
Negli scaffali dei supermercati, vi sarete accorti che quello che comprate si sta drasticamente riducendo e vi assicuriamo che non siete voi che state mangiando di più!
All’aumento dei tassi d’interesse della Banca Centrale Europea, dei prezzi e alla corrispondente riduzione del potere d’acquisto, si sono aggiunte le confezioni sempre più ristrette.
Ebbene si, al supermercato stanno spopolando le promozioni e le offerte di prodotti che “promettono” di mantenere i prezzi fissi nonostante l’inflazione.
Non ci credete?
Questa “amichevole” pratica si chiama Shrinkflation: un termine che deriva dall’unione di “shrink”, cioè “restringere” e “inflation”, inflazione.
Ve la spieghiamo, senza “restrizioni”😛
Shrinkflation? Compro di meno e pago di più!
Si tratta di una tendenza molto nota nell’industria.
Il nome è nato dall’unione del verbo inglese shrink, rimpicciolire, con inflation, inflazione e si verifica quando l’inflazione è in aumento.
L’azione di marketing “vedo non vedo” è applicata dalle aziende per non far percepire ai consumatori l’aumento dei prezzi dovuto all’inflazione e per evitare una diminuzione delle spese e dei consumi.
“Il ridimensionamento dei prodotti arriva a ondate, nei momenti di maggiore inflazione”, ha spiegato al World economic forum Edgar Dworsky, avvocato dei diritti dei consumatori che riporta i prodotti ridimensionati sul sito Consumerworld.
“Per contenere le perdite ci sono tre strategie di base – ha aggiunto -. Aumentare il prezzo, togliere un po’ di prodotto o farlo con ingredienti più economici”.
Nella gran parte dei casi, le aziende produttrici di beni di consumo hanno mantenuto il prezzo fisso e hanno ridotto le quantità del prodotto rispetto a quelle consolidate mantenendo la confezione della stessa grandezza, e se va bene, inseriscono la nuova grammatura in caratteri minuscoli nella parte più remota della confezione. Le aziende riducono la quantità dei prodotti in maniera quasi impercettibile. Risulta difficile notare una differenza di 10 o 20 grammi.
Ma non solo!
A volte la variazione del rapporto tra quantità e prezzo viene semplicemente camuffata con un nuovo packaging, talvolta più “sostenibile” ma di sostenibilità c’è ben poca se l’involucro non viene riempito al 100%, lasciando molto spazio vuoto! Si aumenta la quantità di imballaggio e si rende meno ecologico il processo di confezionamento, lo stoccaggio e la mobilitazione della merce. Due scatole di dimensioni ridotte sono più inquinanti di una sola confezione a grandezza standard perché, a fronte di meno prodotto, si utilizza la stessa quantità di energia per il packaging, si produce più scarto di materiale e si occupa “spazio inutile” nei mezzi utilizzati per il trasporto.
Risultato?
Il prezzo al chilo o al litro del prodotto è salito, il peso dello scontrino è aumentato e il carrello è…vuoto!
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Quando tutto ebbe inizio!
In Italia si chiama “sgrammatura” dei prodotti, ma i primi a far emergere questo fenomeno nel 2017 sono stati gli economisti dell’istituto di statistica britannico (Ons, Office for National Statistics) chiamandolo Shrinkflation.
Secondo i loro studi, negli ultimi sei anni, circa 2.500 confezioni di prodotti (soprattutto alimentari e per l’igiene della casa) sono state ridimensionate in peso e quantità.
In Italia l’Istat, tra il 2012 e il 2017, ha rilevato 7.306 casi in mercati, rivendite e supermercati. Nello stesso periodo, il packaging e il prezzo di 4.983 prodotti hanno subito delle variazioni. I beni di largo consumo colpiti dalla shrinkflation sono undici.
I picchi si registrano nel settore merceologico di zuccheri, dolciumi, confetture, cioccolato, miele (613 casi riguardano la diminuzione della quantità e l’aumento del prezzo) e in quello del pane e dei cereali (788 casi in cui, però, si è riscontrata solo una riduzione delle confezioni). Bibite, succhi di frutta, latte, formaggi, creme e lozioni sono le altre categorie di prodotti a cui è bene prestare particolare attenzione.
Perché la shrinkflation è così famosa oggi?
Le segnalazioni dei consumatori si sono moltiplicate e le tecniche delle aziende si sono fatte sempre più insidiose.
Ma la strategia di marketing adottata dalle aziende dipende solamente dal conflitto in Ucraina o dalla loro ingordigia di aumentare i guadagni?
Sicuramente a seguito dello scoppio della guerra e della crisi attuale, le aziende hanno aumentato i prezzi per combattere gli aumenti dei costi di produzione, l’inflazione, la difficoltà di reperire la materia prima e il calo della domanda da parte dei consumatori ma, come ha spiegato Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori, in un’intervista al fatto alimentare “Non mancano poi i casi in cui l’adozione della sgrammatura non è dettata dalla necessità di far quadrare i bilanci a fronte di un rincaro a monte, ma piuttosto dalla volontà di incrementare i guadagni, speculando su una fase storica di crisi che sembra legittimare l’aumento dei prezzi (…)”
Con la Shrinkflation le aziende:
- riducono i costi di produzione mantenendo al contempo i prezzi dei prodotti invariati o aumentandoli leggermente;
- mantengono la competitività sul mercato con prezzi competitivi rispetto ai concorrenti;
- aumentano il rischio di perdita del cliente e della sua fedeltà perché i consumatori, infastiditi da questa tecnica, potrebbero acquistare altri prodotti non “sgrammati”.
Se le aziende ci guadagnano, i consumatori e i produttori delle materie prime:
- diminuiscono il potere d’acquisto, con una spesa identica ma con il carrello più vuoto.
- aumentano la spesa complessiva per soddisfare le loro esigenze acquistando più prodotto;
- percepiscono negativamente l’operato dell’azienda, si sentono ingannati e potrebbero rivolgersi ad altre aziende.
I tagli di oggi
Negli ultimi due anni, i consumatori si sono lamentati e hanno riportato le loro esperienze ad Altroconsumo.
L’associazione ha lanciato il progetto ACmakers, attraverso il quale i consumatori partecipano in prima persona ai test e ai sondaggi per dare spunti e suggerimenti sulle dinamiche di acquisto. Le esperienze raccolte hanno dimostrato che gli aumenti mascherati non riguardano solo il cibo ma anche detersivi e altri prodotti.
Vediamo alcuni esempi!
Gli esempi “sgrammati”
Ecco i prodotti più segnalati dalla community (fonte Altroconsumo):
- le confezioni di Philadelphia light sono passate da 200 a 190 grammi;
- Krumiri Bistefani hanno ridotto le scatole da 300 a 290 grammi e il prezzo è aumentato del 3,4%;
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- il detersivo Nielsen per i piatti è passato da 1 litro a 900 ml;
- in molti casi i pacchetti di fazzoletti usa e getta sono passati da 10 a 9 fazzoletti;
- le colombe pasquali pesano 750 grammi in confezioni simili a quelle da 1 kg;
- le mozzarelle sono passate da 125 grammi a 100 grammi;
- il caffè ha registrato un calo di 25 grammi passando da 250 a 225 grammi;
- il tè è passato da 25 bustine a 20;
- i tubetti di dentifricio sono scesi da 100 a 75 ml;
- le buste di patatine hanno 5-10 chips in meno;
- la bevanda in bottiglia è scesa a 1,35 litri rispetto il litro e mezzo precedente;
- i rotoli di carta igienica hanno ridotto gli strappi;
- le barrette di cioccolato sono diventate più piccole.
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Sgrammati e non solo!
Esistono tuttavia altre pratiche che non possono essere classificate come shrinkflation ma che disorientano comunque i consumatori.
Ecco alcuni esempi di nuovi formati speciali con prezzi in linea ma dal contenuto inferiore rispetto la versione classica:
- la versione caramel delle Gocciole Pavesi costa il 116% in più al chilo rispetto alla classica versione. Le confezioni sono molto simili ma la variante al caramello costa oltre 9 euro al chilo in più rispetto alla versione classica e contiene 200 grammi in meno di prodotto;
- la linea Barilla “Al bronzo” con lavorazione grezza è disponibile solo nel formato da 400 grammi (100 grammi in meno rispetto alla linea classica o integrale) e costa 1,35 euro (0,99 euro linea classica e 1,29 euro linea integrale).
Cosa è stato fatto contro la shrinkflation?
Ogni paese gestisce la shrinkflation “a modo suo”.
La Francia sfida a duello bollini la shrinkflation
Carrefour Francia si oppone alle aziende a colpi di bollini.
Ebbene si, la catena di supermercati e ipermercati francese ha trovato la “soluzione” per avvisare i suoi clienti nei punti vendita francesi.
Carrefour Francia ha applicato sui prodotti colpiti dal fenomeno un bollino arancione con la dicitura “Questo prodotto ha visto il suo litraggio scendere e il prezzo praticato dal nostro fornitore aumentare”.
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“Italian Keep Calm”
A parte le rilevazioni effettuate da Istat, in Italia manca ancora un organo ufficiale in grado di vigilare sui rincari e di emanare misure concrete e prioritarie.
Nel frattempo, in seguito alle continue lamentele, Massimiliano Dona il 24 maggio 2022 aveva comunicato che l’esposto su Shrinkflation era stato accolto e che l’Antitrust avrebbe monitorato il fenomeno per verificare pratiche scorrette legate alla sgrammatura dei prodotti.
D’altra parte la shrinkflation non è tecnicamente illegale nel nostro paese, ma dovrebbe (deve) essere comunicata correttamente.
E noi consumatori?
Purtroppo in Italia è legale!
Le aziende vi potrebbero dire: “Basta guardare il peso o la grammatura delle confezioni“. Non vi è l’obbligo di indicare e nemmeno “pubblicizzare” la shrinkflation. Le aziende agiscono su un consumatore poco attento, che acquista in modo automatico, ma soprattutto giocano sull’automatismo degli acquisti abitudinari e di routine. I consumatori non sono truffati ma beffati.
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Alcuni consigli per non essere “sgrammati”
Per non vedere il carrello vuoto e pure il portafoglio, vi lasciamo qualche suggerimento:
- Concentratevi e dedicate del tempo alla spesa, la fretta non aiuta.
- Leggete sempre le etichette e valutate il costo al chilo o al litro e non quello finito.
- Memorizzate le grammature dei prodotti quotidiani così da individuare subito eventuali variazioni future.
- Scegliete, quando possibile, prodotti sfusi (frutta, verdura e pasta). Sono un opzione ecologica e sostenibile a cui non è possibile applicare la sgrammatura.
Fare la spesa diventerà una specie di partita a scacchi, ma almeno sarete voi a fare scacco matto alla shrinkflation😜