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Il Copywriting parla russo ed è classe 1928

da 27 Novembre 2020Dicembre 3rd, 2020Nessun commento

Semiotica della Narrazione, tre parole che potrebbero far rabbrividire anche i più tenaci: nessuna paura. Significa “studio dei segni nelle narrazioni”, ed è quella materia che potrebbe salvarvi dall’incubo del foglio bianco. Ve la spiego in qualche riga e vi cito Dragon Ball quindi, se state decidendo se leggere o meno questo articolo, dovreste farlo almeno per i bei tempi andati.

Preludio: mal di testa incalzante e una pagina bianca

Scena: tarda notte, la luce di una pagina bianca di Word illumina la stanza. 

Il cursore lampeggia scandendo un tempo non quantificabile, la testa inizia a fare male. 

È una sensazione familiare, vero? Si può chiamare blocco dello scrittore – insidioso e assolutamente non necessario, blocco dello scrittore.

Quella pagina bianca si deve riempire di frasi di senso compiuto, e alla svelta?

Che sia un esame online, la stesura di un saggio o di un articolo c’è una materia che viene in aiuto: si chiama semiotica della narrazione, e una volta superato lo spavento che queste tre parole possono causare, probabilmente potrebbe salvarvi la vita. Ops, chiedo scusa, la bozza. 

Ma prima, facciamo una distinzione essenziale tra i due aspetti della comunicazione che si devono curare per la riuscita di un progetto o una strategia: forma e funzionalità del contenuto. 

Cosa deve chiedersi, un bravo copywriter, davanti a questa prefazione? Quale delle due sia più importante? No, come l’una possa influenzare l’altra. 

Forma e funzionalità si rincorrono in un continuo scambio di opportunità e richieste reciproche.

Il copywriting e lo storytelling da anni acquisiscono importanza sempre maggiore, specie nel mondo del marketing e della comunicazione. “Content is King!” gridano i sudditi di queste discipline. 

Vero anche che una piena e studiata attività di content planning non si può assolutamente fermare alla costruzione di qualche bella frase: queste, senza elementi che rendano il tutto funzionale, sono come piume lasciate al vento — bellissime, ma poco utili. 

Content Marketing e Inbound Marketing richiedono studi approfonditi della funzionalità dei propri contenuti, oltre che della forma. 

Della forma vi parlo io, della funzionalità dei contenuti Silvia Vacchio, in questo articolo.

Lasciate che vi racconti quindi la storia della semiotica della narrazione.

Atto primo: una fredda Russia e le fiabe di magia  

È una storia che più o meno recita così: un uomo russo, un linguista, sta leggendo fiabe di magia nel freddo 1928. 

Quell’uomo, che io immagino curvo su fogli ingialliti, vestito di abiti austeri come si confà ad una figura del suo spessore, si chiama Vladimir Propp e con i suoi studi sta per salvare sedicenti scrittori, studenti, giornalisti dal quel fermo mentale e situazionale del cursore che pulsa su una pagina bianca. 

Quello che teorizza Propp, il nostro eroe, è che di fatto si possano svuotare le figure di cui sta leggendo di ogni tratto personale, caratteristica riconoscibile, virtuosi artefici letterari, e mantenere una struttura di base ripetibile in ogni fiaba di magia russa. 

Funziona

Propp, in Morfologia della Fiaba, dimostra come tutte le narrazioni di magia russe abbiano la stessa matrice di senso: 7 sfere d’azione, i ruoli tipici di una fiaba (eroe, antagonista, donatore, aiutante, mandante, falso eroe, premio o principessa) e 31 funzioni, ovvero gli effetti che le azioni dei personaggi producono sulla narrazione (come il superamento di una prova, o il salvataggio della principessa). 

vecchio libro aperto

 

Atto secondo: storia di uno strutturalista (dal singolare nome di battesimo)

Non passa molto tempo prima che uno studioso strutturalista francese valichi le scene della narrazione: Algirdas Julien Greimas.

Chiunque si sia trovato nella posizione di completare un modulo di semiotica all’università probabilmente ha sentito un brivido lungo la schiena, con la nomina di questo autore. Tenete duro. 

L’obiettivo di Greimas è ambizioso, ma consentirebbe agli studi sulle narrazioni un notevole passo avanti: applicare le teorie propperiane a qualsiasi testo, astrarre le figure polisemiche in virtualità multiple (da Cinzia Bianchi, Spot – analisi semiotica dell’audiovisivo pubblicitario, Carocci Editore 2005), per arrivare ad una teoria universale della narrazione. 

In qualche misura, funziona anche questa volta. 

Le 7 sfere d’azione con Greimas diventano tre coppie di “attanti”: Soggetto e Oggetto di Valore, Destinante e Destinatario, Aiutante ed Opponente. 

A questo livello di analisi basti pensare che, secondo questi studi strutturalisti, ogni narrazione prevede un percorso non solo estremamente simile, ma rischiosamente prevedibile, nel suo svolgimento. 

Il Soggetto è disgiunto dal suo oggetto di valore e deve superare una serie di prove per potercisi ricongiungere. Lo sviluppo della storia, l’insieme di peripezie che il nostro eroe deve compiere, prende il nome di programma narrativo e solitamente è condito di streghe cattive, matrigne crudeli, draghi sputafuoco e torri invalicabili. 

Ho detto “rischiosamente prevedibile”? Scusate, volevo dire “convenientemente sfruttabile”.

 

blank notebook

Interludio: una rivelazione e una coincidenza in forma di cartone animato 

Se è vero che questa analisi è applicabile ad ogni narrazione che conosciamo, non è forse conseguentemente vero che questa analisi può essere applicata alla base della bozza che non permette di chiudere occhio la notte?

Ecco come la semiotica della narrazione, Propp e Greimas possono essere strumenti per sconfiggere il freno creativo del cursore sulla pagina bianca: basta convincersi che, di fatto, ogni prodotto comunicativo possa essere una narrazione; un copy, una pubblicità, il packaging di un prodotto, un visual, e iniziare a riempire una base che altri autori hanno scoperto per noi. 

A dimostrazione di questo, è mia personalissima opinione che le 7 sfere di azione propperiane abbiamo un riscontro narrativo evidente in un anime cult per la generazione di fine anni Novanta. 

In fondo anche lì c’era un drago, un eroe, e svariati antagonisti da sconfiggere, tra cui un indimenticabile cattivo, rosa e gelatinoso come un famoso chewing-gum

Atto finale: cosa possiamo imparare (noi markettari) dalla semiotica della narrazione

Compito del copywriter è portare l’eroe a congiungersi con la principessa, il soggetto con l’oggetto di valore – e se questi è la comprensione di un concetto o la finalizzazione di un acquisto poco importa, finché porta intrinsecamente il proprio valore in termini morali o monetari.

La proposta della semiotica della narrazione è sfruttare queste scoperte per costruire una narrazione efficace. Da zero. 

Prendere quella struttura e caricarla di figure adatte al prodotto comunicativo, prestando attenzione che sia auto-concludente

Questo significa che ogni storia è uguale all’altra? Forse, se si è semiotici della narrazione, la risposta è sì. Ma probabilmente vuol dire anche, se continuiamo a leggere avidamente ogni nuova pubblicazione, che quella struttura di senso deve essere riempita da quello che ci rende umani, emotivi, empatici; da quello che fa restare svegli la notte pur di concludere la storia. 

Stiamo parlando, allora, di creatività, quindi lasciate che io concluda questo articolo con un cliché letterario. 

La creatività necessaria per riempire la struttura, come è ovvio, è tutta un’altra storia.

Michela Petrera

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