
Ci sosteniamo con donazioni private, principalmente di grandi fondazioni e partecipando a bandi. Come tutte le no-profit facciamo costante fundraising, incentivando le donazioni, per cui invito i lettori a farci un pensierino. 😉 Inoltre, dal momento che siamo i primi a promuovere la trasparenza come antidoto alla corruzione, non possiamo nascondere nulla: i nostri bilanci sono tutti online.
Qual è la strategia di Riparte il futuro?
Voi cosa fareste per sconfiggere un avversario che non si vede e non si può quantificare? Che dipende dalla classe politica e che per di più, spiace dirlo, è anche insito nella nostra cultura?
Abbiamo scomposto il fenomeno in cause di natura culturale e legislativa, per lavorare su ognuna di esse, una campagna alla volta. Decidiamo dove intervenire in base al peso della causa e alle possibilità di successo dei progetti, in termini di fattibilità politica e coinvolgimento sociale.
Le nostre campagne sono per noi l’equivalente dei “prodotti o servizi” di un’azienda ordinaria: ottenere la sottoscrizione a una petizione è un po’ come aver venduto un prodotto e aver iniziato un percorso di fidelizzazione del cliente. Ma senza vendere nulla! Ogni proposta viene diffusa con strategie pianificate come avviene nel mondo profit per le campagne pubblicitarie di prodotti o servizi.
Per ognuna di queste stabiliamo un target di riferimento, mappiamo gli stakeholder interessati, che siano nostri partner (Transparency e Movimento Consumatori, per citarne due) o influencer come i giornalisti che possano amplificare la diffusione delle nostre proposte. Infine valutiamo le azioni da compiere, i canali da utilizzare, i budget e i contenuti.
La prima azione è spesso il lancio di una petizione online: la nostra proposta potrebbe anche essere la migliore al mondo, ma per essere ascoltati nel nostro campo è necessario avere un appoggio esteso. Una campagna sottoscritta da 100.000 persone ne cambia di certo il peso.
Come misurate i vostri risultati? Non rispondere a logiche legate al profitto cambia la vostra strategia?
I processi strategici sono molto simili dato che, come qualunque altra azienda, abbiamo anche noi vincoli di budget e di risultati. L’obiettivo di comunicazione è lo stesso: convertire le persone. Nel nostro caso non è persuaderle a fare un acquisto ma a compiere determinate azioni, che si tratti di una semplice firma di una petizione o di azioni di maggiore coinvolgimento, come condividere i nostri post o partecipare ad un tweet bombing su un determinato tema.
I risultati di comunicazione li misuriamo infatti attraverso le firme alle petizioni, le sessioni sul sito e il social engagement. Nel nostro “business atipico” il raggiungimento dell’obiettivo delle campagne consiste il più delle volte nella modifica o nell’approvazione di leggi, come è successo proprio questa settimana con l’introduzione di una legge che spingevamo da un anno e mezzo.
Quali obiettivi avete raggiunto fino ad oggi?
La prima grande campagna fu quella per la riforma della legge sul voto di scambio politico-mafioso. Ci vollero circa 500.000 firme e il coinvolgimento di oltre 300 parlamentari. Altri successi, in ordine sparso, sono stati l’abolizione del vitalizio ai condannati per corruzione e mafia, l’introduzione degli ecoreati nel codice penale, l’introduzione del Freedom of information act, (il diritto di accesso ai dati della Pubblica amministrazione) e ultima la recentissima introduzione di una legge sul “whistleblowing”, ossia a tutela di chi segnala la corruzione sul lavoro.
Parlaci del vostro “mercato”: quali sono i competitor? Quali gli stakeholder?
Fortunatamente non abbiamo veri e propri competitor diretti, se non ONG con le quali competiamo nella raccolta fondi. Ci sono poi fazioni politiche che, per interessi diversi dai nostri, cercano di ignorarci o talvolta di ostacolarci. Tra gli stakeholder principali ci sono innanzitutto il milione di sottoscrittori, poi i politici, verso i quali facciamo attività di lobbying, i giornalisti, i partner strategici della società civile e le pubbliche amministrazioni.
Come stabilite le deadline delle vostre campagne?
Le tempistiche sono spesso dettate da situazioni esterne, ad esempio le scadenze mutevoli delle discussioni in parlamento. Spesso ci troviamo a modificare i nostri programmi in corsa, perché da un momento all’altro cambiano le carte in tavola, come è successo con il cambio di governo, o con la fiducia posta sulla riforma del processo penale.
Anche il nostro piano editoriale è flessibile, lo rivediamo settimanalmente perché l’agenda politica cambia spesso. E ci sono volte che stravolgiamo il nostro programma pur di fare un’uscita “populistant”, su blog o sui social.
“Populistant”?
È un termine cha ho coniato io per descrivere qualcosa che rispetta i canoni dell’instant marketing, cioè cogliendo l’attimo rispetto a qualche avvenimento esterno, ma che allo stesso tempo sia popolare e tiri acqua al nostro mulino. Un esempio, dopo l’ennesimo caso di un processo per corruzione finito in prescrizione:
Ahahaha Inizierò ad usare anche io il termine “populinstant”. E dimmi un po’: quali sono i canali di traffico che utilizzate?
Il nostro canale principale, anche se a qualcuno può di voi sembrare anacronistico, è la newsletter che mandiamo più o meno settimanalmente. Ovviamente anche i social sono fondamentali.
Tutto poi converge sul nostro sito, e grazie a Google Analytics capiamo quale canale e quale attività è stata più efficace.
Ovviamente cerchiamo di avere anche una forte presenza offline: dalle conferenze agli incontri pubblici alle comparse in tv e in radio.
L’ufficio stampa infatti fa un ottimo lavoro per farci entrare nei giornali: Repubblica, Corriere della Sera , Stampa e Fatto Quotidiano sono quelli che più spesso scrivono di noi.
Cosa mi puoi dire del coinvolgimento degli utenti? Immagino sia difficile produrre e diffondere contenuti su argomenti dai molti considerati seri e noiosi
Eh sì, comunicare un tema così complesso e negativo come la corruzione è ostico, perché appena qualcuno ne sente l’odore vorrebbe cambiare canale.
Ci sono campagne che “tirano” di più e altre meno. Ad esempio quella per l’abolizione dei vitalizi ai condannati per mafia e corruzione ha avuto una risposta ottima, abbiamo raccolto oltre 500.000 firme ed è stata subito ascoltata dai decisori pubblici.
Invece quella per introdurre in Italia il “Freedom Of Information Act” è stata complicatissima, poiché nessuno sapeva cosa fosse. Un po’ come provare a vendere un prodotto che la gente non ha idea che gli può servire, anche indirettamente.
In questo caso il primo passo è stato cercare di far conoscere questo strumento amministrativo – che peraltro ha pure un nome macchinoso – a più persone possibili, provando a mostrarne i benefici.
Per il resto ci impegniamo a trasformare il tema in qualcosa di più facilmente fruibile dal pubblico, attraverso immagini provocatorie o raccontando storie, come nel caso dei video per la campagna #vocidigiustizia.
Il tuo lato da marketer, di quello che studiava sui libri i casi dei grandi brand e delle grandi campagne di comunicazione, pensi sia cambiato nel momento in cui ti sei ritrovato a lavorare per una no-profit? Cosa senti di esserti portato con te dall’Università?
Penso da sempre che il marketing, se usato bene, sia un’arma molto affilata. Da quando all’università studiavo come maneggiare quest’arma ho sempre desiderato di usarla a vantaggio di qualche causa a me cara.
L’università mi ha dato molto, ma come sempre il proprio lavoro lo si impara facendolo. Learning by doing, come direste voi.
Tuttavia cose come l’approccio strategico ai problemi e la maniacale attenzione al target, sono cose che senza gli studi non avrei mai compreso. E occupandomi principalmente di web marketing lo imparo quotidianamente vista la velocità con cui cambiano le piattaforme.
Per concludere: di cosa vi state occupando in questo periodo?
In questo periodo siamo stati molto presi dalla campagna #vocidigiustizia, volta a far approvare la legge Businarolo per la tutela di chi segnala la corruzione sul lavoro, i cosiddetti whistleblower. Siamo oltremodo soddisfatti perché abbiamo ottenuto un successo insperato e la legge è stata approvata definitivamente questa settimana!
Per arrivare a questo risultato abbiamo chiuso un uomo in una gabbia di vetro vicino al Parlamento, e convinto il Senato a riprendere una discussione lasciata nel dimenticatoio da un anno e mezzo.
Siamo arrivati a raccogliere oltre 66.000 firme che abbiamo portato di fronte alle più alte cariche dello Stato, sollecitando la Camera a discutere la legge.
Infine, abbiamo spinto tanto online e sui giornali da convincere forze politiche rivali e riottose a votare insieme.
Ma il futuro ci riserverà anche attività meno istituzionali: abbiamo in programma per il 2018 un tour nelle più importanti città italiane, in cui promuovere iniziative locali che in qualche modo contrastino la corruzione: da start-up innovative a cittadini con progetti sociali coraggiosi. Ne sentirete di certo parlare.
Vi lascio con il sito del tour https://www.riparteilfuturo.it/vieni-con-noi
Grazie Giovanni, ci hai raccontato di un mondo a noi poco conosciuto ma infinitamente affascinante per noi appassionati di Marketing. Un abbraccio da tutto This MARKETERs Life e un augurio per le vostre prossime campagne!
Grazie a voi!