
Ancora oggi, purtroppo, la discriminazione razziale è un fenomeno presente nel mondo del beauty e della cosmetica. Sephora ha deciso di prendere posizione ed unirsi a questa lotta per incoraggiare l’inclusione.
Pochi mesi fa, in data 13 gennaio, Sephora ha elaborato un nuovo piano d’azione contro il razzismo. Dal “Racial Bias in Retail Study”, uno studio incentrato sul problema della discriminazione nel mondo del retail negli USA, è emerso che: “La verità è che da Sephora e in generale nel mondo del retail negli Stati Uniti i consumatori non vengono sempre trattati in maniera giusta”, come ha affermato Jean-André Rougeot, Chief Executive Officer di Sephora Americas.
Sephora a favore dell’inclusione
Come si legge nel comunicato stampa: “Due consumatori su cinque (negli Stati Uniti) dichiarano di aver ricevuto un trattamento discriminatorio all’interno di un negozio a causa della loro etnia o colore della pelle”. Dall’indagine è risultato, infatti, che un cliente su cinque avrebbe subito atteggiamenti discriminatori in negozio, soprattutto a causa del colore della pelle e del gruppo etnico.
La questione, però, interesserebbe anche la comunicazione pubblicitaria e l’offerta di prodotti. Stando allo studio “tre consumatori su quattro sentono che le iniziative di marketing non sono rappresentative della diversità”. Questa inclinazione si riscontra maggiormente all’interno dei grandi magazzini, nel mondo del beauty e in quello dell’abbigliamento.
A peggiorare la situazione, secondo il 65% degli intervistati, si aggiunge anche l’assenza di un’adeguata varietà di prodotti, che non andrebbe incontro alle necessità di tutti i gruppi etnici.
Quali sono gli effetti sulla shopping experience?
Tutto ciò ha delle conseguenze negative anche sulla customer experience. Alcune etnie, ad esempio, riscontrano grosse difficoltà durante l’acquisto, perché non seguite adeguatamente dallo staff. Addirittura, si sentono a disagio, perché continuamente sorvegliate dalla sicurezza.
Questi dati sono stati redatti grazie ad un sondaggio sottoposto a 3034 consumatori americani e 1703 dipendenti provenienti da differenti tipi di retailer negli Stati Uniti. L’analisi è stata sviluppata in collaborazione con Kelton Global e LRW, aziende di consulenza strategica specializzate nel consumer insight.
I dettagli del piano d’azione di Sephora
Purtroppo, quella della discriminazione è una problematica che interessa tutta l’industria del retail. A conferma di ciò, basta ricordare le proteste legate al movimento “Black Lives Matter”. Questi temi hanno portato molti brand a compiere azioni solidali, schierandosi a favore dell’equità. Per questo motivo, Sephora ha deciso di partecipare attivamente a questa lotta, studiando una strategia contro il razzismo.
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Ecco alcuni dei provvedimenti più importanti:
- aumentare la gamma dei prodotti di brand “black-owned” entro la fine del 2021;
- spingere questi marchi grazie ad un’area dedicata sul sito Sephora.com;
- definire nuove linee guida all’interno delle campagne di marketing;
- organizzare dei corsi di formazione per aiutare i consulenti ad assumere un approccio adeguato nei confronti dei clienti in ogni fase della shopping experience;
- istituire un sistema di accoglienza all’interno degli store, per fornire un’esperienza positiva a tutti i visitatori;
- assumere specialisti di sicurezza interni al fine di migliorare la customer experience.
Il concetto di bellezza senza confini
Non è la prima volta che Sephora si impegna a favore dell’inclusione e della sensibilizzazione. Suo è il progetto The Unlimited Power Of Beauty, pensato per valorizzare la bellezza individuale, senza filtri, lontana dagli stereotipi. Una campagna differente, che “offre una visione forte, ambiziosa e onnicomprensiva della bellezza”, come specificato da Rémi Babinet, Presidente fondatore di BETC e Global Chief Creative Officer di Havas.
I canoni che definiscono l’essere belle, infatti, non sono più quelli di un tempo. Ad essere esaltata è una bellezza senza limiti, presente, in più sfaccettature, in tutte le persone.
Alcune famose imprenditrici, che hanno fondato una propria linea di make up (di cui Sephora è rivenditore), si sono unite alla campagna, manifestando il proprio parere a riguardo.
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Fenty Beauty
Rihanna, ad esempio, ha fondato il marchio Fenty Beauty, un make-up studiato per soddisfare ogni aspetto e colore della pelle, donando felicità a tutte le donne del mondo.
La mission: offrire soluzioni semplici per tutte le tipologie di incarnato, non limitandosi solo ai cosmetici ma includendo anche prodotti skincare. “Il make-up deve divertire e non essere un obbligo, né dare l’impressione di essere un uniforme. Sentiti libera di cogliere delle opportunità, di correre dei rischi, di osare qualcosa di nuovo o diverso!”. Ogni prodotto è infatti multitasking, facile da usare e pensato per essere unito al make-up. Fenty Skin è stata creata prendendo spunto dallo stile di vita della stessa Rihanna, mettendo insieme ingredienti da tutto il mondo e combinandoli ai must-have della skincare. Tutte le formule sono oil-free, vegan e gluten free. I prodotti, inoltre, sono venduti in contenitori compostabili.
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Huda Beauty
Anche Huda Kattan, con il suo marchio Huda Beauty, invita le donne a provare i suoi prodotti, esaltando il proprio modo di essere. “La bellezza può cambiare il modo in cui le donne si percepiscono. Credo che una donna sicura di sé possa conquistare il mondo!”.
È tempo di cambiamenti!
“Sappiamo di essere in una posizione privilegiata quando si tratta di promuovere dei cambiamenti positivi nell’industria del retail e in generale nella società ed è nostra responsabilità farci avanti. Ci impegniamo a fare tutto il possibile per rendere l’esperienza della vendita al dettaglio negli Stati Uniti più accogliente per tutti”, ha concluso Jean-André Rougeot.
L’azienda è consapevole di quali siano i cambiamenti da mettere in atto per combattere il pregiudizio e favorire l’inclusione. Il piano d’azione di Sephora, infatti, vuole essere una manovra per opporsi al razzismo, che ancora persiste in questo settore, senza, però, perdere di vista un punto importante: questa problematica è sì presente nel mondo del retail, ma “Sephora non ne è immune”.