
Il primo ospite di questa quarta edizione del MARKETERs Day è stato finalmente svelato: 20th Century Fox, il celebre major studio hollywoodiano. Raccontare la sua storia è un po’ come ripercorrere la storia del cinema: da Cleopatra agli X-Men, dai nickelodeon alle sale come noi le conosciamo, dal mago fuori dal cinema alle più innovative tecniche per promuovere un film. Un viaggio nell’intrattenimento di oltre cent’anni.
Andare al cinema è ridurre all’immobilità il corpo. Non molto ostacola la percezione. Tutto ciò che si può fare è guardare e ascoltare. Ci si dimentica dove si è seduti. Lo schermo luminoso diffonde un torbido chiarore attraverso l’oscurità. Fare un film è una cosa, guardarlo un’altra. Impassibile, muto, fermo siede lo spettatore. Il mondo esterno svanisce quando lo sguardo sonda lo schermo. Importa che film si sta guardando? Forse. Una cosa che tutti i film hanno in comune è il potere di portare la percezione da un’altra parte – Robert Smithson
Se il tema scelto per questo MARKETERs Day è l’intrattenimento, o meglio “oltre l’intrattenimento”, non poteva certo mancare il Cinema tra i suoi ospiti. E quando parliamo di Cinema, non avrebbe potuto esserci scelta migliore di 20th Century Fox. Avremo quindi la possibilità di confrontarci con uno dei sei major studios di Hollywood, che insieme costituiscono più dell’80% del mercato cinematografico americano e buona parte di quello mondiale (attualmente circa il 20% solo nelle mani di 20th Century Fox): in poche parole, il cinema come noi lo intendiamo passa quasi esclusivamente da questi sei colossi.
Per tale ragione, dopo aver scoperto che i veri brand del cinema sono le case di produzione, non resta che scoprire come opera un major studio (giusto per non farci trovare impreparati), che oltre della produzione si occupa anche della distribuzione e del marketing, nei quali si cela il vero potere dell’industria dei sogni.
È il 28 giugno 2013 quando Rupert Murdoch chiude la News Corporation per fondare News Corp e il gruppo Fox (o 21st Century Fox), che non solo controlla la major, ma comprende anche il lucrosissimo business musicale e vari network televisivi. Siamo di fronte a uno dei più grandi conglomerati mediatici degli Stati Uniti e del mondo (in Italia, con il 39% delle partecipazioni di Sky Italia, è secondo solo a Mediaset), che è arrivato a fatturare nel 2015 quasi 29 miliardi di dollari.
Ma prima di arrivare a questo ci sono voluti quasi cento anni di storia, una vertiginosa scalata verso la vetta più alta del successo che sembra non bastare mai.
C’era una volta…
La storia della Fox e del suo fondatore potrebbero benissimo costituire la trama perfetta di uno di quei film in cui il protagonista, un ebreo squattrinato venuto da lontano negli Stati Uniti con un sogno di successo, arriva a coronarlo grazie all’enorme passione e a un innato fiuto per gli affari, fino a generare un vero e proprio impero: dalle stalle alle stelle. E visto che parliamo di uno studio cinematografico non avrebbe potuto esserci una storia più azzeccata.
Wilhelm Fried nasce nel 1879 da genitori ebrei in Ungheria, all’epoca dell’Impero austro-ungarico e della magiarizzazione. Quando il piccolo ha nove mesi la famiglia decide di emigrare a New York: qui mettono al mondo altri dodici figli, di cui solo sei sopravvivono. Il giovane Wilhelm comincia a lavorare a 8 anni come strillone e successivamente trascorre diversi anni all’interno di una fabbrica tessile. Cambia poi il nome in William Fox, a partire dal cognome della madre (Fuchs).
All’età di 21 anni Fox avvia la sua prima attività nella produzione di vestiti, che mette in vendita quattro anni più tardi per acquistare uno “show popolare” a basso costo. Questi cinema primordiali hanno un prezzo di ingresso pari a cinque centesimi, e per tale ragione sono diventati noti come nickelodeon.
William possiede un talento innato per lo spettacolo (e per il marketing): al fine di stimolare l’ingresso nella sala decide di assumere un mago per esibirsi di fronte al negozio. È una scelta azzeccata, in quanto il numero di spettatori cresce fino a superare la capienza massima della struttura, con il pubblico costretto a stringersi sempre più tra le sedie pieghevoli noleggiate dal negozio di pompe funebri del quartiere.
Assieme ai soci B.S. Moss e Sol Brill, viene in seguito presa la decisione di aprire altri nickelodeon nel Paese, arrivando a gestire un totale di 25 sale. Il passo successivo per Fox e soci è quello di aprire un magazzino per lo scambio di film, uno dei primi a livello nazionale, che decidono di chiamare Greater New York Film Rental Company: questa struttura fornisce nuovi film ai vari nickelodeon, oltre a offrire l’opportunità di scambiare dei titoli con gli altri gestori. Fox arriva anche a produrre film in proprio nel 1913, con la Box Office Attraction Company.
Due anni più tardi, assieme ad altri pionieri dell’industria cinematografica come Adolf Zukor (Paramount) e Carl Lemme (Universal) decidono di spostarsi in California, dove il clima favorisce le riprese tutto l’anno: nasce Fox Film Corporation, una delle prime società a occuparsi insieme di produzione cinematografica, gestione delle sale e distribuzione.
È il 1915, il cinema è ancora muto ma a parlare è il pubblico, che sembra subire il fascino delle prime ‘stelle del cinema’. Sono i primi sintomi dello star system, e William Fox è uno dei primi produttori a notare questa tendenza: decide quindi di puntare su Theodosia Goodman, una giovane comparsa a cui fornisce un passato esotico inventato e un nuovo nome – Theda Bara -, e su Tom Mix, che presto diventa una star del cinema western.
Theda Bara in Cleopatra (J. G. Edwards, 1917)
I dieci anni che seguono sono di grande successo per la società che, grazie all’innovativo procedimento Movietone per registrare il suono su pellicola, riesce brillantemente a superare anche l’avvento del sonoro.
Ma con la grande depressione ecco un colpo di scena: con la morte di Marcus Loew, Fox intravvede una grossa opportunità per espandere il proprio impero e acquista la maggioranza della società Loew’s Inc, collegata alla rivale MGM, per circa 55 milioni di dollari. Purtroppo per lui, non si rivela affatto una buona idea, poiché viene letta come una mossa che viola le leggi sull’antitrust.
L’acquisto è quindi annullato e Fox viene estromesso dalla società l’anno seguente.
Sotto la guida del successore Sidney Ken, nel 1935 Fox Film si fonde con una casa di produzione in difficoltà, la Twentieth Century Pictures: è la nascita di 20th Century-Fox, con il trattino che viene tolto soltanto nel 1985 (anno in cui Rupert Murdoch rileva la società).
La figura chiave per il successo della nuova 20thCentury-Fox si rivela presto essere Darryl Zanuck, il 31enne fondatore di 20th Century. Con lui come responsabile della produzione arrivano un totale di 150 Oscar in 20 anni. Tuttavia nel 1956, a causa di varie divergenze con il presidente dell’epoca, Zanuck si trova costretto a dover lasciare la Fox per diventare un produttore indipendente: un disastro colossale per Fox, che con la costosissima produzione del film Cleopatra (J. L. Mankiewicz, 1963) rischia persino la bancarotta.
La società decide quindi di richiamare Zanuck, questa volta come presidente, il quale decide di bloccare la produzione del film e di chiudere temporaneamente lo studio. Almeno fino al ’63, anno in cui egli termina personalmente il montaggio di Cleopatra. Questo segna di fatto una ripresa per la società, che ritorna protagonista nell’industria cinematografica.
Dopo il grande successo che Fox ottiene con Il Ritorno dello Jedi (G. Lucas, 1984), la società subisce numerosi interessamenti da parte di Rupert Murdoch, che arriva a rilevare in poco meno di un anno l’intera Fox: ecco quindi Fox Inc, che unisce Twentieth Century Fox Film Corporation, Fox Television Stations Inc. e Fox Broadcasting Company.
L’inizio di un impero che ancora oggi, dopo trent’anni, continua a stupire.
La prima cosa che pensi quando dico Fox
Se chiedessimo a cento persone qual è la prima cosa che pensano quando si dice Fox la risposta cadrebbe quasi certamente per tutti nella sigla e nel logo, i due segni inconfondibili dello studio cinematografico.
La celeberrima sigla (la 20th Century Fanfare) viene composta da Alfred Newman nel 1933, mentre il logo della casa, quel monumentale monolite in stile Art Deco, è stato dipinto nello stesso anno da Emil Kosa Jr., il famoso acquerellista californiano.
Da sottolineare come il logo sia rimasto praticamente invariato nel corso degli anni (a parte qualche piccola modifica al numero “0” e nello sfondo), salvo poi subire nel 2009 un cambiamento da parte dei Blue Sky Studios, in onore della nuova generazione di film 3D.
Interessante anche notare come questi due elementi spesso vengano modificati in alcuni film – mi riferisco ad esempio a I Simpson-Il Film, in cui Ralph Winchester appare dietro lo 0 fingendo di suonare la tromba – pur senza mai compromettere la riconoscibilità del brand.
Non solo successi ai box office
Che lo studio abbia capito da tempo come fare andare al cinema gli spettatori di tutto il mondo non è certo un mistero (e il perché sarà molto più chiaro più avanti): basti pensare ad Avatar (J. Cameron, 2009), che con $2.788.000.000 è ancora oggi il film che detiene il record di incassi all time.
Spoiler: James Cameron ha annunciato ben 4 sequel di Avatar, per i quali già si scommette su nuovi record.
Curiosità: il 2015 è stato un anno magico per le grandi produzioni, con ben 4 film che sono entrati tra i primi sette titoli nella classifica box office all time.
Quest’anno lo studio sembra essere andato oltre anche in termini di qualità dei film proposti. Infatti, con un totale di 26 nomination agli Oscar (30 se contiamo quelle ricevute da Brooklyn, realizzato dalla divisione speciale Fox Searchlight), 20th Century Fox ha superato tutti gli altri studios.
Di più: ben quattro degli otto film candidati nella categoria miglior film sono stati realizzati da Fox, nello specifico The Martian (R. Scott, 2015), Bridge of Spies (S. Spielberg, 2015), in collaborazione con Disney, Brooklyn (G. Crowley, 2015) e The Revenant (A. G., Iñárritu, 2015), che ha finalmente permesso il realizzarsi del sogno di una vita per Di Caprio.
Deadpool, o come si promuove un film
Abbiamo accennato a come la reale forza delle major non sia tanto nella produzione, quanto piuttosto nella distribuzione e nel marketing: avere un buon prodotto senza poi riuscire a comunicarlo e a renderlo disponibile ai potenziali acquirenti non è di certo un gran successo (almeno, non se il tuo scopo è vendere), e non serve essere dei luminari del marketing per capirlo. E in quanto a marketing, 20th Century Fox ha veramente pochi rivali sul mercato.
Un esempio su tutti il recentissimo Deadpool (T. Miller, 2016), uscito nelle sale cinematografiche statunitensi il 12 febbraio, lo stesso giorno di Zoolander 2. In questa occasione 20th Century si è spinta davvero oltre, con una strategia di marketing assolutamente innovativa che ha reso il “Mercenario chiacchierone” (questo il soprannome dell’anti-eroe Marvel) il più chiacchierato del web e non solo.
Per comprendere appieno la forza di questa campagna occorrono prima due parole sul personaggio, che si distacca moltissimo rispetto agli altri eroi Marvel. Divenuto mainstream grazie ai fumetti di Joe Kelly a fine anni ’90, che fu il primo a caratterizzare Deadpool di una vena ironica e dissacrante, il protagonista del fumetto possiede una personalità estremamente ribelle, imprevedibile e giocosa, a causa di un disturbo di personalità plurimo. Tale disturbo lo porta a passare da una lucida intelligenza tattica alla pazzia insensata più brutale, il tutto condito da humor nero e continue battute (spesso ai danni di Wolverine, che pur essendosi sottoposto allo stesso trattamento non ha subito alcuna mutazione nell’aspetto).
Con Deadpool, abbiamo potuto fare qualsiasi cosa ci venisse in mente perché fin da subito ci aspettavamo che la testata potesse essere chiusa da un momento all’altro, quindi non ci ponevamo particolari attenzioni o limiti. E siamo andati avanti in questo modo – Joe Kelly
E proprio questi tratti del personaggio così bizzarro hanno fornito un’enorme opportunità per il reparto marketing di 20th Century Fox, che ha colto la palla al balzo per realizzare una campagna di comunicazione decisamente non convenzionale, coadiuvandola perfettamente a livello digitale.
Come ci sono riusciti? Coprendo tutti i possibili canali (online e offline) con una serie infinita di contenuti originali, irriverenti e dal potenziale virale, perfettamente coerenti con il personaggio: insomma, anche senza sapere chi fosse questo eroe Marvel, in un modo o nell’altro si finiva per conoscerlo, e in molti casi anche ad amarlo.
Uno dei poster usciti poco prima dell’uscita del film nelle sale, il 12 febbraio (ovviamente un “trool”)
Ma facciamola finita con le lodi! Ecco qui una carrellata di alcuni dei contenuti più originali.
Riuscire a far parlare del film senza mostrare nulla del film stesso: è forse questo il merito più grande di questa campagna. E ciò è ancora più vero se si considerano tutti quei film che fanno discutere solo per il livello di “spoilerosità” dei trailer.
Gli sforzi di marketing sono stati poi ampiamente ripagati al botteghino, tanto da rendere Deadpool il film che ha incassato maggiormente nel 2016 per lo studio californiano. Non solo: con 1 milione di copie digitali vendute la prima settimana, Deadpool detiene ora il record nelle vendite dei titoli in Digital HD.
Cosa dobbiamo aspettarci dal 2016
Tra i film più attesi di 20th Century Fox per questo 2016 troviamo sicuramente X-Men:Apocalypse (B. Singer, 2016) e Indipendence Day:Resurgence (R. Emmerich, 2016), titoli che hanno già cominciato a stupire.
Per quanto riguarda il nono capitolo della saga cinematografica degli X-Men, la cui uscita nelle sale italiane è prevista il 18 maggio (ben nove giorni prima rispetto agli Stati Uniti), è da segnalare quanto avvenuto in Gran Bretagna. Dalla partnership tra Sky e 20th Century Fox è nato infatti uno spot decisamente divertente, che utilizza alcuni personaggi del film per promuovere Sky Fibre, il nuovo servizio di Sky (non ancora attivo in Italia).
Chi meglio di Quicksilver, il mutante super-veloce interpretato da Evan Peters, per promuovere la connessione in fibra ottica?
Tra gli indimenticabili spot di questo Super Bowl 50 è stato presentato anche il sequel di Indipendence Day, il famosissimo film del 1996, con una pubblicità dal tono decisamente meno umoristico rispetto alle altre: gli alieni sono tornati, non certo per fare amicizia.
Contestualmente allo spot è stato lanciato anche il sito ufficiale del film, in cui è possibile scoprire cosa è avvenuto nei vent’anni dopo l’ultimo attacco, attraverso diverse animazioni virtuali.
Ma le novità in casa 20th Century Fox non finiscono qui: in quello che si preannuncia essere l’anno della realtà virtuale, lo studio ha annunciato che nell’Oculus Cinema app saranno resi disponibili oltre 100 titoli in VR.
Per concludere al meglio vi lascio con un piccolo spoiler che riguarda il prossimo ospite del MARKETERs Day.