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Le interfacce intelligenti: intervista a Francesco Magagnino

Quante volte hai acceso Siri per impostare un indirizzo, oppure hai chiamato Alexa per chiedere di contare i minuti per la pasta? O ancora, ti è capitato di dire “Ok Google” per far accendere la musica? L’intelligenza artificiale si è evoluta velocemente ed è oggi protagonista della quotidianità di tutti. C’è chi la guarda con ammirazione come strumento del futuro, e chi la studia da lontano, con sospetto, perché materia ancora misteriosa.

Il tema delle relazioni tra uomo e macchina non è ancora arrivato al culmine e c’è ancora molto da scoprire, ma alcuni aspetti sono già stati approfonditi grazie anche ad uno studio di Accenture Interactive. Accenture è un’azienda leader in Italia nei settori Strategy & Consulting, Interactive, Technology e Operations da oltre 60 anni. La loro indagine spazia dalle questioni più generali  come, ad esempio, capire il motivo di una tale rapida adozione di queste nuove interfacce per poi passare a riflessioni di mercato e trend per il futuro.

Al fine di comprendere a fondo questo studio e i suoi obiettivi, tra i quali uno dei principali è quello di aumentare la consapevolezza del potenziale di questi strumenti, è stato fondamentale l’intervento di Francesco Magagnino, Senior Manager di Accenture Interactive.

I vari report e documenti di Accenture affermano che la domanda dalla quale siete partiti è “perché parliamo con le macchine?”. Sicuramente, come da voi evidenziato, c’è una comodità; ma, secondo lei, può arrivare ad essere più interessante il dialogo con una macchina rispetto a quello con una persona reale?

La conversazione con una macchina può essere comoda, ma non empatica come quella umana. Per spiegare questo concetto di “comodità” si può fare riferimento ai report annuali di Fjord. In questi documenti vengono presentati i dieci trend che più hanno influenzato il design e le innovazioni di questi anni. Quello del  2016 ha messo in evidenza il concetto “Take the thing out of the thinking list”. Questo significa che, con le attuali tecnologie, risulta più facile e immediato delegare. La mente umana è sommersa di attività e compiti da portare a termine che impegnano notevolmente la memoria e l’energia di una persona. Sapere di poter chiedere a qualcuno di fare qualcosa al nostro posto, essendo certi che lo farà, ci fa percepire la comodità delle macchine. Domandare alla smart voice di mettere un timer è sicuramente più veloce rispetto a farlo in prima persona o chiederlo ad un familiare per poi doversi assicurare che lo stia realmente facendo. Questo senso di comodità deriva dalla funzione delle macchine di liberare delle finestre dalla nostra mente, ma ovviamente differisce dalla  sintonia di un dialogo umano.

Si può parlare di conversazione come intendiamo quella umana?

Si può parlare di conversazione, ma non umana – e il punto è proprio questo. L’utente deve essere a conoscenza dell’interlocutore. La parte fondamentale, a mio parere, è che ci sia una forma di dialogo  basato sulla comprensione e non sulla confusione. Quando viene fatta una domanda deve esserci una risposta e non una mancata reazione dovuta ad un quesito poco chiaro. Sotto questo punto di vista la tecnologia è molto matura, ma deve crescere ancora e ci sono evidenti margini di miglioramento. Il punto chiave risiede nel non snaturare questo genere di conversazione che è comunque tale a tutti gli effetti, ma non può essere paragonabile a quella tra persone. Quando si interagisce con una macchina il dialogo deve essere chiaro e non ci devono essere ambiguità da parte dell’utente – anche perché non è questo l’obiettivo di tali interfacce.

Nella vostra analisi vengono evidenziati vari ambiti all’interno dei quali si entra in contatto, anche involontariamente, con le intelligenze artificiali. Spesso non si sa nemmeno di interagire e dialogare con un dispositivo: come si può prendere consapevolezza?

Il processo per prendere consapevolezza nei confronti di queste interfacce non è diverso da quelli che abbiamo già vissuto con lo smartphone e i social network. Tutte le rivoluzioni hanno bisogno di tempo e sono caratterizzate da persone a favore e contro, ma quando si parla di tecnologie legate alla quotidianità è importante imparare a prenderci confidenza. Attualmente viviamo in una società che subisce dei cambiamenti non più inter-generazionali come una volta, ovvero che saltavano le generazioni, ma si vive di progressi intra-generazionali, ossia all’interno della medesima generazione. Questo comporta che alcune persone sperimentino quotidianamente le variazioni tecnologiche e  si abituino ad adattarvisi, mentre altre siano meno educate all’evoluzione della stessa. Se ci si pensa, una volta, Instagram era un canale dedicato ai ragazzi, mentre ora è popolato anche da altre fasce di età. Allo stesso modo non si conoscevano piattaforme come Skype o Zoom, ma per necessità si è stati costretti ad imparare ad usarle e ora sono normalità. Per gli strumenti di conversazione non sarà diverso. Sicuramente in questo momento vengono utilizzati da persone con più skill in questo ambito, ma con il tempo si imparerà a conoscere queste tecnologie e si prenderà sempre più consapevolezza con le stesse.

Proviamo ora a proiettarci nel futuro. Voi avete classificato i principali quattro utilizzi di queste interfacce: informare, acquistare, controllare e intrattenere. Volgendo lo sguardo in avanti di qualche anno, secondo voi, quale può essere un utilizzo che si aggiunge ai 4 già presentati?

A questo proposito è importante fare una premessa: gli utilizzi citati sono embrionali e quindi ancora in via di sviluppo nella società attuale. Se dovessimo proiettarci in un futuro, però, credo che si potrebbe aggiungere la “gestione degli spazi”. Ormai è possibile parlare con le smart voice in tutte le lingue e molto probabilmente, a breve, non ci sarà solo un dispositivo, ma ce ne saranno diversi in varie zone della propria casa. Questo comporterà un dialogo delle diverse aree e con le stesse. Si creerà uno spazio in continuo ascolto che comporterà criticità ma anche benefici. Ormai si è abituati ad elettrodomestici e articoli di arredamento intelligenti che entreranno in un dialogo sempre più diretto con gli strumenti di conversation. Un’altra evoluzione sarà anche una più profonda personalizzazione dell’esperienza, che permetterà di modulare le proposte in base al riconoscimento vocale. A seconda della persona con la quale avviene lo scambio ci sarà la possibilità di cambiare tone of voice e di proporre contenuti su misura per l’utente.

Usare questi strumenti è comodo, ma la mancanza di una piena consapevolezza porta ovviamente dubbi in merito a privacy e sicurezza. Quando si fanno richieste particolari alla smart voice, essa profila la persona e la sua quotidianità. Quali possono essere i modi per “tutelarsi” e per affrontare al meglio questa tematica del “keep your secret”? Come si può evitare di sentirsi una macchina volta alla divulgazione di dati?

Anche in questo caso è questione di tempo e di consapevolezza. Proprio la mancanza di informazioni in merito a questo argomento porta alla creazione di strumenti, come cover per i dispositivi, volti a tutelare la privacy ma senza risultati. Ovviamente le aziende utilizzano la voice come uno strumento per la raccolta dati, ma deve essere implementata la consapevolezza in merito alla natura degli stessi. Questo può essere paragonato alla tematica dei cookies. Ci si sente vincolati dal dover cliccare il pulsante “Acconsento”, ma ormai si sa che c’è la possibilità di eliminarli attraverso le impostazioni. Con le informazioni raccolte dalle interfacce intelligenti si deve arrivare allo stesso punto: dare la possibilità di decidere come e quando essere seguiti. La tematica riguarda il concetto di accountability e, anche in questo caso, si parla di un percorso che richiede del tempo.

Ogni innovazione ha bisogno di tempo e anche quando si parla di conversazioni tra uomini e macchine non è diverso. L’importante è sempre avere una mente aperta per imparare e prendere coscienza di quello che circonda la propria quotidianità. L’intelligenza artificiale non è ancora arrivata al massimo del suo sviluppo e sicuramente questa è solo una parentesi nella storia dell’innovazione capace di creare nuovi strumenti sempre più all’avanguardia. Il segreto è continuare a porsi domande e non farsi governare da queste tecnologie, ma imparare a farsi affiancare da esse restando consapevoli della differenza tra uomo e macchina e dei limiti e delle opportunità che queste sono capaci di offrire.

Valentina Leandro

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