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T2 Trainspotting: grande ritorno o grande flop?

Scegliete la nostalgia, scegliete il vintage, scegliete le foto in bianco e nero, scegliete l’emozione di rivedere il vostro primo triciclo, scegliete ciò che è passato di moda ma che non passerà mai di moda, scegliete di guardare la storia ripetersi.

A una ventina d’anni dal film cult, Danny Boyle torna nuovamente dietro la macchina da presa per realizzare il seguito di uno dei film che ha segnato intere generazioni: Trainspotting.

In T2 Trainspotting ritroviamo i cessi sporchi, il vomito, i pub, la caccia ai soldi, il sesso, le pasticche, il cucchiaio, l’eroina e tutto ciò che ha caratterizzato un intramontabile Trainspotting. Ritroviamo Renton il traditore, Begbie lo psicopatico violento, Spud il lunare, il filosofico Sick Boy. E con loro, i noi di vent’anni fa.

La notizia di un sequel del celeberrimo film ha sicuramente fatto palpitare i cuori di molti che da tempo si aspettavano questa notizia: riuscirà Boyle a incantare nuovamente il pubblico nonostante siano passati più di 20 anni?

Il potere della nostalgia  

Restare con insistenza ancorati al passato, si sa, non è mai un bene. Non si può continuamente pensare ad un periodo, infanzia o adolescenza che sia, in cui si avevano pochissime preoccupazioni e vivevamo in modo molto più spensierato.

Il passato dovrebbe essere qualcosa di superato per tutti noi. E invece no.

Negli ultimi anni sempre con più insistenza si sente parlare di questo “effetto nostalgia”, una sorta di sentimento insito in noi del quale non possiamo fare a meno e che tutti prima o poi sperimentano.

Le persone più nostalgiche sono costantemente alla ricerca di tutto ciò che è “passato” o che per lo meno, glielo ricorda.

L’effetto nostalgia è trasversale e si inserisce non solo nei film, ma anche nei videogiochi (basti pensare all’incredibile successo di Pokémon Go, installato nel corso del 2016 negli smartphone di mezzo mondo) e nella musica (come non citare il ritrovato amore per i vinili).

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A questo proposito, anche il 2017 è un anno importante per molti.

Il 23 Febbraio è infatti uscito nelle sale italiane il sequel del celeberrimo Trainspotting: T2 Trainspotting, che si inserisce perfettamente in quel “filone nostalgia” inaugurato un paio d’anni fa con il VII capitolo della saga “Star Wars”. 

È proprio il potere della nostalgia che Boyle vuole sfruttare in questo sequel.

La gestazione di questo secondo capitolo è stata lunga e il motivo ce lo spiega direttamente Danny Boyle, il quale afferma: “Trainspotting è un culto che non volevo rovinare. Perciò ho aspettato tanto. Dieci anni fa provammo ad adattare il secondo romanzo, Porno, ma non funzionava. Io volevo tornare su tutti e quattro i personaggi con una storia profondamente personale.

Boyle si è trovato a gestire un compito particolarmente difficile: c’è chi infatti ritiene che il primo film fosse già perfetto così, altri erano curiosi di vedere come sarebbe finita la storia dopo che Mark tradì i suoi fedeli compagni. Era pertanto necessario continuare il primo capitolo con molta attenzione; sarà riuscito Boyle a replicare il successo di Trainspotting imbrigliando tutta la magia che questo racchiudeva e sprigionava allo stesso tempo?

Il ritorno di un mito?

Ebbene sì, finalmente dopo una lunga attesa torna nei cinema un film che ha fatto storia.

Ritroviamo il cast che ci ha fatti divertire e riflettere, e li ritroviamo esattamente come li avevamo lasciati: alla costante ricerca di qualcosa. Al contrario, i colori spenti e plumbei del primo capitolo lasciano spazio a colori più sgargianti e vivi e il ritmo non è più adrenalinico e serrato ma si presenta più lento e riflessivo. Tornano Ewan McGregor, Robert Carlyle, Kelly MacDonald, Johnny Lee Miller, Ewen Bremner, ognuno con la propria personalità e carisma, torna il monologo di Renton sensibilmente rivisitato ma collegato fortemente a quello precedente: “scegliete la vita”; un’apertura già di per sé sufficiente a far venire un nodo alla gola a molti e a far ripensare a tutte le avventure che Mark e i suoi amici hanno affrontato.

Dal punto di vista commerciale l’operazione può ritenersi riuscita: il film ha richiesto un budget di circa $18 milioni ed è riuscito ad incassare solo in Italia nel primo weekend oltre $1 milione confermandosi il terzo film più visto dietro solo a The Great Wall e Beata Ignoranza.

Questo risultato non ci sorprende.

La notizia del sequel del celeberrimo Trainspotting (che nel 1996 fu anche candidato all’Oscar per Migliore Sceneggiatura Non Originale) ha senza dubbio scatenato nel menti e nei cuori di tutti mille aspettative e ricordi.

A dare la giusta spinta a questo processo ci ha pensato il milione di dollari speso in marketing per la pubblicità e la promozione del film online e soprattutto sui social. In questa fase sono stati due gli elementi utilizzati per sottolineare in modo marcato l’effetto nostalgia:

1) Il poster del film che richiama il precedente: si sceglie ancora una volta una foto dei protagonisti in bianco e nero con scritte in arancione.

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2) Il trailer che sforza di sottolineare il più possibile i richiami del primo film: l’inseguimento visto con gli occhi di Spud e Mark che appoggia le mani sul cofano di una macchina dopo una rovinosa caduta, per citarne alcuni.

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Al di là del risultato economico che sicuramente è incoraggiante, la vera domanda è: questo sequel era davvero necessario? Ma soprattutto, è davvero riuscito l’intento del regista di riproporre un film cult sfruttando l’effetto nostalgia? La risposta non è affatto scontata.

Quando l’effetto nostalgia non dà l’effetto sperato

Il problema principale di questo film è forse proprio la tecnica utilizzata dal regista per catturare l’interesse del pubblico: l’effetto nostalgia.

Così com’è stato adottato per questo film, l’effetto nostalgia fa sì che lo spettatore si concentri su ciò che fa ricordare la prima pellicola piuttosto che su un effettivo proseguo della storia.

Il risultato è che i continui richiami a situazioni, ambientazioni, inquadrature e perfino a scene già viste, vissute e assimilate dal pubblico facciano perdere interesse in questo sequel che si rivela per quello che alla fine è: una semplice, divertente, inutile vicenda di inseguimenti e inganni, certamente rivisitata in chiave moderna con tematiche “al passo coi tempi”, ma nulla di più.

Boyle ha tentato di sfruttare la popolarità del primo Trainspotting cercando, tramite questo sequel, di chiudere un cerchio che per molti era già perfetto così.

Nonostante la vittoria al box-office, T2 Trainspotting è un film piatto perché si trova esattamente diviso a metà, tra frequenti richiami al primo film in modo anche troppo palese e non necessario (spesso riproponendo le stesse inquadrature del 1996) e scelte da “nodo alla gola”: scommetto che a molti è venuta la pelle d’oca quando Spud guarda la scena dell’inseguimento in strada!

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Alla luce di quello che è stato detto, quindi, T2 Trainspotting si presenta come un film piacevole che potrebbe essere indipendente dal primo (se non per alcuni elementi) ma che allo stesso tempo basa il suo successo su un cult già metabolizzato.

Probabilmente è proprio questa dicotomia tra ricordo e novità, tra esagerazione di richiami e scelte azzeccate che caratterizza questo secondo film. Forse la chiave di lettura sta in questo costante senso del tempo che non passa e che travolge i protagonisti, i quali nonostante i vent’anni passati non riescono a maturare, crescere e “mettere la testa a posto”. Se consideriamo questo come senso ultimo del film, allora si sarebbe potuto affrontare il tema senza cercare di emulare il primo Trainspotting.

Proprio per questo, per come è stato pensato da Boyle, questo film non può che suscitare opinioni ed emozioni diverse, non tutti sono soddisfatti delle scelte grafiche o addirittura della sua realizzazione, e molti pensano che questo film non fosse affatto necessario.

Cosa ne pensa la critica?

Peter Bradshaw – The Guardian:

T2 Trainspotting è tutto quello che speravo – spaventoso, divertente, disperatamente triste, con più di un guizzo visivo. […] Una scabrosa e brutale commedia nera sulla delusione degli uomini di mezza età e la paura della morte. […] È un po’ troppo lungo e scade un po’ nel sentimentalismo, nella commedia grassa e nell’auto-celebrazione. Ma ha la stessa vibrante energia, lo stesso pessimismo ribelle, e non c’è niente in giro così

Ian Freer – Empire:

Se T2 si può paragonare a un qualche altro sequel, quello è Ritorno al futuro – Parte II, un secondo film usato per investigare il primo attraverso flashback, musica e sottili riferimenti. Se il primo film parla della gioia di essere giovani […], T2 parla delle delusioni della crescita […]. Coraggiosamente, Boyle ha realizzato un film sobrio sulla vita da quarantenni che è ben studiato e interpretato. Ma è davvero quello che vogliamo da un film di Trainspotting? […] Stilisticamente, Boyle gioca ancora con il mix di duro realismo e voli di fantasia dell’originale […], ma non riesce ad afferrare la tecnica e il tono allo stesso modo […]. Anche la colonna sonora, un misto di vecchio (Queen, Frankie Goes To Hollywood, Blondie) e nuovo (Young Fathers, Wolf Alice), non riesce a ottenere lo stesso impatto (come potrebbe?). Il remix di Lust for Life di Iggy Pop realizzato dai Prodigy in un certo senso sintetizza perfettamente il film: corre sulle stesse note ma non è altrettanto bello.

Neil Young – The Hollywood Reporter:

Ombre di vecchie glorie soffocano le imprese di oggi in T2 Trainspotting, il tanto atteso, tanto rimandato e tristemente ridondante sequel […]. La sceneggiatura ha troppe false partenze per generare il giusto slancio, e oscilla tra commedia quasi slapstick e interludi di sentimentalismo […], e persino il leone d’inverno Begbie – un’incorreggibile forza della natura demoniaca nel primo film e anche in Porno – soccombe alle smancerie. […] Boyle, lavorando con il montatore Jon Harris, include una miriade di brevi clip dall’originale oltre ad avvenimenti, immagini e musiche che rimandano esplicitamente al primo capitolo. Ma questa continua corsa alle memorie non fa che rendere più evidente l’ovvia distanza qualitativa tra i due film, e così T2 non riesce mai a trovare la sua voce.

Jason Solomons – The Wrap:

Il film di Boyle è dipendente dalla sua stessa nostalgia […]. T2 Trainspotting non è un brutto film, assolutamente. In certi punti è fantastico, ma troppo spesso si fa trascinare sul fondo dal suo stesso abbattimento, un film miserabile e malinconico che quasi sembra imbarazzato nell’esserlo.

Chris Hunneysett – Mirror:

Avendo dato tempo al materiale di cuocersi lentamente, il regista Danny Boyle cucina un altro incredibile cocktail di tossicodipendenza, violenza e prostituzione. Nonostante tutte le droghe consumate sullo schermo, la forza dell’alchimia tra gli attori è ciò che rende questo film una dose di puro cinema. […] Boyle ha creato una corrosiva storia di longevità, lealtà e amicizia, un lungo e difficile sguardo a cosa succede quando la festa finisce per alcuni ma non per gli altri. […] Prendete un bel respiro. Scegliete il cinema. Scegliete la prima classe. Scegliete Trainspotting 2.

Come anticipato, le prime critiche sono contrastanti e non sempre rosee; e voi? Cosa ne pensate? Ritenete che l’operazione effettuata fosse necessaria a completare un cerchio che molti ritenevano già perfetto? Come giudicate questo utilizzo dell’effetto nostalgia? Ritenete questo Amarcord qualcosa di convincente o presto dimenticabile?

A voi la risposta!

 

Matteo Maschio

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