
“Nel saliscendi del filo rosso che gremisce la tela di figure e parole, risiede quella unicità che non si arrende ma sopravvive al tempo. Dietro ad ogni punto piccolissimo c’è un pensiero, una persona che ha deciso che quello sarebbe dovuto andare lì e da nessun’altra parte.”
Il ricamo è un’arte finissima praticata fin dai tempi antichi. Valentina Dentello, 28 anni, di Rovigo, in arte @imbroide.red, è una giovane artista diventata influencer grazie ad Instagram. Le sue opere sono tutte ricamate a mano, rigorosamente con il filo rosso, il colore-marchio di fabbrica con cui scrive le sue storie.
Con la certezza che il filo che salvò Arianna fosse rosso, Valentina ci parla del suo progetto I’MbroideRED a cui ha dato vita circa due anni fa, per una scommessa con se stessa e per rivalsa verso chi non ci credeva fino in fondo!
Ciao Valentina! Grazie di aver accettato l’invito e benvenuta su This MARKETERs Life. Per chi non ti conosce, raccontaci un po’ di te. Qual è il tuo percorso?
Parto dal presupposto che la scelta della scuola non è sempre dipesa da me. Vuoi per la società in cui viviamo, l’arte è vista ancora come un universo immaginifico, che da solo non basta per portare il pane a casa. Sono felice, però, di aver tentato la carriera universitaria, seppur per un solo anno, alla facoltà di Filosofia di Padova. Non mi è servito molto a livello didattico, ma alla fine di ogni lezione mi sentivo più arricchita. I vari pensieri mi sono serviti per affrontare i problemi quotidiani e ci sono riflessioni che mi sono rimaste dentro. Non ho una memoria di ferro, ma ce ne sono alcune che non riesco a non ricordare. Le esprimo in quello che faccio e le sento mie, soprattutto quelle che ritengo necessarie per sopravvivere.
Definirmi mi è particolarmente difficile ed è per questo che ho deciso di abbandonare gli studi di Filosofia per fare un salto nel buio, frequentare l’Accademia di Belle Arti a Bologna. Non ho mai seguito corsi di pittura o disegno, preferivo sporcarmi le mani con la scultura. Mi reputo un ossimoro, in me convivono i contrari, e alla fine ho conseguito il diploma triennale in fashion design. È stato un percorso sicuramente indispensabile, perché è una scuola che ti mette lì, ti dice cosa fare, ma non ti dice come arrivarci, quindi in qualche modo ti devi arrangiare. Per me si è rivelata un grandissimo insegnamento.
Come hai scoperto la passione per il ricamo?
La passione del ricamo l’ho scoperta grazie ad una professoressa. Partecipando ad un concorso a cui mi aveva iscritta, di punto in bianco ho avuto voglia di parlare di me e la tecnica del ricamo mi è sembrata il mezzo ideale per realizzare un’opera che non fosse solo visiva, ma includesse al suo interno delle chiavi di lettura. Grazie a lei mi si sono aperte molte strade e da concorso a concorso ho iniziato a farmi un nome, seppur piccolo, in quel campo.
Non avrei mai pensato di farne un lavoro. Ricordo che quando sono partita per Parigi pensavo sarei tornata piena di richieste, di idee, ma una volta a casa mi sono scontrata con l’amara verità. Ero disperata perché mi sentivo incerta su quello che avrei fatto della mia vita. Tornata in Accademia conobbi una ragazza che con una risposta mi illuminò la via del futuro. Lei mi fece notare che era chiarissimo quale fosse la mia vocazione: il ricamo! Da quel momento qualcosa è cambiato. Sono una persona pigra, quindi non è stato facile prendere il via, ma grazie all’insistenza di chi mi vuole bene mi sono convinta.
Da dove deriva il nome del tuo brand?
La mia collezione si chiama I’MbroideRED, il nome che ora uso per firmarmi, un nome che custodisce in sé il concetto del mio progetto. Dove in inglese embroidery è l’arte del ricamo, mi sono presa la libertà di giocarci evidenziando l’io sono ricamato di rosso.
Cosa simboleggia il colore rosso?
Il rosso non è stato una mia scelta. L’ho sempre considerato un colore che si fa notare, a prescindere da cosa vada a colorare o ci sia scritto. Ci appartiene da sempre. Noi siamo fatti di rosso. È come se la nostra natura ci richiamasse. Siamo composti di vene, esse sono rosse perché si tingono di sangue. Il rosso sangue è il colore dell’interiorità, un prolungamento di ciò che siamo.
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Sei una giovane artista del ricamo diventata vera e propria influencer grazie ad Instagram. Come hai iniziato a farti conoscere?
Ho sempre voluto mantenere una parete di confine tra la vita privata e il lavoro, quindi cercavo di non destare troppa curiosità attorno a me. Ho iniziato a farmi conoscere prendendo parte a vari concorsi e mostre del settore. Poi, grazie al sostegno delle persone a me più care, mi sono convinta ad aprire la mia pagina Instagram. È stato il mio ragazzo, sotto minacce e imposizioni (ride), a chiedermelo come regalo nel giorno del suo compleanno. Ho capito che riponeva fiducia nelle mie capacità e questo è servito a darmi la spinta necessaria per mettermi in gioco!
Da cosa trai ispirazione per le tue creazioni?
Ultimamente, guardando la mia pagina Instagram, mi sto rendendo conto che ci sono due percorsi ben visibili e distinti che mi caratterizzano. Da un lato le interpretazioni di opere già esistenti, dall’altro un percorso più intimo, più personale, quello dei legami, delle mie radici e delle persone che non sono più al mondo. Dopo questo incipit, posso dire che l’ispirazione arriva da sola, non è qualcosa che ricerco. Può essere una canzone, il banco di un mercatino dell’antiquariato, una persona, un volto. Può essere qualsiasi cosa. E l’importante è non cercarla, ma finirci addosso.
Quali sono le difficoltà maggiori che incontri?
Le difficoltà possono essere diverse: una cosa assurda, ma non banale, l’assenza del materiale. Mi è successo durante il lockdown, non avevo più filo rosso e mi sono dovuta arrangiare usando delle sfumature che avevo a disposizione in casa. Un altro ostacolo può essere sicuramente il tempo, molto lungo e dilatato.
Quanto tempo impieghi a realizzare un’opera?
Chiaramente dipende. Nonostante non ami i lavori su commissione, perché vanno ad uccidere qualsiasi flusso creativo, mi sono ripromessa di non escludere mai niente. Per sopravvivere bisogna accettare di lavorare per gli altri, proponendo anche personalizzazioni e simili. Visto, però, che ricamare mi piace molto, di solito i tempi non sono troppo allargati, ma mi è capitato anche di realizzare creazioni più elaborate che hanno richiesto fino a sei mesi di lavoro.
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Cosa ti viene maggiormente commissionato?
Mi piace dire di essere specializzata in volti e ritratti. Molti, infatti, mi chiedono di ricamare qualche caro o persona amata. Se poi conosco il soggetto in questione, posso metterci anche un minimo della percezione che io ho di lui/lei. Se, invece, mi viene richiesto di ritrarre uno sconosciuto, devo scontrarmi con la sola fotografia e alla fine il lavoro mi sembra sempre un po’ sterile. L’importante, alla fine, è che il committente riconosca la somiglianza.
Da chi arriva prevalentemente la domanda?
Il pubblico è prettamente femminile. I pochi clienti uomini, però, sono stati i più eccentrici. Mentre la donna è più sentimentale, l’uomo mi chiede cose più particolari. Questo può essere sì un punto a sfavore, ma è anche molto coinvolgente. Ad esempio: uno mi ha chiesto di riprodurre un’opera d’arte strettamente concettuale. Si tratta di due orologi da parete. Prima di iniziare, ho dovuto intraprendere uno studio approfondito, soprattutto dell’artista (cosa che ritengo fondamentale, perché riprodurre e interpretare l’opera di qualcun altro è sempre ingannevole. È facile perché il lavoro è già fatto e finito, ma se non si riesce a capirlo fino in fondo, si rischia di sfregiarlo nel peggiore dei modi) e questo mi ha gasata un sacco!
Hai mai pensato di deviare il progetto verso il mondo della moda?
Sì, sì e sì. È uno dei miei obiettivi. Anche perché vorrei dare un senso compiuto alla mia laurea! Sogno di conciliare la moda al ricamo, come ho fatto nel progetto di tesi. Non si tratta tanto di fare il ricamo, io vorrei partire da zero, studiare e architettare la struttura dell’abito, provando a farlo da me, coi mezzi che ho, senza appoggiarmi a realtà già esistenti. Mi piacerebbe lanciare una piccola linea con la mia firma, che rispecchi ciò che sono e che voglio, lontana da tutto ciò che è fast fashion.
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Consiglieresti ad un giovane di accostarsi all’arte?
Sicuramente non è facile, né conveniente. Devi partorire davvero un’idea originale e valida. Parlando del mondo del ricamo, purtroppo ora come ora chiunque si sente in grado di prendere in mano ago e filo e ricamare. Di per sé non è difficile, ti basta prendere spunto da qualcosa di già esistente. Ormai si vive di plagio, ci sono tante di quelle realtà che non fanno altro che copiarsi, quindi, per farti notare, devi essere diverso, devi avere un prodotto unico che sappia distinguersi. Se poi si parla di arte in generale, è molto dura. C’è tantissima concorrenza, ma al di là di questo non è un mondo meritocratico. Ti basta avere le giuste conoscenze e sei già in una galleria.
Una parola per identificarti
Sensibilità. Essere sensibile ti apre le porte della creatività. Riesci a entrare in sintonia con gli altri, è come se fossi meno solo nel tuo modo di sentire le cose. Forse è anche quello che colpisce l’occhio.
Qual è per te il valore aggiunto dell’handmade?
Tralasciando che stai comprando da qualcuno che vive grazie a te, ti fa rendere conto che quel pezzo non ce l’hanno altre migliaia di persone, come magari un paio di scarpe Nike. Il problema è che la gente non capisce bene questo concetto e non è disposta a spendere per quel pezzo unico. Non ci sono macchine dietro, solo due mani che punto dopo punto trasferiscono ciò che sei. Spero davvero che l’handmade ottenga un riconoscimento sempre maggiore, non solo nella moda, ma soprattutto per la ricerca infinita che sostiene ogni progetto di questo tipo.
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Parlaci del tuo curriculum
Nel 2015 sono stata selezionata per partecipare al workshop di scultura CODICE ITALIA, organizzato da Vincenzo Trione, curatore del padiglione Italia alla Biennale d’arte di Venezia. Nel 2017 partecipo con un progetto tessile e mi aggiudico il secondo posto al concorso IL CARNEVALE DI GAMBETTOLA. Nello stesso anno vengo selezionata per la partecipazione al concorso PREMIO VALCELLINA. Nel novembre 2018 partecipo alla IV Rassegna Internazionale biennale LIBRO D’ARTISTA – COME UN RACCONTO, ideata dal Dars di Udine. Nell’aprile 2019 espongo con un’opera Fiber Art a Roma, presso la Galleria d’Arte contemporanea Sinopia, dove ho ricevuto molti pareri positivi, che mi hanno fatto guadagnare visibilità e credibilità. La mostra I MILLE DI SGARBI a Cortina, doveva essere l’occasione perfetta per affluenza, poiché cadeva in concomitanza coi mondiali di sci, ma, a causa della pandemia, non è stato così.
Di recente, ho partecipato all’edizione autunnale della Fiera Creativa Abilmente Vicenza. Qui, entrando in contatto con altre creative (parlo di ceramica, pittura, illustrazione), sono nate anche tante collaborazioni che prenderanno vita prossimamente.
C’è qualcuno di famoso con cui sogni di collaborare?
Mi sento molto intimorita da chi ce l’ha già fatta, perché mi sono sempre sentita inferiore agli altri. Pertanto, l’idea di collaborare con qualcuno di grande mi metterebbe molto in soggezione. Però, se devo sparare dei nomi, sicuramente Vivetta e Lazzari e perché no, pure Dior e Valentino!
Perché ti piace questo lavoro?
Perché sono io e non dipendo da nessun altro. Ho i miei tempi. Più sono me stessa, più mi ascolto e più il lavoro esce bene. Non mi devo in alcun modo nascondere, posso incanalare tutti i pensieri nell’opera che sto realizzando. Oltre ad essere un lavoro, per me è una terapia.
L’opera a cui sei più legata?
È un libro d’artista, si intitola NON ESCLUDERE NIENTE DI TE. È un’opera non finita, perché vorrò arricchirla a mano a mano che passano gli anni. Una specie di lavoro d’identità. Ricamo quello che è la mia vita in questo momento, scrivo chi sono e cosa sento di essere. Parlo dei miei genitori, delle mie radici, del mio ragazzo, della mia fede e delle mie ossessioni. È un certificato di esistenza. Ogni tanto me lo riguardo, perché mi piace rileggere ciò che ho scritto ormai un paio d’anni fa. È un lavoro che secondo me non terminerò mai, perché vorrò sempre aggiungerci qualche cosa.
Come hai appreso l’arte del ricamo?
Io non mi ritengo una ricamatrice, perché fondamentalmente non so ricamare! Non conosco i punti, i loro nomi, non ho mai studiato ricamo, per me è stata una scrittura automatica. Nessuno mi ha iniziato a quest’arte. La mia nonna materna aveva una merceria e quella paterna se la cavava col cucito, ma purtroppo sono mancate prima che potessi apprezzare quale meraviglia avevo tra le mani.
Cosa ti aspetti dal futuro?
Dal futuro mi aspetto di esaudire i miei obiettivi. Deve essere una rivalsa per tutte quelle persone che, in realtà, continuano a dirmi che i sogni non portano da nessuna parte. Voglio registrare il mio marchio, esporre e vendere le mie creazioni senza più dover accettare personalizzazioni. Voglio a tutti i costi la mia linea di abbigliamento. Dopo aver esposto un lavoro alla fiera di Vicenza, il successo riscosso è stato tale da scacciare tutti i miei dubbi. Era un vestito color carne trasparente, totalmente ricamato di rosso. Ho scelto quel tipo di tessuto, perché fa parlare il ricamo e mi piacerebbe riprendere proprio da lì. Sarà una linea molto poetica, un vestirsi con i propri pensieri e parole. Parlerà della persona.
Che strategie di marketing attuerai? Ingaggerai qualche influencer?
Continuerò con l’Instagram marketing. Il social, tramite il passaparola spontaneo tra utenti, mi consente di produrre un effetto virale che porta sempre più persone a visionare la mia pagina e dunque, a far sì che il messaggio raggiunga più utenti/acquirenti possibili. Non credo chiederò aiuto a qualche influencer, anche se sono consapevole che su Instagram impazzano i brand che collaborano insieme ai principali influencer per dare maggiore visibilità ai propri prodotti. Più che altro per me non si tratta di una semplice linea di moda, ma rappresenta qualcosa di molto concettuale, quindi dovrei trovare qualcuno che si incarni alla perfezione nei modelli che vorrò vestire.
Quella di I’MbroideRED è la storia di un piccolo brand 100% Made in Italy che vale la pena sostenere. Potete seguire la pagina Instagram @imbroide.red e contattare la sua fondatrice via mail per avere ulteriori informazioni redembroide@gmail.com.
Grazie Valentina per la disponibilità di questa intervista! In bocca al lupo!