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Storia del copywriting: 5 maestri che hanno lasciato il segno

da 26 Maggio 2017Febbraio 18th, 2019Nessun commento

Chiunque voglia diventare un copywriter non può esimersi dal conoscere la storia di chi lo ha preceduto e gli ha donato strumenti e tecniche in uso ancora oggi. E, visto che exempla utiliora quam verba semper sunt, non c’è niente di meglio che lasciar parlare i maestri di questa professione ormai sempre più ambita.

La pubblicità ha origini antiche. Nei porti di Babilonia, i mercanti assumevano imbonitori per informare la popolazione dell’arrivo di vino, spezie e materiali pregiati. Per le strade di Pompei, elaborati cartelli dipinti invitavano donne, uomini e bambini ai giochi e alle feste di carnevale. Più avanti nei secoli, nel 1477, fu pubblicato il primo annuncio stampato in inglese, precisamente un volantino di 3×5 pollici che pubblicizzava la vendita di un libro di preghiere.

Inoltre, è con la colonizzazione delle Americhe che si ebbe la più grande campagna pubblicitaria dell’età moderna: agli investitori e ai futuri abitanti del Nuovo Mondo veniva promessa una terra libera e ricca di possibilità.

Tuttavia, solo dalla seconda metà dell’Ottocento iniziò a diffondersi negli Stati Uniti e in Europa la pubblicità così come la conosciamo oggi, con professionisti in grado di creare gli stili creativi che diventeranno modelli di riferimento per le generazioni successive.

Claude C. Hopkins (1866-1932)

Figura quasi leggendaria, Claude Hopkins è stato il principale esponente della scuola dell’Hard Selling, un tipo di pubblicità che mira a presentare il prodotto in maniera diretta, concentrandosi sui contenuti e non su orpelli stilistici o estetici. Egli dimostrò l’efficacia di diverse tecniche e formule che utilizziamo ancora oggi:

  • All’inizio della sua carriera, lavorò come contabile per un’azienda che vendeva prodotti per pulire tappeti, la Bissell Carpet Sweeper. In occasione delle feste natalizie, Hopkins decise di offrire in omaggio ai commercianti una spazzola e chiese loro in cambio di esporre nel negozio del materiale pubblicitario.
  • Per l’inaugurazione di un grande magazzino della Swift, azienda di conserve di Chicago, organizzò un evento in cui si sarebbe preparata la torta più grande del mondo con il lardo dell’azienda al posto del burro.
  • Alcuni anni dopo, venne contattato dal Dottor Shoop di Racine (Wisconsin) per promuovere il suo rimedio per la tosse, fino a quel momento invenduto. In quest’occasione, Hopkins ideò la formula soddisfatti e rimborsati per chi avrebbe ordinato poi i flaconi normali, puntando a diffondere il prodotto attraverso i farmacisti, più vicini alle persone rispetto ai rappresentanti.

Come copywriter di punta per la J.L. Stack Advertising Agency, Hopkins realizzò una delle sue campagne più riuscite, quella per la birra Schiltz, in cui dimostrò l’importanza della reason why. Non si limitò infatti ad affermare la qualità del prodotto, ma spiegò quali erano i fattori che facevano della Schiltz una birra di alta qualità. La preparazione e le componenti erano descritte nei minimi dettagli. Il risultato? La Schiltz si posizionò prima sul mercato, diventando “la birra che ha reso famosa Milwaukee”.

Schlitz beer- Claude Hopkins

Raymond Rubicam (1892- 1978)

Fondatore insieme a John Orr Young della Young & Rubicam, una delle più importanti agenzie pubblicitarie del mondo, Rubicam fu tra i primi a comprendere che ciò che è veramente importante è cosa si dice e come lo si dice, non tanto quanto un certo messaggio viene ripetuto. Da qui l’importanza della creatività e della ricerca scientifica, elementi fondamentali per la realizzazione di una campagna di successo.

Egli mise in pratica tali convinzioni in uno dei suoi lavori più riusciti: The instrument of the immortals per la Steinway & Sons. Attraverso una ricerca approfondita e orientata ai desideri del consumatore, Rubicam scoprì che i pianoforti della Steinway & Sons erano stati utilizzati da quasi tutti i grandi pianisti e compositori da Wagner in poi. Da qui l’idea di creare un annuncio composto da testo e immagine, incentrato su una personalità di spicco della musica classica. Il primo fu quello realizzato con Franz Listz, compositore, pianista e direttore d’orchestra ungherese.

Steinway & Sons_Instrument of the Immortals - Franz Liszt - Rubicam

William “Bill” Bernbach (1911-1982)

È a lui che dobbiamo l’invenzione della “coppia creativa”, in cui copywriter e art director collaborano per creare campagne in cui parole e immagini sono perfettamente combinate tra loro.

Innovativo rispetto alla comunicazione del tempo, il suo stile creativo è caratterizzato da due elementi che si combinano tra loro: ironia e negative approach. Il primo serviva a “strizzare l’occhio” a una cerchia di consumatori che condividevano lo stesso codice espressivo, così da ottenere il riconoscimento del pubblico. Il secondo, invece, aveva come scopo quello di prevenire le obiezioni dei consumatori, anticipando ed enfatizzando i punti di debolezza che il pubblico avrebbe attribuito al prodotto.

La sua penna firmò brillanti campagne, tra cui “You don’t have to be Jewis to love Levy”, con l’obiettivo di diffondere il prodotto al di fuori della cerchia dei soliti consumatori:

 You don't have to be jewish to love Levy's - Bernbach

E quella per la Volkswagen (Think small), rivolta al mercato americano:

Think_Small

Leo Burnett (1891-1971)

Il suo nome è associato a una delle più grandi agenzie pubblicitarie del mondo, fondata negli anni della grande depressione americana o “crisi del 1929”. Amante del linguaggio semplice e dei personaggi comuni, Burnett affermò: “Mi piace pensare che noi pubblicitari di Chicago siamo tutti dei gran duri, immaginare che i copywriter di Chicago si sputino sulle mani prima di afferrare le loro grosse matite nere”.

Due sono i tratti che caratterizzano il suo stile: la ricerca di quello che lui chiamava “Inherent Drama” di un prodotto, ovvero quel fattore che ha spinto qualcuno a mettere in commercio un determinato prodotto nonché il motivo per cui il consumatore dovrebbe acquistarlo, e il common touch, genuino e diretto, con il quale è possibile farlo emergere.

Una delle sue campagne più riuscite è quella per Marlboro, con al centro la figura del “Marlboro Man”: un moderno cow-boy, con un fascino che viene dal passato e che rappresenta appieno i valori americani del tempo.

Marlboro Man - Leo Burnett

David Ogilvy (1911-1999)

Nel 1962, il Time lo descrisse come “the most sought-after wizard in today’s advertising industry”. Ogilvy è sicuramente il più conosciuto e famoso pubblicitario di tutti i tempi, eccentrico e rigoroso al tempo stesso. Dopo essere stato espulso da Oxford perché considerato troppo distratto e irrequieto, si dedicò ai mestieri più disparati: chef a Parigi, venditore porta a porta in Inghilterra, ricercatore della Gallup, spia britannica in territorio americano. Per un periodo fu anche allevatore in una comunità Amish, prima di capire che per questo proprio non era tagliato.

Fondatore della Ogilvy & Mather e inventore del concetto di brand image, Ogilvy scrisse anche due libri: Ogilvy on Advertising e Confessions of an Advertising Man.

Diede vita a numerose campagne di successo, ne cito giusto tre delle più riuscite:

  • Guinness guide to oysters, in cui riesce ad associare la birra scura alle ostriche e ad altri piatti tradizionali con le rispettive ricette, portando la Guinness ad essere una delle birre più famose al mondo.

david-ogilvy-guinness-guide-to-oysters-advertorial

  • L’uomo in camicia Hathaway, in cui ricorre allo story appeal, il fascino del racconto. Nell’annuncio si vede un uomo, un barone russo, vestito elegantemente che però ha l’occhio sinistro coperto da una benda nera. Questa rappresentazione lascia spazio alla nostra immaginazione, a cosa c’è stato prima e cosa ci sarà dopo.The man in the Hathaway shirt - David Ogilvy
  • Infine, quella per la Schweppes, in cui il testimonial che appare sull’annuncio è il fondatore dell’azienda. 

Schweppes - David Ogilvy

Siamo giunti alla fine di questo mio breve excursus, che sicuramente non può essere considerato completo. Mancano all’appello ancora molti nomi e non ho citato nemmeno una donna, sebbene ce ne siano state e ce ne siano tutt’ora. Ma di questo parleremo un’altra volta. Quello che ho cercato di fare è di presentare le tecniche “storiche” che ogni buon copy dovrebbe conoscere e per farlo ho lasciato parlare le campagne che ne hanno visto la luce.

In conclusione, vorrei ricordare Robert Collier (1885-1950), conosciuto più per il libro The Secret of the Ages che per la sua fama di copywriter. Tuttavia, è proprio per le sue Sales Letters che è noto all’ambiente pubblicitario. A me piace ricordarlo per queste parole: 

“Before you put pen to paper, before you ring for your stenographer, decide in your own mind what effect you want to produce on your reader – what feeling you must arouse in him”.

Che effetto vuoi fare al tuo lettore? Che emozioni vuoi suscitare con le tue parole?

Fonti: 

13 Good Ideas from 13 Dead Copywriters – a cura di Demian Farnworth

History of advertising: No 159: Ray Rubicam’s Steinway ads

Manuale di teorie e tecniche della pubblicità – a cura di Mauro Ferraresi, Ariela Mortara, Guingo Sylwan

Sara Sollevanti

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