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La pizza nasce prima del pane – Incontro con Pino Giordano

Pino, al secolo Giuseppe Giordano, ha gli occhi di chi ha visto molto, miseria compresa. Osserva con affetto un gruppo di giovani appassionati di marketing ascoltarlo: è tra i suoi simili e si sente a suo agio. Uno spirito giovane guida le sue parole che disegnano i primi ricordi partendo da lontano, da quando piccolino ebbe l’intuizione di proporre una nuova locazione della cisterna per la raccolta dell’acqua andando contro corrente a quella che era “l’usanza” di tutti i compaesani. La capacità di generare idee intuitive è sempre stato il valore aggiunto dell’imprenditore Pino.

I nostri smartphone in mano vengono notati con diffidenza, “tolgono la creatività, non permettono di vivere le complessità della vita, tolgono il sacrificio di crescere”. Per poter risolvere i problemi istantaneamente bisogna saperli individuare, non attraverso gli strumenti di lavoro, come lo smartphone appunto, ma attraverso l’intuizione

Partito da Tramonti, provincia di Salerno, come molti suoi compaesani iniziò un pellegrinaggio in diverse località del centro nord Italia lavorando in diverse pizzerie che in quel periodo, siamo negli anni ’60, venivano aperte dai vari maestri pizzaioli. Al nord la pizza era una novità, non c’era la cultura di cenare in pizzeria, ma il boom economico aveva generato una nuova classe sociale in grado di permettersi una cena fuori con la famiglia alla domenica al fine di emulare il comportamento dei soggetti più benestanti dell’epoca che cenavano nei ristoranti. Dobbiamo avere ben chiaro che a quei tempi per la maggior parte delle famiglie il ristorante era un luogo frequentato solo per le ricorrenze speciali quali matrimoni e battesimi.

Iniziando da Mogliano con il fratello nel finire degli anni ’70 sono oggi 7 i locali aperti da Pino in tutto il Veneto. Ma per sopravvivere ad oltre trent’anni di cambiamenti del mercato è servita una buona dose di fortuna unita ad una grandissima capacità di leggere le situazioni. “Capire cosa voleva il mercato” è stato il mantra con cui guidare l’evoluzione. Dal controllo dei costi, sfruttando economia di scala senza sacrificare la qualità, a risposte “di comunicazione” per dare “valore aggiunto” all’esperienza in pizzeria sono veramente diversi gli accorgimenti presi per far lavorare bene il locale. Curioso ma allo stesso tempo emblematico è il caso dei servizi igienici.Pino racconta come alla fine degli anni ’70 non fosse prassi comune dare un servizio come le toilette che spesso erano sporche e anguste. Con questo accorgimento il pubblico femminile e le famiglie con bambini erano molto più invogliate a recarsi nel locale. Sembra un’intuizione semplice, quasi banale. Ma è appunto nella semplicità che Pino cela la sua seconda carta vincente, che si materializza davanti ai nostri occhi durante la cena in sua compagnia. 

“La scelta di offrire la pizza al metro è stata determinata dal desiderio dei clienti di aggregazione e intimità familiare” così i vari commensali potevano condividere il cibo. Soddisfacendo in questo modo uno dei bisogni primari degli essere umani: alimentare le relazioni sociali. Semplice. La presa di coscienza profonda nel fare la pizza è un tema che accompagna l’ultimo decennio dell’attività dei ristoranti di Pino. Per evitare la banalizzazione della pizza si è puntato a elevare la qualità del prodotto, preparato interamente nel laboratorio di Treviso, che oggi ha la capacità di fornire oltre alle 7 pizzerie anche una trentina di pizzerie d’asporto. Inoltre il personale, pizzaioli in particolare, vengono formati interamente all’interno dell’azienda. Un modo per avere la certezza che ogni pizza sia semplicemente perfetta. Del resto come ci dice Pino, spalancando i suoi occhi neri e luminosi, “la pizza si fa in modo semplice, ma non semplicemente”In questa frase è racchiusa la sintesi perfetta della mentalità imprenditoriale di chi ama il prodotto e il proprio lavoro, e di chi facilmente raggiunge le idee chiave e si impegna per renderle realtà.

Partendo dal pane per arrivare alle sue evoluzioni più complesse, l’uomo e la sua quotidianità deve essere al centro della divulgazione di informazioni e saperi. Quindi una sorta di antropocentrismo fatto di carboidrati e pomodoro, alimentato a colpi di prodotto al top, servizio elegante e prezzo che posizioni i locali “da Pino” in alto nella mente del suo consumatore. Saranno forse le leggi più flessibili del mercato del lavoro, saranno banalmente le buonissime pizze che si possono mangiare oggi “da Pino”, resta il fatto concreto che oggi in 165 trovano occupazione e alimentano la forza di questo marchio che insieme a “Pizzalonga” è sinonimo di pizza di qualità.

Si chiude un piacevole incontro con un giovane signore anziano che ha ancora negli occhi la voglia di crederci, perché “chi si ferma è perduto” dice, la prossima sfida potrebbe essere l’estero, magari accompagnato in questa avventura da qualche giovane Marketers innamorato dell’Italia e delle sue eccellenze culinarie.

Riccardo Alessandro Didonè

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