
In questi giorni il feed di Facebook di moltissime persone è stato monopolizzato da due questioni che hanno fomentato l’opinione pubblica in due modi diversi e che, probabilmente, avranno anche esiti diversi per i diretti interessati: i meteoriti-sterminatori-di-famiglie dei Buondì Motta e la somministrazione di lavoro precario come premio da parte di Carpisa.
Avete presente la sottile differenza tra il lanciare una bomba di genialità provocatoria e il farsela esplodere maldestramente in mano? Se volete una netta esemplificazione delle due diverse situazioni basta guardare ai due casi già menzionati.
Profumo di Buondì
Facciamo un esperimento mentale: uno spot del genere quanto può aver attirato l’attenzione dell’opinione pubblica su brand e prodotto? Quanti di voi possono dire di ricordarsela prima di aprire il video qui sotto?
Bene, vi siete risposti? Ora mettetela a confronto con la genialata che hanno appena sfornato quelli di Saatchi&Saatchi. Oltretutto, l’ultima pubblicità dei Buondì Motta sembra essere la completa nemesi di una delle precedenti, linkata sopra. Cosa caratterizza lo spot del 2010? La classica famigliola felice, dominio di Mulino Bianco tanto da essere diventata quasi proverbiale. Possibilità di rimanere nella testa della gente? Zero, perché non c’è nessuna uscita dallo schema in cui altri marchi del medesimo settore fanno da padrone.
Un meteorite sui cliché
Doveva venire dallo spazio una provocazione come quella di Saatchi&Saatchi. I tempi sono maturi per una ridiscussione della sacralità della famiglia in Italia, la globalizzazione ci ha aperti a un mondo tendenzialmente meno mammone rispetto a noi, iniziando a sgretolare nelle nuove generazioni le convenzioni all’italiana dello schema familiare. Oggi ci sentiamo tutti più liberi di muoverci e fare della nostra vita qualcosa di completamente nostro nel luogo in cui meglio ci sentiamo, per quanto lontano da mamma e papà. Toccare la famiglia non è più peccato capitale, e anzi, preservarla in una teca di vetro con continue spruzzate di perfezione ha stancato. Molto meglio scegliere una soluzione come la seguente:
Polverizziamo con un meteorite questi cliché, girando uno spot iper-realista eppure surreale per la successione degli eventi. Mettiamo una bambina petulante a formulare una richiesta in una maniera totalmente impostata e facciamola rimanere imperterrita di fronte a dei meteoriti in giardino. In altre parole: provochiamo, cerchiamo il sogghigno di una certa parte di audience e l’indignazione di un’altra parte di essa.
L’onda d’urto
La prima lo farà diventare un tormentone, un’intelaiatura per battute su altri ambiti e contesti, facendo sopravvivere il modello per molto più tempo e portandolo più lontano del mero spot in televisione.
La seconda lo farà diventare comunque un tormentone, perché ne parlerà e parlerà e parlerà, portando motivazioni per la sua indignazione condivisibili fino a un certo punto. Cosa c’è da perdere? Ben poco. Da guadagnare? Moltissimo. E infatti giungono voci di Esselunga con gli scaffali dedicati ai Buondì Motta completamente svuotati. Una merendina dalla lunghissima tradizione, tanto da non attrarre più come gli altri evergreen, rivitalizzata dall’onda mediatica dell’indignazione per hobby.
Bravi quelli di Saatchi&Saatchi, meno bravi quelli di Carpisa, come denota perfettamente questo tweet.
“Mamma, dove trovo un lavoro sottopagato che combini il precariato con la beffa di proporlo come la vittoria di un concorso?”. #carpisa
— Mangino Brioches (@manginobrioches) 5 settembre 2017
Precariato mon amour
In breve, Carpisa ha lanciato la sua nuova collezione autunno-inverno con un contest allegato, consistente in 3 step: comprare il prodotto per avere il codice gioco; elaborare un piano di comunicazione da inviare gratuitamente all’azienda; compilare il form con le proprie informazioni, di modo da essere contattati in caso di vincita. Il premio? Uno stage di un mese nell’azienda con compenso di 500 euro. Non so da dove iniziare per elencare tutto ciò che è sbagliato in questa campagna. Si stava meglio quando un ballerino spagnolo volteggiava sulle loro valigie.
Come può essere venuto in mente agli specialisti in marketing dell’azienda di far leva su una questione oggi così delicata in Italia? L’incentivo è razionale, ma il premio è misero tanto da ricordare la condizione di un qualsiasi giovane precario. Perché mai dovrei comprare quel prodotto, se il gioco non vale la candela? Per non parlare della svalutazione implicita del lavoro gratuito di chiunque abbia provato a partecipare al contest senza poi vincerlo.
Purtroppo per Carpisa, da sempre il lavoro è cosa che non si deve toccare agli italiani, amanti della sicurezza del posto fisso e dello stipendio con cui raggiungere la propria indipendenza. Al giorno d’oggi, in un Paese in cui in qualche modo si è sempre lavorato, un giovane fa fatica a trovare un modo di realizzarsi prendendo anche uno stipendio dignitoso, per staccarsi dalla mamma così magistralmente cancellata dai Buondì Motta: non sembra proprio un argomento da toccare, almeno non con un premio così ridicolo. E non è probabilmente nemmeno una questione di marketing, ma di buon senso e capacità di comprendere come sta cambiando il clima culturale italiano.
In altre parole, Buondì Motta e Carpisa si son messe in due posizioni opposte. La prima ora è comodamente adagiata su articoli come questo e su valanghe di memes che fanno sorridere utilizzando come base il loro spot. La seconda è dovuta entrare da subito in modalità damage control, scusandosi per “la superficialità con la quale è stato affrontato un tema così delicato come quello del lavoro”, sottolineando poi che la campagna è “in completa antitesi con una realtà imprenditoriale fatta invece di occupazione ed opportunità offerte in particolare al mondo giovanile” – il che è un fallimento su tutta la linea, dato che gli stessi che hanno dovuto pronunciare queste parole, qualche mese fa hanno probabilmente approvato la linea comunicativa usata.