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Il ready to buy: dalla sfilata al buy now

da 15 Marzo 2016Nessun commento
New York, Londra, Milano ed infine Parigi. Dopo quasi un mese di passerelle le sfilate autunno inverno 2016 sono terminate. Quattro città dai caratteri distinti, ma che questa stagione si sono ritrovate davanti ad una possibile svolta, ovvero il “ready to buy”. Per i non addetti ai lavori – o semplicemente per coloro che non singhiozzano davanti ad una borsa di Zadig&Voltaire come la sottoscritta – sicuramente sto parlando arabo; partiamo quindi dall’inizio.

Le fashion week esistono da tempi immemorabili. Ogni capitale della moda offre in pasto al pubblico di addetti stampa, blogger, star, socialite ed influencer il meglio delle proprie Maison. Da sempre quindi, le settimane della moda sono essenziali non solo per presentare il frutto di un vero e proprio processo creativo (ed ore insonni) di stilisti, sarti e modellisti lungo ben sei mesi, ma anche per dettare al mondo le tendenze per la stagione successiva, per testare la reazione dei buyer e per capire cosa effettivamente mandare in produzione.

La svolta delle passerelle ai tempi dei social media

Da qualche anno a questa parte, però, il disco sembra essersi rotto e le settimane della moda cominciano ad essere considerate un elemento non più indispensabile ma bensì un pezzo del mosaico troppo costoso ed obsoleto. Come mai? Secondo molti, la causa sono i social media. Abbiamo già parlato delle potenzialità di Instagram nell’e-commerce in un nostro articolo, ma qui sembra che la nostra app preferita per i tramonti, assieme a Facebook e Twitter, abbia un potere devastante, altro che anello di Frodo!

Da quando smartphone ed internet sono diventati il pane quotidiano di milioni e milioni di persone, non è più necessario tampinare di mail quella tizia che conosci per un posto in ultima fila alla sfilata di Diesel, o slogarsi un polso sfogliando il numero speciale delle sfilate di Elle. Basta aprire Instagram o Facebook, et voilà! Oliva Palermo ha appena postato un video della sfilata di Jonathan Simkhai, Kendall Jenner un outfit di Balmain, Anna Dello Russo pubblica un selfie con Karl Lagerfield nel backstage.

Ma qual è il risultato di questo continuo live streaming? Secondo il nostro amato Il Sole 24 ore è quello “di possedere subito la novità, consigliata dalla celeb-blogger di turno”. A primo impatto la cosa sembrerebbe una schiocchezza. Ma i nostri cari amici statunitensi del Council of Fashion Designer of America, sempre un passo avanti rispetto alla vecchia Europa, hanno richiesto al BCG un’analisi sulla fattibilità di presentare una collezione che sia “instantly shoppable”. Insomma, dalla passerella al carrello on-line.

I primi passi del ready to buy

Ed ancora prima dei risultati di questa ricerca, si è scatenata una vera e propria corsa al “see now, buy now” – sì, a noi di Marketers piacciono molto questi termini international -. Durante le ultime fashion week, infatti, marchi come Diane von Furstenberg, Tommy Hilfiger, Burberry, Paco Rabanne e Michael Kors hanno reso disponibili in tempo reale alcuni capi delle loro collezioni, chi online e chi in alcuni punti vendita situati in zone strategiche delle capitali della moda, dando il via al “ready to buy”.

Ready to Buy - Tokyo

C’è anche però chi ha scelto non solo di seguire questo nuovo percorso ma anche di snellire la propria agenda di fashion week come Vetements, che ha deciso di presentare solo due collezioni miste all’anno e di eliminare quindi le pre-collezioni, diventate oramai delle vere e proprie collezioni in grado di assicurare una grossa fetta del fatturato di un’azienda.

Non tutti però sono d’accordo con la svolta che ha scosso il mondo della moda. Francois Pinault, patron del colosso francese Kering – di cui fanno parte, solo per citarne alcuni, Gucci, Balenciaga, Bottega Veneta ed Alexander McQueen – è stato tra i primi a mettere in dubbio il sistema. Secondo Pinault infatti la rivoluzione del “buy now, see now” ucciderebbe il sogno del lusso, annientando quel desiderio per il quale si aspettano sei interminabili mesi per mettere le mani su quella pochette griffatissima vista in passerella.

Shopaholic - Ready to Buy

Della stessa opinione anche la Camera della Moda di Milano, che attraverso il suo presidente Carlo Capasa mette in guardia le case di moda italiane riguardo il rischio di trasformare il lusso in fast fashion. Le settimane della moda, da presentazione imperdibile di una collezione – certamente con tutti i suoi pro e contro -, si tramuterebbero in una sfilata dei capi più vendibili, svilendo il processo creativo dello stilista e l’artigianalità tipicamente italiana.

Insomma, il futuro prossimo della moda sembra giocarsi sull’immediatezza che è ormai  parte del nostro modo di vivere e di pensare. E tutto questo grazie (o a causa?) ad Internet e ai social media che diffondono ogni cosa in un battito di ciglia. Che sia un paio di scarpe o un volo per Londra, possiamo avere accesso a tutto con un semplice click; un altro click, e abbiamo confermato l’acquisto. Ma come sarà possibile per il settore unire la qualità al il ready to buy?

Vestirsi è necessità. Moda e stile sono altro.

Anna Gazzola

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