
Nella nostra quotidianità siamo pervasi dalla tecnologia. La digital transformation ha trasformato le nostre vite in molti modi, dalla sanità al modo in cui guardiamo la televisione alla modalità in cui lavoriamo e a come compriamo. Ma rimaniamo comunque esseri umani, abbiamo bisogno delle relazioni. Ecco quindi perché è importante che i retailer non se ne dimentichino.
Pensate per un momento al futuro: vi recate presso il vostro negozio di vestiti preferito e una volta raggiunto vi trovate davanti un robot che vi saluta, vi segue nel vostro acquisto, vi fa pagare e vi congeda con un gentile “ci vediamo la prossima volta”.
Sarà veramente così? Io penso di no.
Con l’avanzare di quello che Kotler e Stigliano definiscono il retail 4.0, la disintermediazione delle filiere di approvvigionamento e la democratizzazione degli acquisti hanno reso obsoleta la distinzione tra mercati Business-to-Business e Business-to-Consumer, per atterrare nel più ampio concetto di H2H, Human-to-Human.
Ecco quindi che la componente fondamentale, anche nell’epoca permeata dal digitale in tutte le sue forme, rimane quella umana. Sicuramente potremo trovare dei servizi di vendita totalmente automatici, specialmente in luoghi ad altissimo traffico, come ad esempio aeroporti o stazioni, ma per essere rilevanti nel retail è fondamentale dare importanza alla relazione tra venditore e cliente.
È fondamentale essere umani.
Vediamo ora come i retailer possono essere più umani e soddisfare maggiormente i loro clienti.
Human-service
Tematica importantissima e allo stesso tempo appesa ad un filo, soprattutto in questo preciso periodo storico, il servizio è la componente fondamentale della sopravvivenza di un punto vendita.
La funzione dei negozi con l’e-commerce è infatti cambiata, non essendo più semplicemente un punto di approvvigionamento. I clienti oggi scelgono infatti di recarsi in negozio per fare esperienza del brand, per toccare con mano l’intero assortimento o per godere di maggiori servizi e delle attenzioni degli assistenti alla vendita.
La componente umana è quindi fondamentale nel momento in cui si crea la relazione: il servizio che solo un umano può offrire al cliente, con empatia e comprensione della persona che si trova davanti.
Human-centricity
“Say hello to iPod. 1,000 songs in your pocket”.
1,000 canzoni, non 5gb di spazio.
Tra le intuizioni che hanno reso Steve Jobs l’uomo del successo di Apple, una componente fondamentale è stata l’attenzione – in una industry di geek e tecnici – per gli aspetti più umani dei propri device.
Questa attenzione si traduce in un focus quasi maniacale sugli aspetti relativi al design e all’usabilità, ma soprattutto al saper comunicare con le categorie umane le capacità tecniche dei propri dispositivi. Quindi l’iPod non ha 5gb di spazio, ma ti permetterà di ascoltare 1,000 canzoni. La batteria del tuo laptop non è da mille-mila mAh, ma dura tutta la tua giornata lavorativa.
Questa proposizione secondo una logica completamente umana è una carta vincente per rendere l’esperienza di acquisto più allineata ai propri clienti.
Human-gathering
Human-gathering o assembramenti, parola che ha conosciuto una diffusione larghissima dal marzo 2020 e che adesso sono (per ora) un ricordo molto lontano. Perché sono importanti gli assembramenti per i retailer?
Beh in verità non sono importanti le fiumane in quanto tali, è importante che il punto vendita diventi un punto di riferimento e di ritrovo per gli appassionati o gli appartenenti ad una determinata community.
Per fare un esempio, nel flagship store Adidas sulla 5th Avenue a Manhattan sono presenti degli spalti dove, in compagnia di (una statua raffigurante) Adi Dassler, fondatore di Adidas, sarà possibile seguire su dei maxischermi eventi sportivi insieme ad altre persone.
Ecco quindi che il punto vendita diventa galeotto di un momento di condivisione di passione e di socialità.
Human-future
Un aspetto ulteriore che riguarda le aziende indipendentemente dalla presenza o meno di punti vendita è l’attenzione verso il futuro degli esseri umani, in altre parole la CSR.
Su questi temi si dibatte moltissimo e anche noi di This MARKETERs Life ne abbiamo già parlato qui, ma in questo contesto appare importante sottolineare questo: il mercato non permette a nessuna azienda sul lungo periodo di non considerare gli aspetti relativi alla sostenibilità ambientale o al rispetto dei lavoratori.
Su questo tema un’iniziativa interessante è quella portata avanti dal Gruppo Campari, la Negroni Week, lanciata nel 2013. In questa settimana è infatti possibile recarsi in uno dei 12,000 bar che aderiscono all’iniziativa e godersi un Negroni sapendo che i ricavati saranno devoluti a fini benefici. Un buon motivo per approfittare dell’iniziativa e uscire per un aperitivo!
Questi sono quattro aspetti fondamentali, secondo noi, per poter permettere ai retailer di essere significativi per i loro clienti nel prossimo futuro.
Quali strade sono da percorrere per raggiungere una perfetta armonia con la natura, con i lavoratori e con il mercato ancora non è ben definito. In Brunello Cucinelli si parla di capitalismo umanitario, dove si garantisce ad ogni attore il “giusto compenso e il giusto rispetto”.
Ma questi sono altri pensieri…
Disclaimer: questo articolo è frutto di riflessioni e rielaborazioni dei concetti scritti da Stigliano-Kotler nel libro Retail 4.0 (2018, Mondadori)