
Il Made in Italy è una nota distintiva invidiata in tutto il mondo che contraddistingue qualsiasi bene o servizio prodotto o concepito in Italia. Non possiamo poi dimenticarci dell’enogastronomia, un altro punto cardine della nostra nazione, con i suoi aromi, sapori e colori che fanno venire l’acquolina in bocca dall’Alaska al Giappone. E se queste due cose fossero combinate ed esportate in tutto il mondo? L’idea geniale ce l’ha avuta Oscar Farinetti che nel 2007 ha aperto il primo Eataly.
Eataly, combinazione delle parole “eat” che in inglese significa mangiare e Italy, è un concept tutto italiano di promozione della tradizione culinaria italiana. Questi supermercati esperienziali sono dislocati un po’ in tutto il mondo: da Seul a San Paolo, da Bologna a Monaco. Il primo punto vendita è stato aperto nel lontano 2007 a Torino e, un po’ alla volta, il successo è diventato internazionale, fino all’apertura del terzo punto vendita della città di New York ad agosto 2016.
Oscar Farinetti, classe 1954 e piemontese d’origine, aveva già alle spalle una storia di successo partendo dalla trasformazione del piccolo supermercato del padre e rendendolo la nota “Unieuro”, catena di negozi di elettrodomestici. Sembra che la vena imprenditoriale proprio non gli manchi!
Oggi, infatti, la catena Eataly conta più di 20 punti vendita e progetti che saranno realizzati nel corso prossimi anni. Oltre il valore del brand, nel 2015 stimato per 300 milioni di euro, anche l’e-commerce non scherza con gli oltre 5 milioni di fatturato dichiarati dalla famiglia Farinetti per l’anno 2014.
Il manifesto
Il manifesto di Eataly, consultabile nel loro sito web, ripropone principi in linea con l’idea fondatrice della catena di negozi. Si parla…
…di amore per il cibo prodotto.
…di cibo come elemento che unisce le famiglie e i popoli come quando si sta tutti seduti attorno ad una tavola imbandita e si scambiano chiacchiere e storie di un tempo lontano.
…della passione che coinvolge i dipendenti quando si tratta del loro lavoro.
…di cibo come elemento per migliorare la qualità della vita, di trasparenza e sincerità degli ingredienti che compongono i prodotti venduti.
Infine, si sottolinea che uno degli obiettivi è di offrire prodotti non solo ad una certa categoria di clientela, ma di renderli unici, artigianali e accessibili a tutti. In questo modo, tutte le persone del mondo possono entrare in contatto con la buona cucina italiana.
A cosa è dovuto tutto questo successo?
Un po’ di anni fa ho assistito ad una conferenza tenuta da Farinetti e la frase che mi è rimasta più impressa è stata questa:
Noi italiani siamo meno dell’1% della popolazione mondiale eppure siamo ammirati ed invidiati in qualsiasi angolo del pianeta! Con il nostro potenziale potremmo vendere il ghiaccio agli eschimesi, eppure non ci riusciamo. Perché?
Lui invece il ghiaccio agli eschimesi è riuscito a venderlo. Non solo: metaforicamente parlando, non ha venduto solo il ghiaccio, ma anche la conoscenza del ghiaccio e la passione per il ghiaccio.
Questo, infatti, è esattamente ciò che troviamo quando entriamo in uno dei negozi Eataly. In ogni punto vendita non ci sono solo gli scaffali con i prodotti esposti, ma si trovano anche dei piccoli mercati, dei corner con la caffetteria, pasticceria, ristoranti, enoteche e così via.
Entrare in Eataly è un’esperienza perché c’è la possibilità non solo di gustare i cibi, ma anche di impararne le differenze, l’origine e il processo di lavorazione. Questa è stata proprio la rivoluzione nel concetto di vendita e nella strategia di marketing: in Eataly si compra l’esperienza.
Obiettivo: portare la cultura del cibo nel mondo
L’idea è stata vincente soprattutto all’estero perché purtroppo con la poca informazione e con la frequente contraffazione, le persone sono convinte di gustare prodotti italiani che spesso in realtà non lo sono. In Eataly nelle pareti sono affissi manifesti educativi sulla provenienza, consistenza e diversità dei prodotti italiani: per noi possono essere scontati, mentre per chi non è pratico della nostra tradizione sono una vera e propria scoperta.
Questa scuola di italianità è positiva soprattutto pensando alla varietà di prodotti, come ad esempio le migliaia di tipi di formaggio o di vini prodotti in Italia. Non è importante solo l’informazione, ma anche la tutela di tutto ciò che appartiene alla nostra tradizione. E l’istruzione non si ferma solo alle tabelle nei negozi: vengono anche organizzati corsi di cucina, attività per anziani e laboratori per bambini.
Oltre all’esperienza, in Eataly l’altra cosa fondamentale sono i prodotti di primissima qualità, molto spesso artigianali. Anche questo fa parte della tradizione culinaria italiana, rispettando le ricette e le tradizioni che rendono ogni prodotto unico e un po’ imperfetto visivamente.
Le malelingue
Ultimamente Eataly, e soprattutto il suo fondatore Farinetti, sono finiti nel mirino della critica: sono stati accusati di proporre tra gli scaffali dei negozi non più prodotti ricercati e di prima qualità, ma prodotti che si trovano comunemente in commercio. Il tutto ad un prezzo maggiore rispetto alla media generale.
Oltre a questa accusa, in molti negli anni hanno tentato di mettere il gruppo sotto una cattiva luce. Un esempio è Celestino Ciocca che rivendica l’invenzione del marchio Eataly registrato nel lontano 2000 ma poi legalmente acquistato da Farinetti e trasformato in potenza mondiale. Umoristicamente Maurizio Crozza in uno dei suoi monologhi dice “mentre tu mangi lento, Farinetti fa il grano veloce”.
Chapeau
Giusto di recente ho avuto il piacere di testare direttamente l’esperienza Eataly nel punto vendita di Piazza della Repubblica a Roma. Tutte le informazioni che avevo raccolto in questi giorni dal sito ufficiale, blog e riviste, sono state confermate durante lo shopping. Effettivamente le pareti sono tappezzate di semplici ed intuitivi tabelloni in cui vengono spiegate le differenze tra i vari prodotti e viene voglia di comprare un po’ tutto. Inoltre, facendo mente locale, i prezzi non mi sono sembrati scandalosamente più alti rispetto alla media.
Nota positiva anche per il menù del ristorante, che oltre ad avere un’ampia scelta di prodotti (anche vegetariani e senza glutine), propone pietanze che soddisfano le aspettative dei clienti.
Per quanto se ne dica, penso vada non solo ammirata l’idea che ha avuto Farinetti e che lo ha portato ad un successo planetario ma anche essergli grati. Grati perché per merito suo le persone possono approfondire la loro conoscenza della cultura italiana e di conseguenza evitare di comprare prodotti che vengono etichettati per italiani ma che in realtà non lo sono.
Tanto di cappello a tutta l’organizzazione e ancora una volta si può dire che
Italians do it better