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Going for quality: 30 anni di vino italiano

da 22 Marzo 2016Aprile 1st, 2016Nessun commento
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Sessione di laurea, Festa della Donna e Pasqua: cos’hanno in comune? A parte essere concentrate a Marzo nel 2016? Ovviamente il brindisi! In un precedente articolo vi avevamo parlato del cambiamento culturale che sta mettendo il mondo della birra in fermentazione (La birra artigianale: la tradizione che fa tendenza). E il mercato del vino non è da meno

La rivoluzione nel mondo del vino ha mosso i primi passi 30 anni fa, per superare lo scandalo del vino al metanolo. Un disastro per il settore vinicolo, la cui reputazione è scesa ai minimi storici. Eppure oggi, 30 anni più tardi, il vino italiano è uno dei punti cardine del Made in Italy e ha conquistato primati a livello nazionale e internazionale, raggiungendo i vertici del settore per qualità.

Il settore vinicolo italiano è irriconoscibile rispetto agli anni Ottanta, la rivoluzione ha modificato il mercato a tutti i livelli, in meglio. Sono cambiati la produzione, i controlli delle istituzioni e il consumo ed è nata una “cultura del vino” unica a livello mondiale. Vediamo un po’ di capire come.

I numeri del settore in Italia

settore vinicolo 1986 2015
Fonte: “Accadde domani”, la ricerca di Symbola e Coldiretti che ripercorre i fatti dal 1986

Il 1986 si caratterizzava per la produzione di 77 milioni di ettolitri di vino, un fatturato equivalente a 4,2 miliardi di euro e un export pari a 800 milioni. Un’economia che puntava tutto sulla quantità, in cui vini DOC e DOCG pesavano solo per il 10% della produzione totale.

I numeri del settore nel 2015 sono molto diversi e dimostrano il radicale cambiamento: la produzione è scesa a circa 47 milioni di ettolitri, ma il fatturato ha raggiunto i 9,4 miliardi di euro, l’export i 5,4 miliardi. Il peso di vini DOC e DOCG è del 35% sulla produzione totale, che sale al 66% se si considerano anche i vini IGT.

Lo scandalo del vino al metanolo

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Innanzitutto: che cos’è il metanolo? Parliamo di una sostanza che si trova naturalmente nel vino. In piccole quantità non crea problemi ma in concentrazioni elevate diventa tossico per l’uomo, giusto per essere chiari può creare danni permanenti come la cecità o portare alla morte. La presenza di dosi eccessive non è accidentale: può dipendere da un sovrasfruttamento delle uve in fase di spremitura oppure può essere aggiunto per aumentare il grado alcolico del prodotto finale.

La produzione italiana, oggi fiore all’occhiello del Made in Italy e tra i leader di mercato per la sua qualità, negli anni Ottanta era nota più per la sua quantità. Il vino veniva esportato come vino da tavola di primo prezzo o come vino da taglio per la produzione dell’Europa continentale. Quando nel 1986 emerse lo scandalo del metanolo la reputazione del vino italiano raggiunse i minimi storici. Il crollo delle esportazioni fu notevole, oltre un terzo della quantità (da 18 a 11 milioni di ettolitri) per un calo di fatturato attorno al 25%.

Era necessario reagire

Il passaggio da un’economia basata sulla quantità a una basata sulla qualità è stato quasi obbligato, e soltanto una simile risposta avrebbe permesso di continuare a competere a livello globale e a sfruttare il know-how accumulato nel corso del tempo.

Quelli che sono oggi i punti di forza del sistema italiano sono le leve che hanno consentito il cambiamento:

  • il recupero di vitigni antichi e autoctoni
  • una forte attenzione alla ricerca e all’innovazione lungo tutta la filiera
  • l’impiego di figure professionali dalla vigna alla commercializzazione
  • un particolare impegno verso la sostenibilità
  • l’utilizzo del marketing per veicolare il valore della produzione
  • la creazione di una cultura del vino
  • la creazione di un legame forte tra vino e territorio
  • lo sviluppo dell’enoturismo

Gli aspetti della rivoluzione vinicola

Sono tre i fattori principali che hanno determinato questo cambiamento nel corso degli ultimi 30 anni:

1. La produzione: ce n’è per tutti i gusti

Cartina Italia dei vini

La produzione italiana si caratterizza per la biodiversità dei vitigni e delle tipologie di vino che vengono prodotte. Questo è possibile grazie a:

  • una coltivazione di vitigni antichi e autoctoni che sono stati recuperati e valorizzati nel corso degli anni. Si tratta di una caratteristica quasi esclusivamente italiana; infatti la maggior parte dei player internazionali prediligono vitigni “internazionali”, già conosciuti ai consumatori.
  • un impegno di ricerca, innovazione e formazione in ogni passaggio della filiera. Alcuni esempi: codici QR e uso del braille nelle etichette; utilizzo del web per diffondere informazioni su bottiglie, vigneti e aziende; vini a denominazione d’origine nel formato bag in box; tappi in vetro al posto del sughero; spumante fatto invecchiare in mare; bottiglie di spumante con fondo piatto per aumentare la superficie a disposizione dei lieviti; coltivazione di vitigni a 1200 metri di quota per far fronte ai cambiamenti climatici e l’innalzamento della temperatura e molto altro ancora.

L’attenzione della produzione alla sostenibilità non significa solo evitare gli scarti, quindi utilizzare i residui della potatura e i sottoprodotti della vinificazione per produrre energia, ma anche l’introduzione di vitigni biologici. Negli ultimi anni proprio il segmento del biologico ha visto una rapida crescita: il 22% dei vigneti mondiali coltivati con metodo biologico si trovano in Italia (72.300 ettari di terreno) e le cantine che vinificano in modo biologico sono ben 1.300.

Anche la produzione vinicola, come tutta la produzione italiana, è molto frammentata. Nel 2015 sono state censite ben 384.000 aziende nel settore che operano su una superficie totale coltivata a vite di 642.000 ettari. Soltanto tra vigne, cantine e nella distribuzione commerciale si stima che il comparto offra lavoro a un milione e duecentocinquanta mila italiani. A questi si vanno a sommare tutti coloro impiegati nella attività connesse, nei servizi e nell’indotto: le bottiglie in vetro e i tappi, i trasporti, le assicurazioni, gli accessori (come cavatappi e sciabole), i vivai, gli imballaggi, la ricerca e la formazione, il turismo, i macchinari (per la coltura, la produzione e l’imbottigliamento), l’editoria e la pubblicità, i software e la bioenergia, senza dimenticare la cosmetica e il mercato del benessere.

2. Maggiori controlli e nuova legislazione

piramide legislazione vinicola

La legislazione attuale in materia vinicola:

  • prevede controlli più puntuali e rafforza gli enti destinati ai controlli;
  • protegge la biodiversità dei vitigni coltivati: il registro nazionale tenuto dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali include più di 500 varietà di vite. Da questa varietà si producono migliaia tipologie distinte di vini;
  • punta alla qualità del vino prodotto. La cosiddetta piramide della qualità prevede la categorizzazione dei vini su 4 livelli, a ogni livello corrispondono dei requisiti specifici. Soltanto soddisfacendo tutti i requisiti il vino può essere certificato. A oggi sono stati certificati 123 vini IGT (Indicazione Geografica Tipica), 341 DOC (Denominazione di Origine Controllata) e 74 DOCG (Denominazione di Origine Controllata e Garantita).

3. Un consumo informato

vino scaffale

Anche il consumatore ha svolto un ruolo fondamentale nella rivoluzione vinicola e nella creazione di una cultura del vino. Il consumo di vino si è ridotto in quantità, ma ne è aumentato a valore. Gli italiani che bevono vino ogni giorno sono diminuiti, soprattutto tra le fasce di età più giovani si beve in occasioni “speciali” e si scelgono bottiglie più pregiate per festeggiare. Il consumatore sceglie in modo più informato e preferisce etichette locali o regionali: un inno al chilometro zero. Insomma, non si beve più tanto per bere ma il consumo di vino è diventato parte dello stile di vita personale.

Nasce la cultura del vino

enoturismo vino territorio

In definitiva è cambiato il rapporto con il terreno e il territorio. La conoscenza delle specificità locali ha spinto ad una valorizzazione delle profonde differenze che queste conferiscono al prodotto finale.
Diventa necessario raccontare il vino e quindi il territorio, passeggiare per la vigna, degustare e assaporare, significa creare una cultura del vino che va al di la della bevanda e diventa patrimonio comune.

La degustazione diventa un’esperienza a tutto tondo, un’immersione nel mondo della cantina anche a migliaia di chilometri di distanza. Sempre più spesso il vino diventa un’esperienza da vivere e da condividere, momenti di effimera felicità (come abbiamo visto in un precedente articolo “La vera felicità? Vive nelle esperienze”). Le degustazioni entrano a far parte anche del fenomeno dell’enoturismo, per cui un territorio non attrae turisti soltanto grazie alle opere d’arte o alle meraviglie naturali di cui dispone, ma anche per poterne conoscere i prodotti enogastronomici.

Proprio del marketing è il ruolo di valorizzare ed educare il consumatore, di far conoscere e di coinvolgere il proprio pubblico nel mondo della cantina o azienda vinicola. Gli strumenti a disposizione sono molteplici e i social media stanno conquistando sempre più un ruolo da protagonisti, affiancando la comunicazione più tradizionale della pubblicità, eventi di degustazione a fiere ed eventi dedicati al mondo enogastronomico, apertura delle cantine, presenza nei punti vendita.

E il mercato mondiale?

I prodotti vinicoli italiani si attestano al secondo posto per quote di mercato a livello globale con circa il 20%. Questo risultato è importante considerando anche lo scenario a livello globale. Se sul finire degli anni Ottanta il commercio mondiale valeva 7 miliardi di dollari, vale oggi più di 34 miliardi di dollari, con una crescita del 390%. Si tratta del miglior tasso di crescita nel comparto agroalimentare e ha saputo reggere bene anche al periodo di crisi economica generale.

flussi commerciali mondiali

La crescita della produzione, che ha raggiunto circa i 280 milioni di ettolitri, è trainata dalla crescita dei consumi. Negli anni la propensione all’export delle aziende italiane è cresciuta di molto, e ha raggiunto il 50% del vino totale prodotto, superando i 20 milioni di ettolitri. I prodotti italiani sono presenti nei mercati principali, come USA, Regno Unito, Germania e stanno aumentando la loro presenza nel mercato cinese. L’investimento delle aziende in diffusione della cultura del vino è notevole e i risultati ottenuti sono una testimonianza del grande lavoro che si sta facendo, nonostante la concorrenza sempre più forte di paesi come Australia, Cile, Stati Uniti e Nuova Zelanda.

Come si posizionano i vini italiani nei mercati?

L’apprezzamento nei mercati esteri dei vini italiani è testimoniato da come si posizionano nei diversi segmenti (vino confezionato e spumante). La produzione italiana ha superato i concorrenti, almeno per quantità vendute in molti dei principali Paesi importatori. E sono gli spumanti ad aver un ruolo da protagonista tra i vini italiani esportati all’estero: in un decennio la loro presenza globale è passata dal 9 al 15%.

rank italia nei mercati esteri

In conclusione

Il settore vinicolo è uno dei settori tradizionali italiani ma ha saputo rinnovarsi e trasformarsi per esaltare le caratteristiche peculiari del nostro paese: è una bandiera del Made in Italy. Il forte legame stretto tra vino e territorio che si traduce spesso in piccole aziende produttive non pregiudica il posizionamento a livello globale.

Negli ultimi 30 anni gli operatori del comparto vinicolo hanno saputo sfruttare le potenzialità a disposizione. Oggi le opportunità non sono affatto finite, combattendo il problema dell’italian sounding si stima che il valore del settore possa passare dagli attuali 9 miliardi di euro a 20 miliardi di euro.

Da bravi MARKETERs: voi su cosa puntereste per promuovere la produzione italiana?

Alice Carlassara

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