
Ammettiamolo: della politica non se ne può davvero più. Scandali, intrighi, manovre e bugie sono raccontati ogni giorno dai media e contribuiscono ad aumentare la sfiducia degli elettori verso la classe politica. E allora perché milioni di persone questa sera sono in fibrillazione per l’uscita della quarta stagione di una serie tv proprio sulla politica? Perché questa non è una serie qualunque: questa è House of Cards.
Politicamente scorretta (ma realistica al massimo)
La serie ideata dallo sceneggiatore Beau Willimon e co-prodotta dal regista David Fincher, lanciata come produzione di punta da Netflix nel 2013, vede ancora come protagonisti Kevin Spacey (ndr l’attore preferito di scrive) e Robin Wright, e racconta le vicende che portano Francis J. Underwood, capogruppo dei Democratici al Congresso, a diventare Presidente degli Stati Uniti.
La serie, ancora prima dell’uscita, ha saputo conquistare un vasto pubblico che l’ha subito eletta a opera cult; ciò è dovuto sicuramente all’eccezionale bravura degli attori, alla trama avvincente quanto realistica e alla complessità dei personaggi, ma la vera arma segreta della punta di diamante Netflix è sicuramente il suo marketing.
Non si può dire che Netflix non conosca il suo pubblico. Il servizio di streaming, attraverso un utilizzo molto sapiente dei big data, ha capito cosa vogliono i telespettatori: tutto e subito.
La possibilità di avere tutti gli episodi di House of Cards immediatamente disponibili sin dal giorno dell’uscita risponde al fenomeno del binge watching, generato dalla facilità con cui si trovano su internet, in maniera più o meno legale, ormai tutti i tipi di contenuti tra film, serie e musica.
Scatta così quello che si può definire hyperengagement: il pubblico è coinvolto al massimo nell’esperienza di visione, proprio perché ha il controllo totale su come, quando e quanto godersi quel determinato contenuto, senza limiti di disponibilità o orari.
Netflix ha capito benissimo che deve dare al cliente ciò che vuole e quindi adattare la propria offerta alle sue esigenze, una lezione che l’industria musicale per esempio ha capito molto tardi grazie al successo di Spotify, che ha fatto della disponibilità completa di una immensa libreria musicale una rivoluzione in grado di arginare il download illegale e l’emorragia delle vendite di dischi.
Al cuore del potere: il contenuto
Non lo si ripete mai abbastanza: nel marketing, content is king. E il content di House of Cards regna (o meglio, governa?), come si può notare dalla scelta degli attori, particolarmente azzeccata per tutti i personaggi della serie, dall’indiscutibile qualità di musica e fotografia e dalla sofisticazione della trama che richiede una particolare attenzione e interesse per essere capita a pieno. Certo, si può discutere molto sul calo di ritmo della terza stagione, ma è innegabile che la produzione di HoC non giochi mai al ribasso e non cerchi mai di attirare il pubblico con espedienti comodi: la narrazione è solida e ricca, e persino i più plateali colpi di scena e le evoluzioni dei personaggi non sanno mai di finto.
FU vincerà le elezioni?
Ma veniamo ora all’elemento fondamentale che ha reso la strategia di marketing di House of Cards tanto vincente: la promozione.
Per questa quarta stagione era impossibile non cogliere l’occasione delle elezioni presidenziali USA (quelle vere) per inserire il temporaneo presidente Underwood nella corsa per l’investitura alla Casa Bianca, e così è stato: il nostro Frank ha iniziato una campagna elettorale fittizia ma non troppo: il suo messaggio promozionale è apparso durante gli spazi pubblicitari del primo dibattito repubblicano, Kevin Spacey ha presentato alla National Gallery di Washington il ritratto presidenziale di Frank, è stato creato ah hoc un sito dove scaricare un press kit per mostrare il proprio supporto alla causa.
Sì, perché Frank Underwood è diventato a tutti gli effetti un brand, e l’hashtag #FU2016 è l’emblema della sua strategia comunicativa, caratterizzata da doppi sensi e inside joke, come gli slogan Anything for America e A Push in the right direction, o le stesse iniziali FU, che fanno impazzire gli appassionati della serie. È stato addirittura allestito il quartier generale della campagna elettorale in South Carolina, stato di origine di Frank, dove i fan del machiavellico politico possono sostenere il loro candidato e assaggiare le mitiche costicine di Freddy.
Sito istituzionale
Come ogni candidato reale, Frank Underwood ha un sito istituzionale in perfetto stile elettorale USA dove illustra tutte le sue proposte e i suoi successi, ma sempre secondo i suoi valori: “dishonesty, inequality, entitlement”.
Pubblicità fisiche
Il colpo di genio assoluto: in questa pubblicità fisica, posizionata sapientemente in una stazione della metro, con quel push richiama una delle scene icona della seconda stagione.
Per la promozione della serie in Italia, dove è seguitissima (anche se gli scandali di HoC forse non impressionano poi così tanto il pubblico nostrano!) è stato usato lo street marketing.
Una casa di carte molto solida
Ancora non sappiamo cosa aspettarci da questa quarta stagione, ma per quanto riguarda il marketing, si può già parlare giustamente di successo assoluto: se il contenuto della serie sarà ancora all’altezza della sua promozione, siamo sicuri che resteremo ancora incollati allo schermo e vivremo anche noi un po’ nella Casa Bianca. Ricordiamoci però che anche Frank Underwood però ha un’unica regola che rispetta: vietato spoilerare.